2011-12-16 08:43:22

Libano: proposte dal convegno di Beirut promosso dal Consiglio ecumenico delle Chiese


Come sta cambiando la migrazione negli scenari ecclesiastici nel mondo? Quali sono i cambiamenti e che impatto avranno sulle comunità di immigrati? Cosa possono fare le Chiese per promuovere una cultura dell’accoglienza e della diversità e individuare nuove risposte alla domanda teologica: «Chi è il mio prossimo?» in un mondo sempre più globalizzato? Questi i principali quesiti che hanno caratterizzato l’incontro ecumenico svoltosi a Beirut, in Libano, dal titolo: «Migration and the Ecclesial Landscape: Who is my Neighbour?», promosso dalla Global Ecumenical Network on Migration del Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec), in collaborazione con la All Africa Conference of Churches, la Commission for Migrants in Europe della Conferenza delle Chiese europee e il Middle East Council of Churches. L’incontro – riferisce L’Osservatore Romano - ha dato la possibilità ai numerosi partecipanti provenienti da diversi Paesi non solo di confrontarsi, conoscere, individuare le soluzioni e condividere le principali tematiche sull’immigrazione in Africa, Europa e Medio Oriente, ma ha rafforzato quell’impegno ecumenico per la comprensione di quanto sia importante considerare positivamente l’universo di tradizioni, culture, lingue e religioni. Attraverso esso si è chiamati a interagire quotidianamente proprio nella prospettiva della testimonianza dell’unità della Chiesa. Nello specifico, i rappresentanti delle Chiese in Africa hanno spiegato che il fenomeno migratorio nel continente non è nuovo, ma è stato sempre presente con una migrazione interna numericamente più bassa rispetto a quella esterna. Ciò è spiegato dal fatto che la povertà, la disoccupazione e il conflitto in molte regioni spingono sempre più persone ad abbandonare il proprio Paese alla ricerca di un futuro migliore. «Per questo motivo — hanno spiegato i leader religiosi africani — l’accoglienza, la tolleranza, il rispetto per l’altro e l’amore verso il prossimo sono diventati cruciali per il futuro del nostro Paese». Sarah Silomba Kaulule, vice-moderatore della commissione fede e ordine del Consiglio ecumenico delle Chiese, ha focalizzato il suo intervento sulla situazione dei migranti in Zambia. «Occorre aiutarli e integrarli. La missione della Chiesa — ha spiegato — è quella di accogliere i migranti e rifugiati. Per questo abbiamo bisogno di una solida base che non provochi divisioni e scontri, ma che ci aiuta a capire e soprattutto accettare l’altro, anche se diverso». Kaulule, inoltre, ha incoraggiato le Chiese a offrire spazi sicuri per impedire che i migranti finiscano nella rete dei trafficanti di esseri umani. Anche in Europa i migranti fanno fatica a inserirsi nel tessuto sociale. Gerrit Noort, direttore della missione olandese del Cec, ha parlato delle sfide poste dal multiculturalismo e dell’esperienza delle comunità religiose nei Paesi Bassi che, seppur diverse, collaborano a livello ecumenico per facilitare l’integrazione dei migranti. Diverso, invece, il fenomeno della migrazione in Medio Oriente, dove migliaia di persone sono colpite da turbolenze politiche, conflitti e persecuzioni. Secondo B. Audeh Quawas, membro del comitato centrale del Cec e del Patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme, «è indispensabile il dialogo interreligioso. Per promuovere il rispetto per le minoranze e avviare un dialogo positivo e proficuo, soprattutto tra cristiani e musulmani, le Chiese dovranno fare di più e sconfiggere la paura». (L.Z.)







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