Natale in Iraq senza Messe di Mezzanotte per motivi di sicurezza. Warduni: la speranza
è più forte della violenza
In Iraq la situazione resta tesa dopo gli attentati che, due giorni fa, hanno provocato
decine di morti, nel pieno anche di una crisi politica che coinvolge i principali
partiti sciiti e sunniti. Una particolare preoccupazione attraversa la comunità cristiana,
oggetto di diversi attacchi nelle scorse settimane. Per ragioni di sicurezza, dunque,
in alcune delle principali città del Paese non avrà luogo la Messa di Mezzanotte.
Per parlare della situazione, Davide Maggiore ha raggiunto telefonicamente
mons. Shlemon Warduni, vicario patriarcale caldeo di Baghdad:
R. – Certamente,
abbiamo difficoltà a celebrare come desidereremmo, ma parlando spiritualmente noi
cercheremo con tutte le nostre forze di celebrare con tutta la fiducia nel Signore,
come figli della speranza, per mostrare che veramente noi vogliamo essere con Gesù
Bambino per dire al mondo, con gli angeli: “Pace in terra agli uomini di buona volontà!”.
L’importante è predicare a tutto il mondo che l’amore che salva l’uomo: non il rancore,
non la guerra, ma la pace.
D. – L’Iraq sta attraversando una situazione
molto difficile: c’è stata una grave serie di attentati e sono ripresi gli scontri
tra le varie fazioni. Come vede la Chiesa questa situazione?
R. – Questa
pace avrebbe dovuto essere assicurata, nel nostro Paese, prima che ne uscissero gli
occupanti. E questo sarebbe stato dovere degli occupanti, per lasciare la pace: non
per lasciarci nel disordine! Comunque, noi preghiamo il Signore di portare la pace,
di portare la sicurezza, di illuminare il cuore di tutti, l’intelligenza di tutti
per cercare il bene di tutti. E questo non viene con la guerra o con gli attentati,
ma viene dall’amore vero di Gesù, che ha dato la sua vita per tutti.
D.
– Lei pensa che ci sia la possibilità di una riconciliazione tra le fazioni che oggi
sono in lotta?
R. – Umanamente parlando, le cose sembrano molto difficili.
Ma con la forza del Signore, tutto potrebbe essere più facile, e questo è quello che
noi speriamo. Con l’amore tutto si può risolvere, ma con l’odio, con il rancore, con
l’egoismo tutto può vacillare. Noi chiediamo questa forza dal Signore.
D.
– Tuttavia, in questi numerosi anni di guerra, molti cristiani hanno dovuto lasciare
l’Iraq, l’Iraq che è la terra di Abramo ...
R. – Noi abbiamo questa
grande malattia contagiosa, pericolosa: la malattia dell’emigrazione. Non possiamo
fare niente se non pregare, se non mettere tutto nelle mani del Signore. E dire: “Sia
fatta la tua volontà, Signore. Però devi darci la forza per poter resistere e non
fuggire”. Questo lo chiediamo anche alla Grotta di Betlemme. (gf)