E' morto il leader nord coreano Kim Jong-Il, gli succede il figlio 27enne Kim Jong
Un
Dodici giorni di lutto nazionale, fino al 29 dicembre; il 28, invece, i funerali solenni,
ai quali non saranno presenti delegazioni internazionali. La Corea del Nord piange
il suo leader, Kim Jong-Il, morto sabato all’età di 69 anni, stroncato da un infarto
mentre si trovava a bordo del treno che da sempre lo trasportava in ogni angolo del
Paese. Il servizio è di Salvatore Sabatino:
I resti di
Kim Jong-Il sono stati composti nel palazzo Kumsusan di Pyongyang, lo stesso in cui
dal 1994 riposa la salma imbalsamata di Kim Il-Sung, il "Grande Leader", padre e predecessore
di Jong-Il nonché fondatore del regime più isolazionistico del mondo. Regime che passa,
ora, sotto il controllo del terzogenito, Kim Jong Un, appena 27 anni, che ha già incassato
l’appoggio di tutti i membri del Partito dei lavoratori, dei militari e della popolazione.
Un profilo, il suo, poco definito, attorno al quale si accendono da una parte le speranze
per una svolta democratica e dall’altra i timori per una stretta ancora maggiore.
Stretta che può riguardare l’isolamento, il rispetto dei diritti umani, ed ancora
la democratizzazione di un Paese da sempre sbarrato a qualsiasi Paese straniero, ad
eccezion fatta della Cina, che da sempre ha un rapporto privilegiato con Pyongyang.
Quello, più critico, invece, resta con Seul, da cui giungono notizie di timori nel
governo, tanto da convocare ''d'urgenza'' il Consiglio di sicurezza nazionale. Riunione
d'emergenza anche per il governo giapponese: il premier Noda, pur inviando le condoglianze,
ha disposto di tenere contatti ''serrati''' con Stati Uniti, Cina e Corea del Sud.
Il presidente Usa, Obama, preoccupato, ha avuto un lungo colloquio telefonico con
il suo omologo sudcoreano Lee Myung-Bak, il quale ha invitato la popolazione alla
calma. Dalla Russia, invece, l’auspicio affinché la morte del leader non si ripercuota
sulle relazioni amichevoli fra Mosca e Pyongyang. Dalla Cina, invece, il messaggio
più sentito: Kim Jong-Il - si legge in un comunicato – è stato un amico intimo del
popolo cinese e ha dato un importante contributo allo sviluppo della causa socialista
nord coreana.
La morte del leader nordcoreano Kim Jong-Il è avvenuta in
seguito ad un attacco di cuore che lo ha colpito alle ore 8.30 del mattino di sabato
17 dicembre. L’annuncio è stato dato dalla Tv di Stato e dagli altri media del regime
nordcoreano. Ma cosa vuol dire questa morte per il Paese? Si può immaginare una nuova
stagione? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Maurizio Riotto, docente
di coreano presso l’Orientale di Napoli:
R. – La morte
di Kim Jong-Il apre scenari sicuramente più imprevedibili rispetto alla morte del
padre di Kim Il-Sung, del 1994. Questo perché allora c’era un successore già ben delineato,
di età matura e con una lunga esperienza nel campo della politica. Adesso il successore
designato è poco più che un ragazzo, Kim Jong Un, terzogenito di Kim Jong-Il, che
ha solo 27 anni, e questo apre scenari sicuramente meno prevedibili, soprattutto per
quanto riguarda la capacità del successore designato di tenere a freno le eventuali
aspirazioni non solo verso il potere ma anche l’atteggiamento in politica estera dei
generali che lo circondano e sotto la tutela dei quali sicuramente è mantenuto in
questo momento.
D. – A proposito del successore, il terzogenito: ha
solo 27 anni, ha già ricevuto l’appoggio di tutti i membri del partito, dei lavoratori,
dei militari della popolazione. Riuscirà a dare una svolta anche soprattutto sul fronte
dei diritti umani?
R. – Sicuramente, trattandosi di una persona molto
giovane, almeno teoricamente, ha davanti a sé un’aspettativa di vita abbastanza lunga,
quindi se lo lasciano lavorare con un atteggiamento di buona volontà da parte della
Corea del nord e possibilmente anche un atteggiamento di non completo isolamento provocato
dalle potenze occidentali, allora può darsi che possa aprirsi qualche spiraglio perché
questo Paese finalmente possa decollare dall’impasse nella quale si trova.
D.
– Alcuni osservatori parlano di una nuova stagione anche sul fronte della riunificazione
tra le due Coree, lo auspicano anche i vescovi coreani. E’ uno scenario possibile
questo?
R. – Dobbiamo sempre ricordarci una cosa. Fondamentalmente,
la situazione della penisola coreana è così perché a qualcuno conviene che sia così.
Una riunificazione non conviene al Giappone perché dalla Corea riunificata avrebbe
un concorrente commerciale molto temibile, ancor più temibile in quanto si potrebbe
usare la manodopera a basso costo fornita dalla Corea del nord. Non conviene agli
Stati Uniti perché da una penisola unificata e quindi pacificata non ci sarebbe più
motivo di mantenere per loro un contingente di decine di migliaia di uomini nella
Corea del sud. Non conviene alla Cina perché da una penisola unificata probabilmente
verrebbero meno i presupposti per esercitare quella forte politica, quella forte influenza
sulla Corea del nord che sta esercitando in questo momento. E’ chiaro: l’unificazione
è il primo pensiero che si fa in momenti come questi, ma io mi permetto di essere
un pessimista ed eventualmente delegare tutto a tempi più lunghi. (bf)