Tanzania: messaggio del cardinale Pengo per il 50° d'indipendenza del Paese
“La vera indipendenza non si riduce a qualche celebrazione, ma è un duro lavoro che
deve assicurare ai cittadini tanzaniani prosperità economica, sociale e politica.
Senza questo lavoro, come ci ha insegnato Mwalimu Nyerere (il padre fondatore della
Tanzania), essa non significa nulla”. È quanto afferma il cardinale tanzaniano Polycarp
Pengo, arcivescovo di Dar-Es-Salaam, in un messaggio alla nazione diffuso nei giorni
scorsi in occasione del 50° anniversario dell’indipendenza e delle prossime festività
natalizie. Un messaggio a tutto campo in cui, come riporta il quotidiano locale “The
Citizen Newspaper”, il porporato affronta i principali temi al centro del dibattito
pubblico nel Paese. A cominciare dalla riforma dell’attuale Costituzione, giudicata
ormai da tutti i cittadini e le forze politiche inadeguata in quanto non garantisce
un effettivo multi-partitismo. Secondo il cardinale Pengo è essenziale che la riforma
sia varata prima delle prossime elezioni nel 2015, altrimenti – ammonisce - il Paese
rischia di piombare nel caos. Nel messaggio non mancano richiami alla classe politica:
in particolare, il cardinale Pengo critica il recente aumento delle indennità dei
parlamentari deciso dal Parlamento, una decisione afferma – che sembra dettata da
un miope egoismo: la giustificazione addotta del caro-vita infatti non è accettabile
in un momento in cui tutti i cittadini tanzaniani sono chiamati a fare sacrifici.
Ai servitori dello Stato e ai leader politici egli ricorda quindi che “sono dove sono
per tutelare gli interessi del popolo”. Per altro verso, il messaggio elogia la
linea mantenuta dal Governo contro le pressioni di alcuni Paesi stranieri – in particolare
il Regno Unito e gli Stati Uniti - per introdurre la legalizzazione dei matrimoni
omosessuali anche in Tanzania. Parlando, infine, delle vivaci contestazioni studentesche
che agitano in queste settimane diverse università del Paese, il cardinale Pengo invita,
da un lato, le autorità a un esame critico dell’attuale sistema educativo superiore
e, dall’altro, gli studenti a non ricorrere alla violenza per fare valere i loro diritti.
Al centro delle contestazioni, in alcuni casi degenerate in scontri, vi sono la gestione
delle università e la distribuzione dei sussidi. (A cura di Lisa Zengarini)