Il premier italiano Monti annuncia privatizzazioni e misure per il lavoro entro gennaio
La crisi del mercato è un problema europeo: serve una risposta unitaria. Così, il
premier italiano, Mario Monti, questa mattina a Roma per la conferenza stampa di fine
anno. Il capo del governo ha parlato di una manovra difficile i cui tempi saranno
veloci. “Nessuno pensi ad un’altra manovra – ha detto – da oggi inizia la fase 'Cresci
Italia'”. Il servizio di Paolo Ondarza:
“Nessuna
misura da annunciare, oggi – spiega Monti – solo una scadenza a cui guardare: entro
gennaio, come richiesto dall’Europa, ci saranno interventi su liberalizzazioni, concorrenza
e lavoro”. “Sarebbe stato rovinoso per l’Italia non attuare rigorosamente gli impegni
presi”, spiega. “Era un atto dovuto. Da oggi passiamo agli atti voluti”. Per Monti,
però, non è corretto parlare di fase 1 e 2: la fase della crescita – commenta, infatti
– è in sintonia con il consolidamento dei conti pubblici:
“Non vedo
una fase 1 e una fase 2, se non una successione di calendario”.
Secondo
Monti, la crisi del mercato è un problema europeo: serve quindi una risposta unitaria.
“Questa
risposta non poteva neppure essere ricercata a livello europeo, senza che l’Italia
– terza economia dell’unione monetaria – avesse messo in sicurezza strutturalmente
i propri conti pubblici”.
“Siamo coscienti – spiega – che la manovra
ha molti inconvenienti, ma l’Italia sta portando avanti un’operazione estremamente
difficile”. Monti ricorda che l’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013 non è
stato fissato da questo esecutivo:
“Stiamo dando puntuale, tempestiva
e credibile attuazione a impegni che l’Italia aveva già preso e che non vogliamo né
possiamo discutere nel merito”.
Il capo del governo punta all’uscita
dalla crisi: chiede coesione nazionale per convincere il resto del mondo e l’Europa
della serietà dell’impegno italiano e sfatare errati pregiudizi. Le riforme istituzionali
– precisa – vanno realizzate dai partiti entro il 2012. Monti dice ‘sì’ ad un negoziato
su lavoro e pensioni con le parti sociali, purché sia rapido. Sul capitolo tasse,
garantisce che si lavorerà per renderle più eque. “Lo spread non va divinizzato né
demonizzato”, spiega ancora, “ma nei fondamentali dell’economia italiana non c’è nulla
che giustifichi uno “spread” così alto”. (gf)
Napolitano denuncia: di
fronte alla crisi leadership europee inadeguate Il premier Monti ha detto di
condividere le riflessioni sul piano europeo che ha fatto il presidente della Repubblica
italiana, Giorgio Napolitano, in una lettera inviata al direttore della rivista "Reset".
Napolitano ha detto che le leadership europee appaiono in affanno. Il servizio di
Fausta Speranza:
Nella
“crisi incalzante dell'Euro” le leadership europee “appaiono palesemente inadeguate”:
Giorgio Napolitano parla di “generale arretramento culturale e di un impoverimento
della vita politica democratica”, che - dice - hanno congiurato nel provocare fatali
ripiegamenti su meschini e anacronistici orizzonti e pregiudizi nazionali”. Napolitano
chiede “nuovi equilibri sul piano delle politiche economiche e sociali” tra quelli
che definisce “i condizionamenti ineludibili della competizione in un mondo radicalmente
cambiato”. Nelle parole di Napolitano è chiaro l’appuntamento con la storia che si
sta giocando: dopo il '45 e l'89 – dice - “siamo ora giunti, in special modo in Europa,
a un terzo appuntamento con la storia: calare il processo di integrazione nel contesto
di una fase critica della globalizzazione”. Il punto è che Napolitano ammette: “le
leadership europee appaiono in grande affanno a raccogliere la sfida”. Se dalle considerazioni
alte di Napolitano, guardiamo al termometro della situazione economica seguito dagli
Stati Uniti, troviamo che il prestigioso quotidiano economico Wall Street Journal
esprime concrete preoccupazioni sulle banche europee: nonostante i miliardi di Euro
ricevuti dalla Banca Centrale Europea (Bce) potrebbero ancora correre il rischio di
incorrere in problemi di liquidità. Da parte sua, il presidente della Bce, Mario Draghi,
per prevenire il problema di un'eventuale mancanza di collaterali ha annunciato che
l'istituto di Francoforte accetterà una più vasta gamma di asset per i prestiti della
Banca Centrale Europea. Si vedrà quando il provvedimento verrà adottato e se risulterà
vincente.
Ue ribadisce linea dura su nucleare iraniano nonostante minacce
su Hormuz Sempre preoccupante il nuovo scontro diplomatico tra Stati Uniti
e Iran dopo le minacce di Teheran di chiudere lo stretto di Hormuz in caso di nuove
sanzioni economiche occidentali. Da parte sua, l’Unione Europea ha ribadito la linea
dura di fronte al controverso programma nucleare della Repubblica Islamica. Sullo
sfondo c’è il rischio di bloccare il principale crocevia del traffico mondiale di
petrolio via mare. Ma quanto è credibile questa intimidazione? Eugenio Bonanata
lo ha chiesto a Riccardo Redaelli, docente di Geopolitica all'Università Cattolica
di Milano:
R. – È difficile
che l’Iran abbia le capacità militari di chiudere in modo permanente o continuato
lo stretto di Hormuz. Quello che può fare, però, se siano presenti le condizioni in
quello stretto – praticamente un mare molto basso, con delle vie obbligate molto strette
per le petroliere – è causare danni. L’Iran ha una sede di piccoli vascelli veloci
su cui sono posizionati missili di corto raggio, che possono procurare danni. L’effetto,
più che un blocco militare vero e proprio, è quello di creare il panico soprattutto
a livello finanziario sul mercato energetico.
D. – La chiusura avrebbe,
però, ricadute negative anche sull’economia iraniana…
R. – Ovviamente.
Questa è una mossa della disperazione. Infatti, l’Iran la minaccia solo quando si
parla di embargo petrolifero, e cioè “se voi bloccate il mio petrolio, allora io blocco
anche il petrolio degli altri Paesi”. È, come dire, una partita a scacchi sul filo
del rasoio. Il problema è che quando ogni giocatore pensa che l’altro voglia barare
e voglia puntare al peggio, è molto facile che alla fine qualcuno sbagli a frenare
all’ultimo minuto e ci sia un impatto, e questo avrebbe conseguenze molto gravi per
la situazione internazionale.
D. – Secondo lei, è inopportuno parlare
di attacco preventivo all’Iran?
R. – Se ne parla da anni, in realtà.
Oggi è ritornata e in modo molto più convincente, un pò perché la comunità internazionale
ha proprio perso la pazienza e un po' perché gli iraniani di oggi sono un regime che
ha schiacciato la propria popolazione, ha represso ogni dissenso, ha eliminato i riformisti,
che una volta erano al governo, e quindi mostra un volto peggiore. E poi i progressi
sul nucleare sono sempre più allarmanti: l’ultimo rapporto dell’Agenzia Atomica Internazionale
è stato estremamente preoccupante. Quindi, la minaccia di un attacco militare contro
infrazioni nucleari c’è. Non dimentichiamoci che siamo in campagna elettorale negli
Stati Uniti e in America le elezioni si vincono anche facendo la faccia feroce contro
l’Iran, che è un pò il "nemico metafisico" degli Stati Uniti. (ap)
Ancora
repressione in Siria: uccisi 13 civili Sale a 13 civili uccisi, tra cui due
donne, il bilancio della repressione odierna del regime di Damasco. I Comitati di
coordinamento locali degli attivisti diffondono la lista aggiornata in tempo reale
delle vittime: cinque nei sobborghi di Damasco, di cui due a Duma, uno rispettivamente
a Muadamiya, Arbin, Shafuniye; tre nella regione di Hama, due rispettivamente in quella
di Homs e in quella di Idlib.
Motivazioni economiche dietro "strage di Natale"
in Nigeria: così il nunzio nel Paese Dietro gli attacchi contro la comunità
cristiana, compiuti il giorno di Natale in Nigeria - costati la vita ad almeno 40
persone - e rivendicati dal gruppo fondamentalista islamico Boko Haram, non ci sarebbero
ragioni di carattere religioso, ma motivazioni politiche ed economiche. È quanto ha
detto il nunzio apostolico nel Paese, mons. Kasujja Augustine. Osservazioni condivise
anche dal giornalista di “Popoli”, EnricoCasale,esperto di
questioni africane,intervistato da Emanuela Campanile:
R. – È un
pretesto, che nasconde altri tipi di conflitti, che sono fondamentalmente di natura
economica. Il petrolio garantisce il 95 per cento dell’export nigeriano e l’80 per
cento delle entrate governative. La corruzione e la mala gestione di queste risorse
petrolifere portano all’arricchimento di una ristretta minoranza di popolazione. È
ovvio che con dati di questo tipo i fattori etnici e religiosi sono più che altro
dei pretesti per nascondere il conflitto tra una popolazione poverissima e una piccolissima
minoranza molto ricca.
D. – C’è però il pericolo che si diffonda la
sharia, quindi creando evidentemente due fronti: quello cristiano e quello musulmano…
R.
– La Nigeria è una federazione di Stati e, in alcuni di questi Stati del Nord della
Nigeria, la sharia è già in vigore in materia di codice di famiglia. Questo ha allontanato
da quegli Stati le minoranze cristiane e, quindi, c’è già una tensione di questo tipo
legata all’applicazione della sharia in questi Stati. A questo si aggiunge anche il
fatto che i fondamentalisti islamici, che si riconoscono in Al Qaeda, stanno cercando
di aprire un nuovo fronte nel Sahara e nel Sahel. Il rischio è che Boko Haram possa
congiungersi a queste frange e condurre una battaglia per l’affermazione di un islam
radicale, certamente non dialogante, in tutta la Nigeria. (ap)
20 persone
uccise in raid in villaggio curdo al confine con Iraq Sono almeno 20 le persone
uccise, ieri sera, in un raid dell'aviazione turca al confine con l'Iraq, nel villaggio
curdo di Uludere, nel Sudest, in circostanze ancora da chiarire. Lo stato maggiore
turco ha detto di aver lanciato la scorsa notte un attacco aereo contro sospetti militanti
del Pkk nei pressi del confine con l'Iraq. Secondo lo stato maggiore, nessun civile
si trovava sul luogo dell'attacco, ma una indagine è in corso. Negli ultimi tempi
l'aviazione turca ha condotto raid sanguinosi contro le roccaforti del Pkk nel Kurdistan
iracheno, sconfinando in Iraq col tacito consenso delle autorità locali.
Manovre
militari israeliane al confine con Libano su "Linea Blu" È massima allerta
nel Sud del Libano per l'avvio stamani all'alba di massicce manovre militari israeliane
lungo il settore orientale della "Linea Blu" che separa i due Paesi. Lo riferiscono
i media di Beirut, secondo cui oltre 50 proiettili di mortaio sono caduti nei pressi
delle Fattorie di Shebaa, territorio conteso tra Siria e Libano ma occupato da Israele,
nell'ambito di esercitazioni militari dell'esercito di Israele.
Ancora sangue
in Afghanistan Un militare italiano in Afghanistan è rimasto contuso, per una
scheggia che ha colpito il giubbetto antiproiettile, in seguito ad un attacco da parte
di insorti nell'Ovest del Paese. Inoltre due legionari francesi, soldati della forza
Nato in Afghanistan (Isaf) sono stati uccisi, nell'Est del Paese, da un uomo con la
divisa dell'esercito afghano.
300 ettari di foresta bruciati nel sud del
Cile Circa 300 ettari di foresta sono stati distrutti da martedì da un incendio
nel parco naturale della Patagonia, nel sud del Cile. Lo rendono noto le autorità
forestali e di soccorso. L'incendio nel Parco nazionale Torres del Paine, a oltre
2 mila km dalla capitale Santiago, "è stato circoscritto tra due fiumi ed un lago,
e non c'è pericolo per i turisti", specifica la Corporazione nazionale forestale (Conaf)
in un comunicato. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 363