Giornata Internazionale dei migranti, Ban Ki-moon: i migranti sono una risorsa
I migranti non sono un fardello, ma una risorsa che porta grandi contributi ai Paesi
ospitanti. Così si è espresso il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon,
nel suo messaggio per la Giornata Internazionale dei migranti, che si celebra oggi
in tutto il mondo. L’errata visione che molti hanno delle migrazioni - si legge nel
testo – portano spesso all’adozione di politiche sbagliate o addirittura pericolose.
A tutela dei 214 milioni di migranti e dei membri delle loro famiglie, la comunità
internazionale ha elaborato una specifica Convenzione ratificata però da soli 45 Stati.
A Paolo Morozzo della Rocca, esperto di diritto dell’immigrazione e membro
della Comunità di Sant’Egidio, Stefano Leszczynski ha chiesto quale sia il
messaggio di questa Giornata internazionale dei migranti:
R. - Innanzitutto
arriva un messaggio all’Europa, ed è quello secondo cui chiudere le porte mentre il
mondo intorno sta cambiando significa sancire un destino di declino europeo. Aprirle,
invece, significa saper raccogliere una sfida epocale. Nel bacino sud del Mediterraneo
e, più in generale, in Africa, abbiamo una primavera che probabilmente non si fermerà
al Nord Africa, anche se è una primavera molto sofferente, che ha portato con sé grandi
tragedie.
D. - Da parte della comunità internazionale ed in particolare
delle istituzioni internazionali, c’è sempre una grande attenzione verso il fenomeno
delle migrazioni. Tuttavia, non si riesce ad avere una precisa indicazione su quello
che bisognerebbe fare…
R. - E’ vero che le Nazioni Unite hanno promosso
la Convenzione sui diritti dei migranti nel 1990, ma forse i Paesi aderenti sono quelli
meno utili, perché si tratta di quelli che “producono” i migranti. Abbiamo perciò
il problema di una risposta avara alle istanze delle Nazioni Unite da parte delle
nazioni che ricevono gli immigrati. Bisognerebbe forse comprendere come fare una politica
di immigrazione che sia anche una politica di cooperazione nei confronti degli Stati
da cui provengono i migranti.
D. - Emigrare non è facile, è una scelta
radicale di cambiamento di vita, alla cui base c’è anche forte positività…
R.
- Di fatto, quando si riescono a raccontare al pubblico le storie dei migranti e quando
si riesce a mostrare un po’ la verità del volto delle loro storie, si vede come queste
stesse storie suscitino stima e simpatia.
D. - Sulla tipologia delle
persone che migrano, e soprattutto sulla differenza di età, cosa si può dire, si può
tracciare un quadro a livello internazionale?
R. - La caratteristica
principale delle migrazioni - soprattutto delle provenienti da Africa ed Asia - è
che si tratta dei più giovani e comunque delle persone che hanno, anche nel loro Paese,
più risorse che non i più poveri e quelli lontani dalla città. Questo significa, in
natura, una migrazione di qualità: anche quando si tratta di persone non formate,
la loro giovane età consentirebbe di ricominciare una storia di formazione e di inclusione
sociale. Per altre aree - penso in particolare all’America Latina ma soprattutto all’Europa
dell’Est - invece, la migrazione spesso è diversa, ma si tratta di persone che vengono
da un sistema di formazione culturale e lavorativa di alto livello. Non è raro, ad
esempio, avere nelle famiglie italiane persone che assistono la famiglia stessa, nei
diversi servizi, con un livello culturale spesso anche più alto di quello dei loro
datori di lavoro. (vv)