Economia, l'analisi del prof. Giacomo Vaciago: i governi siano una squadra per uscire
dalla crisi
L’anno che si chiude è stato caratterizzato dal precipitare della crisi nell’area
euro: iniziato in Irlanda, Grecia e Portogallo il “terremoto economico” ha investito
anche Spagna e Italia, Paesi a rischio recessione nel 2012. Al centro del dibattito
internazionale, la sostenibilità dell’Unione Europea, ma soprattutto quella monetaria.
A subire una fase di arresto è stata comunque l’economia a livello globale, Paesi
emergenti inclusi. Lo conferma l’economista Giacomo Vaciago, docente all’Università
cattolica di Milano, che, al microfono di Paolo Ondarza, traccia un bilancio
del 2011.
R. – Ci sono
stati almeno due 2011. Nel primo semestre l’economia mondiale era ancora in crescita.
Per quanto riguarda il secondo semestre, dall’estate in poi, è in frenata. Quindi,
diciamo che abbiamo chiuso l’anno male. Inizia un 2012 che sarà ancora più problematico.
D.
– A quali cause è dovuta questa frenata?
R. - I Paesi emergenti hanno
deliberatamente tirato i freni perché crescevano troppo, c’era inflazione e hanno
alzato i tassi per moderare la velocità. I Paesi europei si sono trovati alle prese
con la crisi iniziata in Grecia e in Portogallo, che nell’estate si è estesa a Spagna
e Italia e sono partite manovre restrittive: se tutti tirano il freno a mano mentre
il treno va, è chiaro che il treno si blocca e rischia di ribaltarsi.
D.
– Quindi si prevede un 2012 decisamente in salita per l’eurozona?
R.
– Questa è la prima recessione causata dai governi. Lo sviluppo capitalistico comporta
recessioni che sono come l’influenza di un bambino che cresce, non c’è niente di grave,
se sono rare e non troppo gravi; i governi aiutano l’economia per uscire presto da
una recessione che non sia grave. Ma questa è una recessione causata dai governi perché
sono tutti loro che hanno stretto in contemporanea e, quindi, il paradosso è che non
si sa come infondere ottimismo ai cittadini visto che sono i governi i primi ad essere
terrorizzati. Non se ne sono visti quest’anno ma qui ci vorrebbero governi che fanno
squadra, che fanno una diagnosi condivisa della situazione e decidono chi può permettersi
di dare presto messaggi più incoraggianti.
D. – Se ci fosse questo lavoro
di squadra già il 2012, potrebbe essere un anno decisivo per uscire dalla crisi?
R.
– In media una recessione normale in Italia, negli ultimi 40 anni, è durata un anno
e mezzo. Se è iniziata a luglio, come l’Istat ci ha appena detto, mezzo anno lo ha
fatto già nel 2011, un anno nel 2012; in media, a fine 2012 dovremmo vedere già la
luce fuori dalla galleria.
D. – Nello specifico, l’Italia dovrà affrontare
scadenze molto impegnative nel 2012?
R. – Ci aspettiamo che nei prossimi
mesi il governo Monti impegni le Camere su un ampio e radicale programma di riforme.
Quelle di cui si è sempre parlato, ma non si sono mai fatte perché a farle si perdono
voti. Questo è un governo che non ha voti da perdere e quindi se non le fa, non le
farà mai più nessuno. Sono riforme che devono far ripartire il Paese. L’unica ricetta
per tornare a crescere è raggiungere i Paesi che sono avanti a noi emulandone le virtù.
D.
– Conservando quelle specificità che sono anche il punto di forza dell’economia italiana…
R.
– Ovviamente sì, ma ormai le nostre migliori aziende - io lo dico da anni - crescono
altrove e per fare in modo il Paese torni a crescere dobbiamo essere di nuovo attraenti:
bisogna che i migliori del mondo vengano qui. (bf)