Il cardinale Scola: fare della crisi un'occasione di rinascita
Ripartire dal Bambino Gesù per affrontare la crisi che fa tremare l’Europa: è l’esortazione
lanciata dal cardinale Angelo Scola nella sua prima Messa di Natale come arcivescovo
di Milano. Il porporato ha indicato con forza la strada della fiducia: il “Dio con
noi” ci offre tutti i mezzi per superare questo momento difficile. Ma ascoltiamo il
cardinale Scola al microfono di Fabio Colagrande:
R. – Io penso
che dobbiamo guardare a questo fenomeno di grave prova, che porta con sé molta sofferenza,
molto dolore, come guardiamo alla situazione di prova personale che ci può capitare
tutti i giorni. Le possibilità sono due: o lasciar cadere le braccia – e capisco sia
una tentazione molto forte e un rischio grande – oppure invocare una rinascita, un
riscatto. E questo è il senso del Natale: dobbiamo rinascere. Il mondo rinasce per
questa venuta. Quindi, la strada è quella di fare realmente spazio al Dio bambino
e di lasciarci rinvigorire dalla sua presenza. Lui, che con fedeltà viene a noi e
sta con noi, fa leva sulla nostra libertà, perché noi ci impegniamo, ciascuno con
le sue possibilità, per la sua vocazione, ad affrontare con decisione i problemi reali
e concreti, ognuno al suo livello. Quindi, bisogna non lasciarsi abbattere dalla prova,
ma trasformarla in una provocazione e in un’occasione di rinascita.
D.
– E’ un altro Natale che viviamo in un tempo in cui la società sembra sempre più secolarizzata.
Che valore può assumere allora oggi la nascita di Gesù per i cosiddetti laici, cioè
per tutti gli uomini di buona volontà?
R. – Io credo che nel cuore di
ogni uomo, che creda o dica di essere agnostico o addirittura pensi di essere ateo,
la domanda sul senso compiuto della vita è sempre presente. Allora io rispondo alla
sua domanda, formulando a mia volta una domanda a tutti questi fratelli uomini: è
possibile perseguire il senso pieno della vita senza guardare in alto, senza lasciare
spazio ad un oltre, ad una "X" con la maiuscola, che possa indicare, suggerire una
traccia, perché si compia il desiderio di felicità che abbiamo nel cuore? Io non credo
e sono convinto che nessuno, in fondo, in fondo, pensi che sia possibile. Quindi,
il Dio che si fa bambino, l’amore perfetto che è il Dio trinitario che si incarna,
è l’offerta di un abbraccio, è una mano che si tende, è poi una mano così rispettosa
della libertà di tutti, che quindi attende la risposta di tutti. Ma il dono di Cristo
è realmente lì e come dice Sant’Ambrogio: “Gesù è alla tua porta e bussa, ma non entrerà
se tu non apri”.
D. – Quale augurio rivolgere ai nostri ascoltatori?
R.
– Guardiamo Betlemme, facciamo come hanno fatto i pastori, come fecero i Magi. Dalla
culla di Betlemme emerge una forte tenerezza, lasciamoci commuovere dalla tenerezza
del Dio bambino. Gesù ci ha indicato una strada chiara: l’Altissimo è entrato nel
tempo per condividere il bisogno dei più piccoli e degli umili, facendosi lui stesso
piccolo ed umile. Gesù parte sempre dal bisogno dell’altro. Cerchiamo anche noi, per
quanto siamo capaci nella nostra piccolezza, di partire dal bisogno dell’altro, ponendo
dei gesti di solidarietà personali: che ognuno di noi si muova. Si dice sempre che
la giustizia può nascere solo da una riforma completa del sistema, ma a me torna in
mente la grande affermazione del poeta Eliot: “Spesso sogniamo una società così perfetta,
che ci esima dall’essere buoni”. Insomma, la partenza ultima del grande riscatto,
alla fine non può che essere personale. (ap)