2011-12-16 09:42:16

Benedetto XVI agli universitari: chi vuole costruire il mondo senza Dio distrugge l'uomo


“Non siamo soli a costruire la storia, Dio non è lontano dall’uomo ma si è chinato su di lui e si è fatto carne”. Così il Papa ieri sera, durante i Vespri in San Pietro con gli oltre 10 mila studenti degli Atenei romani. Benedetto XVI ha ricordato il dramma delle ideologie, di quanti hanno tentato di costruire il mondo senza Dio, finendo per distruggere l'uomo. L’incontro è giunto al culmine delle cerimonie per il ventennale della Pastorale Universitaria, istituita da Giovanni Paolo II. Per l’occasione anche la consegna dell’Icona di Maria Sedes Sapientiae, dagli universitari spagnoli a quelli romani dell’Università La Sapienza. Il servizio di Cecilia Seppia:RealAudioMP3

In un mondo che corre veloce, distratto, impaziente, utilizzando sempre di più e in ogni ambito della vita i binari immediati delle nuove tecnologie, il Papa con le parole dell’Apostolo Giacomo invita i tanti universitari riuniti in San Pietro, “ad imitare il comportamento dell’agricoltore” che dopo aver preparato il terreno, “aspetta con costanza il prezioso frutto della terra”; li esorta, in questo tempo di attesa a fermarsi, a riflettere per poi predisporre il cuore alla venuta del Redentore in quella grotta di Betlemme, ancora “mistero ineffabile di luce, di amore di grazia”:

"Proprio nella pazienza, nella fedeltà e nella costanza della ricerca di Dio, dell’apertura a Lui, Egli rivela il suo Volto. Non abbiamo bisogno di un dio generico, indefinito, ma del Dio vivo e vero, che apra l’orizzonte del futuro dell’uomo ad una prospettiva di ferma e sicura speranza, una speranza ricca di eternità e che permetta di affrontare con coraggio il presente in tutti i suoi aspetti".

Solo così con pazienza e fedeltà, afferma il Papa incontreremo quel Dio vero che sull’uomo si è chinato fino a farsi carne, solo così avremo la certezza di non essere soli:

"Cari amici, l’invito di san Giacomo 'Siate costanti, fratelli, fino alla venuta del Signore' ci ricorda che la certezza della grande speranza del mondo ci è donata e che non siamo soli e non siamo noi da soli a costruire la storia. Dio non è lontano dall’uomo, ma si è chinato su di lui e si è fatto carne (Gv 1,14), perché l’uomo comprenda dove risiede il solido fondamento di tutto, il compimento delle sue aspirazioni più profonde: in Cristo".

La pazienza dice Benedetto XVI è la virtù di coloro che si affidano alla presenza di Cristo nella storia, “che non si lasciano vincere dalla tentazione di riporre tutta la speranza nell’immediato”, in “progetti tecnicamente perfetti ma lontani dalla realtà più profonda che dona la dignità più alta all’uomo”: ovvero “l’essere creatura ad immagine e somiglianza di Dio":

"Quante volte gli uomini hanno tentato di costruire il mondo da soli, senza o contro Dio! Il risultato è segnato dal dramma di ideologie che, alla fine, si sono dimostrate contro l’uomo e la sua dignità profonda. Essere costanti e pazienti significa imparare a costruire la storia insieme con Dio, perché solo edificando su di Lui e con Lui la costruzione è ben fondata, non strumentalizzata per fini ideologici, ma veramente degna dell’uomo".

“Nella grotta di Betlemme - afferma il Santo Padre - la solitudine dell’uomo è vinta e possiamo progettare la storia dell’umanità non nell’utopia ma nella certezza che Cristo è presente e ci accompagna". Quindi l’invito ad accogliere tra le nostre braccia quel Bambino “a ripartire da Lui e con Lui per affrontare ogni difficoltà” e costruire la città dell’uomo “ coniugando fede e cultura”. Infine, facendo riferimento alla consegna dell’icona di Maria Sede della Sapienza che a cominciare dall’Università di Roma verrà portata nelle diverse Cappellanie, Benedetto XVI rivela ai giovani “di confidare nella loro testimonianza di fedeltà e impegno apostolico” e li invita a portare a tutti l’annuncio della buona Novella:

"E’ l’augurio che rivolgo alla comunità accademica romana: portate a tutti l’annuncio che il vero volto di Dio è nel Bambino di Betlemme, così vicino a ciascuno di noi che nessuno può sentirsi escluso, nessuno deve dubitare della possibilità dell’incontro, perché Lui è il Dio paziente e fedele, che sa attendere e rispettare la nostra libertà".

All’invito di Benedetto XVI di essere pazienti e costanti fino alla venuta del Signore, in che modo hanno risposto gli universitari presenti all’incontro? Ascoltiamo le testimonianze dei giovani, raccolte da Marina Tomarro:

R. - È un invito sempre nuovo. Quando il Papa ci parla, ci dice sempre cosa fare. E penso che ci inviti proprio a fare l’esperienza di Cristo. Ci invita a dire: “Dio è qui con te, quindi, devi fare qualcosa”. Parlando a tutti noi, che studiamo, ci dice appunto questo: “Non rimanere soltanto nella teoria, ma nell’incontro”. Cristo si manifesta nell’altro.

R. - Questa costanza dobbiamo averla soprattutto nella preghiera, anche nei momenti più difficili, quando ci sentiamo magari lontani da Dio, perché la preghiera sempre ci riavvicina. Allora bisogna essere veramente costanti in questo, perché veramente ci ricarica, per affrontare quelle che sono ogni giorno le sfide che la vita ci pone davanti.

R. - Con la preghiera soprattutto. Ci ha invitato a pregare e lui stesso ha detto che pregherà per noi. Quindi, in questi momenti un po’ difficili, credo che la preghiera sia la nostra arma più forte, diciamo.

D. - Delle cose che vi ha detto questa sera, che cosa ti è rimasto nel cuore?

R. - Che lui è vicino a noi, che la Chiesa è vicina a noi e di non buttarci giù in questo momento, ma di andare avanti, perché possiamo fare tante cose.

R. - Mi ha colpito quando ci ha esortato, dicendoci che lui si fida di noi e che ci affida questa missione di accogliere ancora una volta la venuta del Signore con gioia e con tutta la nostra fede, quindi di tenere salda la nostra fede, radicata in Cristo, come ha detto nella Giornata mondiale delle gioventù di quest’estate.

Ascoltiamo la testimonianza di Altea Severella, la studentessa de La Sapienza che ha salutato Benedetto XVI a nome di tutti gli universitari presenti:

R. - È un’emozione forte. Diciamo che non me l’aspettavo all’inizio: l’avevo presa molto tranquillamente; però, arrivata qui, è stato molto bello poi avvicinarmi al Papa.

D. - Quando hai salutato il Papa, abbiamo visto che ti ha rivolto qualche parola. Che cosa vi siete detti?

R. - Mi ha chiesto che cosa studio. Io gli ho detto che faccio Medicina. Quindi, mi ha fatto gli auguri, perché mi ha detto che quello del medico è un ruolo molto importante, che richiede una grande responsabilità.

D. - Qual è il ricordo che serberai per sempre nel tuo cuore di questi momenti?

R. - Penso la dolcezza dello sguardo. È stato veramente accogliente.(fd)







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