Le esequie del cardinale Foley. Mons. Celli: uomo di fede profonda, promotore del
dialogo tra Chiesa e nuove tecnologie della comunicazione
Si sono svolti ieri a Filadelfia, negli Stati Uniti, i funerali del cardinale John
Patrick Foley, spentosi l’11 dicembre scorso all’età di 76 anni in seguito alla leucemia.
Le esequie sono state presiedute dall’arcivescovo di New York, Timothy Dolan, nella
Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo. Il cardinale Foley, che aveva lasciato lo scorso
agosto l’incarico di Gran maestro dell'Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme,
per tanti anni è stato presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali.
Philippa Hitchen ha chiesto un ricordo del porporato a mons. Claudio Maria
Celli, suo successore alla guida del dicastero vaticano:
R. – Il cardinale
Foley è arrivato qui nel 1984; è stato presidente del Pontificio Consiglio per 23
anni, lasciando un ricordo profondo del suo atteggiamento di sacerdote, di vescovo
con un profondo senso di professionalità. Lui veniva da un incarico che lo vedeva
responsabile di un grande giornale cattolico a Filadelfia, e direi che la sua grande
capacità è stata quella di far passare, transitare la Chiesa nella sua riflessione
sulla comunicazione dalle vecchie tecnologie – ai suoi tempi ancora si usava il piombo
per stampare un giornale – alle nuove tecnologie digitali e vedere come aiutare la
Chiesa a dialogare con la cultura originata da queste tecnologie.
D.
– Invitava a non aver paura delle nuove tecnologie ma di sfruttarle al meglio …
R.
– Esattamente. Lei sa che durante la sua presidenza qui, al Consiglio, sono stati
pubblicati da parte del Consiglio stesso alcuni documenti molto importanti. Pensi,
tutto il documento legato alla Chiesa e internet, e pensi anche a tutto lo sviluppo
di queste realtà prese in esame dalla Lettera apostolica di Giovanni Paolo II “Il
rapido sviluppo”, che certamente hanno avuto nel Consiglio – e quindi nell’allora
mons. Foley – veramente uno dei grandi promotori. Quello che lui ha lasciato qui è
quindi un senso di profonda spiritualità, di una grande attenzione al ruolo della
comunicazione nel campo dell’evangelizzazione; un suo profondo e simpatico senso di
humour: erano famose, le sue battute! Però, quello che a noi ha lasciato stupiti,
specialmente nell’ultimo incontro che abbiamo avuto con lui qui al Consiglio, alla
vigilia della sua partenza per gli Stati Uniti, è stato quando ci ha parlato della
sua malattia: sapeva di essere veramente seriamente malato e che gli restavano pochi
mesi di vita, e quindi tornava negli Stati Uniti per morire. Direi che era consapevole
del fatto che l’angelo della morte l’avrebbe chiamato molto presto … Ma quello che
ci ha lasciato è stata proprio la testimonianza di una fede profonda, ma manifestata
con semplicità. Direi che aveva questo, di speciale: aveva la capacità di dire cose
profonde e così significative, perché di fronte alla morte imminente tante false immagini
cadono. Ecco: lui l’ha fatto con grande semplicità, ma ugualmente mostrando una fede
limpida, serena … Io direi – e lo dico ancora a me stesso – ci ha dato un esempio
di come un prete debba morire, o debba affrontare la malattia e morire. Io guardo
al cardinale Foley in questa maniera, ricordando questa sua grande professionalità,
questa capacità di essere aperto a tutti, e direi anche questa attenzione profonda
proprio alla comunicazione, come cammino di evangelizzazione. (gf)