2011-12-26 14:10:19

Economia, l'analisi del prof. Giacomo Vaciago: i governi siano una squadra per uscire dalla crisi


L’anno che si chiude è stato caratterizzato dal precipitare della crisi nell’area euro: iniziato in Irlanda, Grecia e Portogallo il “terremoto economico” ha investito anche Spagna e Italia, Paesi a rischio recessione nel 2012. Al centro del dibattito internazionale, la sostenibilità dell’Unione Europea, ma soprattutto quella monetaria. A subire una fase di arresto è stata comunque l’economia a livello globale, Paesi emergenti inclusi. Lo conferma l’economista Giacomo Vaciago, docente all’Università cattolica di Milano, che, al microfono di Paolo Ondarza, traccia un bilancio del 2011. RealAudioMP3

R. – Ci sono stati almeno due 2011. Nel primo semestre l’economia mondiale era ancora in crescita. Per quanto riguarda il secondo semestre, dall’estate in poi, è in frenata. Quindi, diciamo che abbiamo chiuso l’anno male. Inizia un 2012 che sarà ancora più problematico.

D. – A quali cause è dovuta questa frenata?

R. - I Paesi emergenti hanno deliberatamente tirato i freni perché crescevano troppo, c’era inflazione e hanno alzato i tassi per moderare la velocità. I Paesi europei si sono trovati alle prese con la crisi iniziata in Grecia e in Portogallo, che nell’estate si è estesa a Spagna e Italia e sono partite manovre restrittive: se tutti tirano il freno a mano mentre il treno va, è chiaro che il treno si blocca e rischia di ribaltarsi.

D. – Quindi si prevede un 2012 decisamente in salita per l’eurozona?

R. – Questa è la prima recessione causata dai governi. Lo sviluppo capitalistico comporta recessioni che sono come l’influenza di un bambino che cresce, non c’è niente di grave, se sono rare e non troppo gravi; i governi aiutano l’economia per uscire presto da una recessione che non sia grave. Ma questa è una recessione causata dai governi perché sono tutti loro che hanno stretto in contemporanea e, quindi, il paradosso è che non si sa come infondere ottimismo ai cittadini visto che sono i governi i primi ad essere terrorizzati. Non se ne sono visti quest’anno ma qui ci vorrebbero governi che fanno squadra, che fanno una diagnosi condivisa della situazione e decidono chi può permettersi di dare presto messaggi più incoraggianti.

D. – Se ci fosse questo lavoro di squadra già il 2012, potrebbe essere un anno decisivo per uscire dalla crisi?

R. – In media una recessione normale in Italia, negli ultimi 40 anni, è durata un anno e mezzo. Se è iniziata a luglio, come l’Istat ci ha appena detto, mezzo anno lo ha fatto già nel 2011, un anno nel 2012; in media, a fine 2012 dovremmo vedere già la luce fuori dalla galleria.

D. – Nello specifico, l’Italia dovrà affrontare scadenze molto impegnative nel 2012?

R. – Ci aspettiamo che nei prossimi mesi il governo Monti impegni le Camere su un ampio e radicale programma di riforme. Quelle di cui si è sempre parlato, ma non si sono mai fatte perché a farle si perdono voti. Questo è un governo che non ha voti da perdere e quindi se non le fa, non le farà mai più nessuno. Sono riforme che devono far ripartire il Paese. L’unica ricetta per tornare a crescere è raggiungere i Paesi che sono avanti a noi emulandone le virtù.

D. – Conservando quelle specificità che sono anche il punto di forza dell’economia italiana…

R. – Ovviamente sì, ma ormai le nostre migliori aziende - io lo dico da anni - crescono altrove e per fare in modo il Paese torni a crescere dobbiamo essere di nuovo attraenti: bisogna che i migliori del mondo vengano qui. (bf)







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