2011-12-28 13:54:49

Uruguay: sì del Senato alla legalizzazione dell’aborto. Inascoltato l’appello dei vescovi


Il Senato dell’Uruguay ha approvato ieri il progetto di legge sulla legalizzazione dell’aborto. Il testo, presentato dalla coalizione di sinistra Frente Amplio, attribuisce alla madre la possibilità di decidere l’aborto entro le prime 12 settimane dalla data di concepimento, come sua scelta esclusiva, mentre non esistono limiti di tempo in casi speciali come lo stupro o la diagnosi di gravi malattie del feto. Nei prossimi mesi, il disegno di legge passerà all’approvazione della Camera dei deputati dove, comunque, il Frente Amplio gode di netta maggioranza. Resta così inascoltata la voce della Chiesa che, nei giorni scorsi, aveva ribadito l’importanza della tutela della vita sin dal concepimento. “La vita è sacra e divina”: aveva scritto mons. Jaime Fuentes, vescovo di Minas, in Uruguay, in una lettera aperta inviata al Senato uruguayano. Nella missiva, mons. Fuentes chiedeva ai senatori: “Cosa pretendete di fare con la legge sull’aborto? Non basta la violenza che vediamo ogni giorno? Volete facilitare quella più grande, ovvero uccidere i bambini nel grembo delle loro madri?” E ancora, il vescovo di Minas chiedeva: “Pensate che, attraverso la legalizzazione, l’aborto cesserà di essere un crimine che grava sulla coscienza della donna che lo commette? Credete che questa sarà una legge progressista perché permetterà alle donne di decidere del proprio corpo?”. No, scriveva ancora il presule, “questo non è quello che pensano le donne dell’Uruguay”. Il vescovo, poi, ricordava il calo demografico registrato nel Paese negli ultimi anni, di fronte al quale, paradossalmente, “la risposta vuole essere quella di pensare che l’aborto sia un diritto della donna, disconoscendo così il diritto alla vita del nascituro?”. Ma davvero, chiedeva mons. Fuentes, “la vita di un innocente sarà vittima della politica?”. “Viviamo tempi che richiedono grandezza di spirito – concludeva il vescovo di Minas – Bisogna cercare soluzioni umane per la più grande ed umana delle situazioni. Il Senato ed il popolo uruguayani hanno le capacità di trovarle”. La diatriba sull’interruzione volontaria di gravidanza va avanti in Uruguay da diversi anni: l'11 novembre 2008 il Parlamento del Paese approvò un disegno di legge sulla “Salute sessuale e riproduttiva” che definiva, in determinate circostanze, l’aborto nelle prime dodici settimane di gravidanza come diritto della donna. Si stabilivano, inoltre, i doveri del medico e i tempi per la presentazione dell'obiezione di coscienza da parte dei professionisti sanitari e si modificavano gli articoli del Codice penale riferiti al “crimine dell'aborto”, introducendo un'ampia, anche se non totale, depenalizzazione di questa pratica. Tre giorni dopo, tuttavia, l'allora presidente Tabaré Vázquez, medico, pose il veto sul disegno di legge ed inviò al Parlamento un messaggio in cui spiegava la sua decisione con riferimenti a dati scientifici, ai diritti stabiliti nella Costituzione e agli impegni assunti dall'Uruguay con la firma delle Convenzioni sui diritti umani. “C'è un consenso sul fatto che l'aborto è un male sociale che bisogna evitare - scrisse l'ex presidente - Nei Paesi in cui è stato depenalizzato, gli aborti sono aumentati”. L'allora Capo di Stato dichiarò infine che il vero grado di civiltà di una cultura “si misura in rapporto a come si difendono i più bisognosi”. (A cura di Isabella Piro)







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