I vescovi dell’Africa meridionale condannano la tratta di esseri umani
La Chiesa dell’Africa meridionale si schiera contro la tratta degli esseri umani:
è quanto emerso recentemente, al termine della riunione dei vescovi dell’Imbisa, la
Conferenza interregionale dei vescovi dell’Africa meridionale, cui appartengono le
Conferenze episcopali di Angola e São Tomé, Lesotho, Mozambico, Namibia, Sudafrica
e Zimbabwe. In questo modo, è stato ratificato ufficialmente l’accordo raggiunto nel
2010, al termine della Plenaria dell’Imbisa. In una nota pubblicata sul sito della
Conferenza episcopale di Angola e São Tomé, si legge: “La tratta di esseri umani è
una schiavitù nel vero senso della parola. Le persone scompaiono per essere comprate,
vedute, sfruttate nei modi più orribili, che includono lo sfruttamento sessuale, il
lavoro forzato, l’asportazione di organi destinati alla vendita illegale”. In questo
contesto, è necessario “un appello alla consapevolezza”, poiché “il libro della Genesi
ci insegna che Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza”. Pertanto, sottolinea
l’Imbisa, “il traffico di esseri umani riduce seriamente la dignità della persona
umana”, e va condannato “come un peccato grave e un crimine efferato che chiede giustizia”.
I cristiani, quindi, sono esortati a fare tutto il possibile per combattere “tale
annientamento dei valori del rispetto e dell’affetto” umano, per porre fine a “tale
degrado di fratelli e sorelle per i quali Gesù è morto in croce”. Cosa fare, allora,
di fronte ad una piaga che è diventata “un’industria”? I vescovi dell’Africa meridionale
puntano sull’informazione e la formazione della popolazione, strumenti di difesa che
implicano la denuncia alle autorità di persone scomparse, l’attenzione e la vigilanza
sui figli, la priorità della tutela della persona umana che la Chiesa, la famiglia,
e le Commissioni Giustizia e pace devono porsi. Di qui, il suggerimento che le comunità
cristiane pongano questo tema “al centro delle loro preghiere e delle loro riflessioni”
e che i programmi destinati ai giovani, sia a scuola che nelle parrocchie, servano
ad accrescere la consapevolezza di tale drammatica realtà. Ma l’Imbisa chiama in causa
anche i governi, chiedendo loro legiferare nel modo giusto e di “sviluppare servizi
che cancellino questa iniquità”, poiché “la negligenza dello Stato nel proteggere
i più deboli è la negazione della sua responsabilità”. Dal suo canto, la Chiesa africana
ricorda il suo costante impegno nella difesa e nella riabilitazione di tutte le vittime
della tratta, poiché “restare uniti nella lotta al traffico di esseri umani significa
unirsi a Gesù”. (A cura di Isabella Piro)