Il Papa a Rebibbia, testimonianze di un detenuto, un seminarista e un agente della
polizia penitenziaria
Subito dopo la visita al carcere di Rebibbia, il nostro inviato Davide Dionisi
ha raccolto alcune testimonianze. La prima è quella di un detenuto che, insieme
ad altri, per Benedetto XVI ha preparato dei dolci. Ascoltiamola:
R. – Lavoriamo
in cucina … abbiamo fatto lo “Strudel” e un’altra torta austriaca. E’ venuta bene,
al Papa gli è piaciuta …
D. – Come ha vissuto questo momento?
R.
– E’ una cosa emozionante! Mi sono commosso … il Papa è stato molto vicino a noi,
mi ha fatto una bella impressione …
D. – Cosa significa abbracciare
il Papa in questo contesto?
R. – Vuol dire molto. Siamo molti in questo
istituto, circa 1.750 persone e quindi altri detenuti non possono entrare. Ora vediamo
cosa accadrà con le nuove disposizioni del governo: non per me, che ho una condanna
alta, però altre persone potranno uscire …
D. – Come ha trovato il Papa?
R.
– Molto bene. E’ un uomo molto appagato …
Sono molte le difficoltà per
chi vive in un istituto di pena ma la visita del Papa è stata un momento importante,
preparato con cura. Come sottolinea al microfono di Davide Dionisi, Paolo
Scipioni uno dei tanti seminaristi che fanno volontariato all’interno del carcere
di Rebibbia:
R. – Abbiamo
cercato di preparare i detenuti all’arrivo del Papa con delle catechesi e soprattutto
con la preghiera. Tutti i detenuti sono molto contenti della visita del Papa, e soprattutto
sono fiduciosi e pieni di speranza che questa venuta possa portare qualche modifica
alla loro vita, che qui dentro è molto difficile.
D. – Quali sono le
difficoltà che quotidianamente incontrate nel vostro ministero?
R. –
Sicuramente il fatto di dovere intanto provvedere alle necessità primarie dei detenuti:
sono senza vestiti, hanno necessità di vario genere, anche soltanto per l’igiene quotidiana.
Quindi, noi prima di tutto cerchiamo di provvedere alle loro esigenze e solo dopo
– come in ogni opera di missione e di evangelizzazione – possiamo eventualmente approfondire
un discorso spirituale. Però, non si può annunciare Gesù Cristo ad una persona che
soffre il freddo o che comunque è in difficoltà per altri motivi. Già il carcere di
per sé è una difficoltà; se poi aggiungiamo anche il fatto che magari queste persone
sono abbandonate dalle famiglie, nessuno viene a trovarli, non hanno vestiti, non
hanno niente, diventa difficile …
La visita del Papa ha suscitato emozione
non solo tra i detenuti ma anche tra gli agenti della polizia penitenziaria. Che significato
ha avuto per loro? Davide Dionisi ha raccolto il commento del comandante Massimo
Cardilli:
R. – Ha un
significato notevole. Poi, in prossimità del Santo Natale, immagini che emozione può
nascere tra il personale di polizia penitenziaria! Un personale che svolge servizio
in questo Istituto, che contiene molti detenuti – circa 1.750 detenuti – e, con lo
stato di sovraffollamento, lei potrà comprendere lo stress, la tensione, la sofferenza
aumenta sensibilmente.
D. – Come ha reagito alla notizia dell’arrivo
del Santo Padre, il nuovo complesso di Rebibbia?
R. – Ha reagito particolarmente
bene, perché comunque è sempre una grande emozione. Noi ricordiamo l’ultima visita:
è stata la visita di Papa Wojtyla, che venne a trovare il suo attentatore Alì Agca
in questo Istituto. E’ un fermento di preparazione, di maquillage dell’Istituto per
rendere la visita accogliente e ben augurante al Pontefice.
D. – E i
detenuti, come hanno accolto questa notizia?
R. – Noi abbiamo raccolto
diverse testimonianze: positive, felici e veramente di buon auspicio da questa visita,
ma più che altro per cercare di alleviare le loro sofferenze, la loro situazione di
sofferenza all’interno dell’Istituto penitenziario. (gf)