Gerusalemme: la sinfonia di Kiko Arguello nel segno del dialogo ebraico-cristiano
La celebrazione sinfonico-catechetica “La sofferenza degli Innocenti” presentata martedì
scorso a Betlemme per la comunità arabo-cristiana, mercoledì sera ha avuto un seguito
a Gerusalemme per il mondo ebraico. L’evento – con la sinfonia composta da Kiko Arguello,
uno degli iniziatori del Cammino Neocatecumenale – si è tenuto al Teatro della Municipalità
della Città Santa alla presenza di oltre 600 persone tra cui molti esponenti religiosi
e civili del mondo ebraico. Kiko ha presentato la sua opera sul dolore della Vergine
Maria e di Gesù nel Getsemani, che termina con il “trionfo musicale” del Resurrexit.
Roberto Piermarini ha chiesto al direttore del Centro Domus Galilaeae di Tiberiade,
don Rino Rossi, tra gli organizzatori del concerto, come è nato questo evento
non solo musicale ma soprattutto interreligioso:
R. – Questo
fa parte un po’ della missione che ha il Centro Domus Galillaeae che è stato inaugurato
a Tiberiade da Giovanni Paolo II nel 2000, che prima di morire ci inviò una sua lettera
autografa, nella quale ci invitava a promuovere iniziative in quel centro per favorire
un più profondo dialogo tra la Chiesa cattolica ed il popolo ebraico, ed una di queste
iniziative è stata anche adesso promuovere questo concerto a Gerusalemme, che è stato
realizzato nel Teatro della Municipalità ieri sera, di fronte ad un buon pubblico:
erano presenti oltre 600 persone. Penso che sia stato un incontro molto importante,
un passo avanti in questo dialogo che la Chiesa sta portando avanti, anche attraverso
questa nostra esperienza del Cammino Neocatecumenale. Ieri erano presenti molte autorità
della municipalità: per esempio, c’era il vice sindaco Naomi Tsur, che ha anche parlato,
ha dato il benvenuto a tutti, ed era emozionata; c’era anche il rabbino David Rosen,
che è il consigliere del Gran Rabbinato d’Israele per gli affari religiosi, inclusi
anche tutti i rapporti con il Vaticano: lui ha presieduto questo incontro recitando
una preghiera, all’inizio; e anche dopo l’esecuzione della Sinfonia ha parlato della
realtà dei rapporti esistenti tra la Chiesa e il popolo ebraico. E’ partito da Giovanni
XXIII, poi la “Nostra aetate”, il Concilio Vaticano II, Giovanni Paolo II … Ha detto
cose molto, molto forti. E penso che oltre a parlare di questo atteggiamento aperto,
da parte della Chiesa, abbia reso anche un grande servizio al mondo ebraico perché
erano presenti molte autorità: c’era anche il segretario del Gran Rabbinato di Gerusalemme,
il signor Wiener, che era molto impressionato. C’erano anche alcuni musicisti famosi,
tra cui Eli Jaffe, che è stato molto colpito da questa Sinfonia.
D.
– Don Rino, come è stato accolto il concerto dalle personalità ebraiche presenti,
sia religiose che politiche?
R. – All’inizio erano un po’ diffidenti,
perché in questo concerto, che si chiama “Celebrazione sinfonico-catechetica” c’è
stata una vera celebrazione: Kiko ha spiegato che cos’è questa celebrazione, ha spiegato
anche il contenuto di questa Sinfonia e quindi ha parlato del dolore della Vergine
Maria, della sofferenza di Gesù Cristo nel Getsemani; ha parlato della Risurrezione
… cioè: non ha nascosto niente. Ha voluto manifestare la nostra identità come cristiani
perché noi volevamo trasmettere al popolo ebraico la nostra realtà cristiana, chi
siamo, con grande rispetto nei loro riguardi. Quindi, all’inizio, la gente che ha
partecipato – tutte le autorità – non erano abituate ad andare ad un concerto né che
ci fosse questo tipo di presentazione, e nemmeno la proclamazione della Parola: è
stato proclamato un passo del profeta Ezechiele, ci siamo alzati tutti insieme, ed
abbiamo ascoltato il testo che parla della spada di Dio; quindi, sempre in piedi,
abbiamo cantato il Vangelo e tutti si sono alzati con noi. E poi, tutto il contenuto
di questo – che è cristiano – ha fatto sì che all’inizio ci si guardasse un po’ …
Poi abbiamo notato che quando è stata eseguita al Sinfonia, si è creato un ambiente
impressionante di ascolto. La parte finale, il Resurrexit, è stata la parte maggiormente
gradita. Molti ci hanno raccontato, successivamente, di essere rimasti molto colpiti
dal Resurrexit: è stato un’esplosione! Inoltre i musicisti l’hanno eseguito in maniera
superba… è stato veramente emozionante. Abbiamo concluso poi con una parte che, ovviamente,
li ha toccati profondamente, dove anche noi che eravamo presenti abbiamo percepito
una comunione fortissima: Kiko ha fatto un’introduzione, una parte nuova, in questo
concerto. Con la musica della spada ha introdotto lo “Shemà Israel”, e lì abbiamo
visto molta gente piangere. E’ come se fosse stata toccata la loro elezione come Ebrei:
“Shemà Israel” è per loro come il “Credo”! E’ stata una conclusione fortissima, e
si è sentito. Dopo abbiamo avuto la possibilità di stare un poco insieme, nell’atrio
del Teatro, e scambiare alcune parole con loro. Abbiamo notato molta gratitudine e
anche stupore: loro non sono abituati a vedere una cosa simile, e questo esce da tutti
gli schemi! E sono rimasti colpiti anche della gratuità, perché noi non abbiamo voluto
che pagassero l’ingresso perché abbiamo voluto fare questo dono al popolo ebraico,
come l’altro giorno l’abbiamo fatto al popolo palestinese, agli arabi cristiani di
Terra Santa. E abbiamo voluto che la Chiesa, in questo tempo, quando fa presente questo
dono che ci viene dal Cielo, che è Gesù Cristo, esprimesse questo dono anche alla
chiesa e al popolo ebraico. Penso che questo avrà senz’altro delle ripercussioni:
noi crediamo che questo possa contribuire al raggiungimento della pace, ad una comunione
più profonda tra questi due popoli.
D. – Nel contesto del dialogo ebraico-cristiano,
quali frutti potrà portare questo incontro di ieri?
R. – Per quello
che abbiamo potuto percepire alla fine del concerto, noi riteniamo prima di tutto,
e l’abbiamo riscontrato anche nel corso degli incontri che abbiamo avuto a Nord, nella
Domus Galilaeae, di poter contribuire ad abbattere i pregiudizi. Io penso che spesso
sia dall’una, sia dall’altra parte, sia sul versante cristiano sia sul versante ebraico,
ci sono molti pregiudizi. Non vado ad elencarli, perché basta pensare a tutto quello
che è successo nel passato, nella Storia … Anche ieri dicevano: stiamo aprendo una
pagina nuova, un cammino nuovo nei rapporti tra la Chiesa e il mondo ebraico. Lo dicevano
loro stessi! Ma questo è meraviglioso! Dobbiamo continuare ad eliminare questi pregiudizi
e portare avanti questo discorso che è stato iniziato dal Concilio Vaticano II, portato
avanti da Giovanni Paolo II e attualmente anche da Benedetto XVI: ecco, portare avanti
questo rapporto di rispetto, di amicizia, anche perché il rapporto che ha la Chiesa
con tutta la tradizione ebraica è molto importante, un tutti i sensi. Penso che –
e lo diceva anche il rabbino – noi abbiamo anche una missione, in questa generazione,
che è quella di portare avanti la tradizione giudeo-cristiana, che si concretizza
nella Rivelazione. E’ stata praticamente la base della struttura sociale, politica,
religiosa e familiare della nostra civilizzazione occidentale, e oggi tutto questo
è messo in pericolo: salta. Perché si stanno introducendo leggi che sono completamente
contrarie a questa tradizione. Allora, anche unendo tutti gli sforzi e facendo leva
su questo rapporto di rispetto, penso che in questa generazione possiamo avere una
grande missione di fronte al mondo. E non dobbiamo vergognarci di questa tradizione,
anzi: noi crediamo sempre di più che tutto quello che è stato ispirato nelle Scritture,
che è il patrimonio comune tra il popolo ebraico e la Chiesa cattolica, dobbiamo usarlo
per il bene futuro dell’umanità. (gf)