Vaclav Havel, eroe di libertà e uno dei padri dell'"umanesimo europeo"
Cordoglio nel mondo per la morte ieri di Vaclav Havel, 75 anni, leader della "Rivoluzione
di Velluto" che nel 1989 portò alla caduta del comunismo in Cecoslovacchia. Drammaturgo,
attivista dei diritti umani, autore del manifesto Charta 77, è stato più volte imprigionato
durante il regime e, in seguito, è divenuto primo presidente della Cecoslovacchia
post-comunista e poi della Repubblica Ceca. La salma è ora esposta nella Chiesa di
San Lorenzo a Praga e da mercoledì sarà portata nel Castello della città. Venerdì
23 dicembre, probabilmente, i funerali. Ma quale è stato il suo contributo particolare
alla lotta contro il comunismo nel suo Paese? Debora Donnini lo ha chiesto
ad Agostino Giovagnoli, professore di storia contemporanea all’università Cattolica
di Milano.
R. - Il suo
contributo è stato quello di un uomo di grande levatura culturale che, proprio attraverso
le sue opere, ha stimolato la coscienza dei suoi concittadini e ha condotto questa
stessa coscienza ad evolvere in un senso sempre più critico, ma dentro il filone della
non violenza. E’ dunque un’opposizione al comunismo non con la forza delle armi, ma
con l’intelligenza, la cultura e la forza delle convinzioni morali. Ciò ha condotto
poi alla famosa “Rivoluzione di Velluto”, definita tale proprio per l’assenza di violenza.
Questo metodo non violento, peraltro, gli è costato l’imprigionamento a più riprese
come anche il bando da tutte le funzioni pubbliche durante il regime comunista.
D.
- Qual era, per lui, l’errore principale del comunismo?
R. - La mancanza
di libertà è il difetto di fondo dei regimi comunisti, che egli ha denunciato vigorosamente
a più riprese. Tra l’altro, è stato tra i sottoscrittori di “Charta 77”. Si tratta
di un documento assolutamente decisivo, perché innocuo dal punto di vista della forza
ma, in realtà, è stato destabilizzante non solo per la situazione cecoslovacca ma
anche per altri regimi dell’Europa orientale: ha dimostrato la forza invincibile delle
idee e delle convinzioni morali a dispetto di qualunque repressione.
D.
- In questi giorni. lo ricordano tanti leader europei e mondiali. Secondo lei, qual
è l’insegnamento che Havel lascia all’Europa, specialmente in un periodo difficile
come questo?
R. - Con la sua vita e le sue opere ha dimostrato che i
valori morali e la mobilitazione delle coscienze sono in grado di cambiare il mondo.
Questo è molto “europeo”, se così si può dire: è stato un grande esponente della cultura
europea, direi proprio del cosiddetto “umanesimo europeo”.
D. - Questa
è una forma di umanesimo che si nutre anche delle radici cristiane, che hanno segnato
profondamente la storia europea…
R. - Certamente. Havel ha lasciato
dei documenti - ad esempio il suo epistolario - in cui ci sono delle tracce evidenti
della sua fede religiosa ed anche un esplicito riconoscimento del fascino che la figura
di Gesù Cristo ha esercitato su di lui. (vv)