2011-12-23 12:48:04

Padre Cantalamessa: nel mondo secolarizzato i laici cristiani arrivano col Vangelo dove non riescono i preti


Non si può prescindere oggi dai laici cristiani, dalle famiglie soprattutto, nell’azione evangelizzatrice della Chiesa. Lo ha affermato padre Raniero Cantalamessa, che ha concluso questa mattina in Vaticano il ciclo delle prediche di Avvento tenute al Papa e alla Curia Romana. Nella quarta meditazione, il predicatore pontificio ha riconosciuto ai fedeli laici un ruolo spesso più “decisivo” del clero nel diffondere il Vangelo in contesti secolarizzati. Il servizio di Alessandro De Carolis:RealAudioMP3

È il “quarto mondo” quello a cui padre Cantalamessa dedica l’ultima riflessione: il quarto mondo secondo la sua ricostruzione delle “ondate evangelizzatrici” che hanno caratterizzato i duemila anni di storia della Chiesa. Dopo i vescovi protagonisti dell’annuncio di Cristo nel mondo greco-romano, i monaci in quello barbarico, i frati nel Nuovo mondo americano, padre Cantalamessa si è soffermato sui fedeli laici e la loro capacità di incidere nel mondo secolarizzato “post-cristiano”. Certo, ha riconosciuto il predicatore pontificio, non ci si può presentare a un uomo che ha “smarrito ogni contatto con la Chiesa e non sa più chi è Gesù” e imporgli venti secoli di dottrina e tradizione. E inoltre, se “non si può cambiare l’essenziale dell’annuncio”, si “può e deve cambiare il modo di presentarlo”, compiendo uno sforzo di “creatività”:

“Abbiamo un alleato in questo sforzo: il fallimento di tutti i tentativi fatti dal mondo secolarizzato per sostituire il kerygma cristiano con altri ‘gridi’ e altri ‘manifesti’. Io porto spesso l’esempio del celebre dipinto del pittore norvegese Edvard Munch, intitolato ‘L’urlo’ (…) È un grido di angoscia, un grido vuoto, senza parole, solo suono. Mi sembra la descrizione più efficace della situazione dell’uomo moderno che, avendo dimenticato il grido pieno di contenuto che è il kerygma, si ritrova a dovere urlare a vuoto la propria angoscia esistenziale”.

Con il Vangelo, invece, è possibile sempre ripartire da un annuncio autentico, vitale, che non è, ha osservato padre Cantalamessa, né “finzione mentale”, né una “operazione di archeologia”, grazie alla “reale” contemporaneità di Cristo che vive tra gli uomini oggi, come duemila anni fa, grazie all’Eucaristia. Dunque, accanto ai ministri dell’Ostia, il Vaticano II ha fatto riscoprire il protagonismo dei laici nell’evangelizzazione. Questi ultimi, e soprattutto le famiglie, posseggono – ha detto il religioso – una potenzialità simile al processo di fissione dell’atomo, che rende li rende sul piano spirituale “una specie di energia nucleare della Chiesa”:

“Essi non più sono semplici collaboratori chiamati a dare il loro contributo professionale, il loro tempo e le loro risorse; sono portatori di carismi, con i quali, dice la Lumen gentium, ‘sono resi adatti e pronti ad assumersi opere e uffici, utili al rinnovamento e alla maggiore espansione della Chiesa’”.

I laici, ha ripetuto padre Cantalamessa, sono quelli che possono andare alla ricerca dei lontani molto più dei pastori per i quali è più facile “nutrire con la parola e i Sacramenti quelli che vengono in Chiesa:

“La parabola della pecorella smarrita si presenta oggi rovesciata: novantanove pecore si sono allontanate e una è rimasta all’ovile. Il pericolo è di passare tutto il tempo a nutrire quell’unica rimasta e non avere tempo, anche per la scarsità del clero, di andare alla ricerca delle smarrite. In questo l’apporto dei laici si rivela provvidenziale. di Dio per i nostri tempi La realizzazione più avanzata in questo senso sono i movimenti ecclesiali. Il loro contributo specifico all’evangelizzazione è di offrire agli adulti un’occasione per riscoprire il loro battesimo e diventare membri attivi e impegnati della Chiesa”.

E un’arma per farsi largo nel mondo dell’eclissi di Dio, dominato da scientismo e razionalismo – ha proseguito il predicatore pontificio, riecheggiando le parole di ieri del Papa – è l’arma della “gioia”:

“La testimonianza più credibile che tutti, venerabili padri e fratelli, clero e laici, giovani e anziani, possiamo dare al Vangelo è la gioia. Mostrare che Cristo è stato capace di riempire di gioia e di pace le nostra vita. La parola evangelizzare fa la sua comparsa, nella Scrittura, nella notte di Natale; il suo contenuto è la gioia: ‘Vi annuncio una grande gioia’, ‘Evangelizo vobis gaudium magnum’, disse l’angelo ai pastori. E questo è un linguaggio che tutti capiscono”.

L’ultimo spunto, padre Cantalamessa lo ha riservato al Natale, con una domanda che scava nella coscienza e che già molti secoli fa Origene, Sant’Agostino, San Bernardo si erano posti:

“Che giova a me che Cristo sia nato una volta a Betlemme da Maria, se non nasce di nuovo per fede nel mio cuore?”.







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