Benedetto XVI: il Natale illumina il mistero dell’umiltà di Dio che dona al mondo
la vera gioia
“Oggi il Natale è diventato una festa dei negozi, il cui luccichio abbagliante nasconde
il mistero dell’umiltà di Dio, la quale ci invita all’umiltà e alla semplicità”: è
quanto ha affermato Benedetto XVI nella Basilica di San Pietro in occasione della
Santa Messa della Notte di Natale. Il Papa ha elevato la sua preghiera al Signore
perché ci aiuti “ad attraversare con lo sguardo le facciate luccicanti di questo tempo
fino a trovare dietro di esse il bambino nella stalla di Betlemme, per scoprire così
la vera gioia e la vera luce”. Quindi ha proseguito: “se vogliamo trovare il Dio apparso
quale bambino, allora dobbiamo scendere” dalla “superbia intellettuale” della nostra
ragione “illuminata”, che – con le sue “false certezze” – “ci impedisce di percepire
la vicinanza di Dio. Dobbiamo seguire il cammino interiore di san Francesco – il cammino
verso quell’estrema semplicità esteriore ed interiore che rende il cuore capace di
vedere” per “incontrare il Dio che è diverso dai nostri pregiudizi e dalle nostre
opinioni: il Dio che si nasconde nell’umiltà di un bimbo appena nato”. Di seguito
il testo dell’omelia del Papa:
Cari
fratelli e sorelle,
La lettura tratta dalla Lettera di san Paolo Apostolo
a Tito, che abbiamo appena ascoltato, inizia solennemente con la parola “apparuit”,
che ritorna poi di nuovo anche nella lettura della Messa dell’aurora: apparuit – “è
apparso”. È questa una parola programmatica con cui la Chiesa, in modo riassuntivo,
vuole esprimere l’essenza del Natale. Prima, gli uomini avevano parlato e creato immagini
umane di Dio in molteplici modi. Dio stesso aveva parlato in diversi modi agli uomini
(cfr Eb 1,1: lettura nella Messa del giorno). Ma ora è avvenuto qualcosa di più: Egli
è apparso. Si è mostrato. È uscito dalla luce inaccessibile in cui dimora. Egli stesso
è venuto in mezzo a noi. Questa era per la Chiesa antica la grande gioia del Natale:
Dio è apparso. Non è più soltanto un’idea, non soltanto qualcosa da intuire a partire
dalle parole. Egli è “apparso”. Ma ora ci domandiamo: Come è apparso? Chi è Lui veramente?
La lettura della Messa dell’aurora dice al riguardo: “apparvero la bontà di Dio …
e il suo amore per gli uomini” (Tt 3,4). Per gli uomini del tempo precristiano, che
di fronte agli orrori e alle contraddizioni del mondo temevano che anche Dio non fosse
del tutto buono, ma potesse senz’altro essere anche crudele ed arbitrario, questa
era una vera “epifania”, la grande luce che ci è apparsa: Dio è pura bontà. Anche
oggi, persone che non riescono più a riconoscere Dio nella fede si domandano se l’ultima
potenza che fonda e sorregge il mondo sia veramente buona, o se il male non sia altrettanto
potente ed originario quanto il bene e il bello, che in attimi luminosi incontriamo
nel nostro cosmo. “Apparvero la bontà di Dio … e il suo amore per gli uomini”: questa
è una nuova e consolante certezza che ci viene donata a Natale.
In tutte
e tre le Messe del Natale la liturgia cita un brano tratto dal Libro del Profeta Isaia,
che descrive ancora più concretamente l’epifania avvenuta a Natale: “Un bambino è
nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome
sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. Grande
sarà il suo potere e la pace non avrà fine” (Is 9,5s). Non sappiamo se il profeta
con questa parola abbia pensato a un qualche bambino nato nel suo periodo storico.
Sembra però impossibile. Questo è l’unico testo nell’Antico Testamento in cui di un
bambino, di un essere umano si dice: il suo nome sarà Dio potente, Padre per sempre.
Siamo di fronte ad una visione che va di gran lunga al di là del momento storico verso
ciò che è misterioso, collocato nel futuro. Un bambino, in tutta la sua debolezza,
è Dio potente. Un bambino, in tutta la sua indigenza e dipendenza, è Padre per sempre.
“E la pace non avrà fine”. Il profeta ne aveva prima parlato come di “una grande luce”
e a proposito della pace proveniente da Lui aveva affermato che il bastone dell’aguzzino,
ogni calzatura di soldato che marcia rimbombando, ogni mantello intriso di sangue
sarebbero stati bruciati (cfr Is 9,1.3-4).
Dio è apparso – come bambino.
Proprio così Egli si contrappone ad ogni violenza e porta un messaggio che è pace.
In questo momento, in cui il mondo è continuamente minacciato dalla violenza in molti
luoghi e in molteplici modi; in cui ci sono sempre di nuovo bastoni dell’aguzzino
e mantelli intrisi di sangue, gridiamo al Signore: Tu, il Dio potente, sei apparso
come bambino e ti sei mostrato a noi come Colui che ci ama e mediante il quale l’amore
vincerà. E ci hai fatto capire che, insieme con Te, dobbiamo essere operatori di pace.
Amiamo il Tuo essere bambino, la Tua non violenza, ma soffriamo per il fatto che la
violenza perdura nel mondo, e così Ti preghiamo anche: dimostra la Tua potenza, o
Dio. In questo nostro tempo, in questo nostro mondo, fa’ che i bastoni dell’aguzzino,
i mantelli intrisi di sangue e gli stivali rimbombanti dei soldati vengano bruciati,
così che la Tua pace vinca in questo nostro mondo.
Natale è epifania
– il manifestarsi di Dio e della sua grande luce in un bambino che è nato per noi.
Nato nella stalla di Betlemme, non nei palazzi dei re. Quando, nel 1223, Francesco
di Assisi celebrò a Greccio il Natale con un bue e un asino e una mangiatoia piena
di fieno, si rese visibile una nuova dimensione del mistero del Natale. Francesco
di Assisi ha chiamato il Natale “la festa delle feste” – più di tutte le altre solennità
– e l’ha celebrato con “ineffabile premura” (2 Celano, 199: Fonti Francescane, 787).
Baciava con grande devozione le immagini del bambinello e balbettava parole di dolcezza
alla maniera dei bambini, ci racconta Tommaso da Celano (ivi). Per la Chiesa antica,
la festa delle feste era la Pasqua: nella risurrezione, Cristo aveva sfondato le porte
della morte e così aveva radicalmente cambiato il mondo: aveva creato per l’uomo un
posto in Dio stesso. Ebbene, Francesco non ha cambiato, non ha voluto cambiare questa
gerarchia oggettiva delle feste, l’interna struttura della fede con il suo centro
nel mistero pasquale. Tuttavia, attraverso di lui e mediante il suo modo di credere
è accaduto qualcosa di nuovo: Francesco ha scoperto in una profondità tutta nuova
l’umanità di Gesù. Questo essere uomo da parte di Dio gli si rese evidente al massimo
nel momento in cui il Figlio di Dio, nato dalla Vergine Maria, fu avvolto in fasce
e venne posto in una mangiatoia. La risurrezione presuppone l’incarnazione. Il Figlio
di Dio come bambino, come vero figlio di uomo – questo toccò profondamente il cuore
del Santo di Assisi, trasformando la fede in amore. “Apparvero la bontà di Dio e il
suo amore per gli uomini”: questa frase di san Paolo acquistava così una profondità
tutta nuova. Nel bambino nella stalla di Betlemme, si può, per così dire, toccare
Dio e accarezzarlo. Così l’anno liturgico ha ricevuto un secondo centro in una festa
che è, anzitutto, una festa del cuore.
Tutto ciò non ha niente di sentimentalismo.
Proprio nella nuova esperienza della realtà dell’umanità di Gesù si rivela il grande
mistero della fede. Francesco amava Gesù, il bambino, perché in questo essere bambino
gli si rese chiara l’umiltà di Dio. Dio è diventato povero. Il suo Figlio è nato nella
povertà della stalla. Nel bambino Gesù, Dio si è fatto dipendente, bisognoso dell’amore
di persone umane, in condizione di chiedere il loro – il nostro – amore. Oggi il Natale
è diventato una festa dei negozi, il cui luccichio abbagliante nasconde il mistero
dell’umiltà di Dio, la quale ci invita all’umiltà e alla semplicità. Preghiamo il
Signore di aiutarci ad attraversare con lo sguardo le facciate luccicanti di questo
tempo fino a trovare dietro di esse il bambino nella stalla di Betlemme, per scoprire
così la vera gioia e la vera luce.
Sulla mangiatoia, che stava tra il
bue e l’asino, Francesco faceva celebrare la santissima Eucaristia (cfr 1 Celano,
85: Fonti, 469). Successivamente, sopra questa mangiatoia venne costruito un altare,
affinché là dove un tempo gli animali avevano mangiato il fieno, ora gli uomini potessero
ricevere, per la salvezza dell’anima e del corpo, la carne dell’Agnello immacolato
Gesù Cristo, come racconta il Celano (cfr 1 Celano, 87: Fonti, 471). Nella Notte santa
di Greccio, Francesco quale diacono aveva personalmente cantato con voce sonora il
Vangelo del Natale. Grazie agli splendidi canti natalizi dei frati, la celebrazione
sembrava tutta un sussulto di gioia (cfr 1 Celano, 85 e 86: Fonti, 469 e 470). Proprio
l’incontro con l’umiltà di Dio si trasformava in gioia: la sua bontà crea la vera
festa.
Chi oggi vuole entrare nella chiesa della Natività di Gesù a
Betlemme, scopre che il portale, che un tempo era alto cinque metri e mezzo e attraverso
il quale gli imperatori e i califfi entravano nell’edificio, è stato in gran parte
murato. È rimasta soltanto una bassa apertura di un metro e mezzo. L’intenzione era
probabilmente di proteggere meglio la chiesa contro eventuali assalti, ma soprattutto
di evitare che si entrasse a cavallo nella casa di Dio. Chi desidera entrare nel luogo
della nascita di Gesù, deve chinarsi. Mi sembra che in ciò si manifesti una verità
più profonda, dalla quale vogliamo lasciarci toccare in questa Notte santa: se vogliamo
trovare il Dio apparso quale bambino, allora dobbiamo scendere dal cavallo della nostra
ragione “illuminata”. Dobbiamo deporre le nostre false certezze, la nostra superbia
intellettuale, che ci impedisce di percepire la vicinanza di Dio. Dobbiamo seguire
il cammino interiore di san Francesco – il cammino verso quell’estrema semplicità
esteriore ed interiore che rende il cuore capace di vedere. Dobbiamo chinarci, andare
spiritualmente, per così dire, a piedi, per poter entrare attraverso il portale della
fede ed incontrare il Dio che è diverso dai nostri pregiudizi e dalle nostre opinioni:
il Dio che si nasconde nell’umiltà di un bimbo appena nato. Celebriamo così la liturgia
di questa Notte santa e rinunciamo a fissarci su ciò che è materiale, misurabile e
toccabile. Lasciamoci rendere semplici da quel Dio che si manifesta al cuore diventato
semplice. E preghiamo in quest’ora anzitutto anche per tutti coloro che devono vivere
il Natale in povertà, nel dolore, nella condizione di migranti, affinché appaia loro
un raggio della bontà di Dio; affinché tocchi loro e noi quella bontà che Dio, con
la nascita del suo Figlio nella stalla, ha voluto portare nel mondo. Amen.