Italia: la manovra approda alla Camera. Gran Bretagna: dibattito interno sempre acceso
Sempre in primo piano la manovra del governo italiano, che domani approda alla Camera.
In queste ore, prende forma il testo alla luce degli emendamenti del governo che riguardano
capitoli chiave come le pensioni, l’Imu e i costi della politica. A livello europeo,
invece, si discute ancora del nuovo patto di bilancio. Stamattina, al parlamento di
Strasburgo, il tema è stato al centro degli interventi dei presidenti della Commissione
e del Consiglio europeo, Barroso e Van Rompuy. Il servizio di Eugenio Bonanata:
Rilancio,
occupazione e credibilità. Queste le parole chiave risuonate stamattina a Strasburgo,
con Van Rompuy e Barroso che hanno invitato a guardare oltre il nuovo patto di bilancio
dell’Unione, la cui ratifica arriverà entro i primi di marzo. Si è parlato anche della
strada che resta ancora da fare, della decisione della Gran Bretagna e delle sue richieste
che avrebbero messo a rischio la tenuta del mercato unico. Per scongiurare questo
scenario, il governo italiano lavora a ritmo serrato con l’obiettivo di approvare
la manovra economica nei tempi previsti. Secondo le previsioni, il testo domani è
atteso in aula a Montecitorio, ma in queste ore qualcuno ha ventilato l’ipotesi di
uno slittamento provocando l’opposizione del presidente della Camera, Fini. Oggi,
intanto, il premier Monti riferirà alle Commissioni bilancio e finanza dove prosegue
la discussione sugli emendamenti dell’esecutivo. Attenzione puntata soprattutto
su Imu e pensioni, ambiti delicati sui quali pare vi sia un confronto molto serrato
che avrebbe richiesto più tempo del previsto. I provvedimenti sono pronti – affermano
fonti di governo – e saranno presentati a breve. In precedenza, era toccato ad altri
temi caldi. Per esempio, sul fronte dello stipendio dei parlamentari, i tagli non
saranno decisi nell’ambito del decreto del governo, ma dovranno essere realizzati
dal parlamento stesso attraverso un’iniziativa immediata. I Consigli provinciali,
invece, decadranno entro il 31 marzo 2013, mentre si continua a discutere anche di
liberalizzazioni: per il momento, i taxi dovrebbero essere esclusi dal processo che,
però, riguarderebbe i farmaci da banco.
Intanto, in Gran Bretagna prosegue
con toni decisi il dibattito innescato dal premier, David Cameron, il quale al recente
vertice europeo di Bruxelles si è dichiarato contrario alla revisione dei Trattati
europei, ponendo di fatto il Regno Unito in una posizione di isolamento rispetto ai
26 partner comunitari. Ieri, confronto alla Camera dei Comuni, nel quale Cameron si
è dovuto difendere dagli attacchi dell’opposizione laburista e da parte della maggioranza.
Ma l’atteggiamento britannico rischia di bloccare il cammino comune verso l’idea di
un "super-Stato"? Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad Andrea Santini,
docente di Diritto internazionale all’Università Cattolica di Milano:
R. – Innanzitutto,
io direi che la stessa idea dei padri fondatori europei era, semmai, quella di uno
Stato federale, non di un "super-Stato", che mi sembra sia una nozione che porta con
sé connotazioni negative. L’Unione, di fatto, è un’organizzazione internazionale alla
quale gli Stati membri hanno attribuito competenze certamente numerose e certamente
importanti, senza per questo rinunciare alla propria sovranità. Quindi, la dimensione
intergovernativa è sempre stata una componente essenziale del processo di integrazione
europea e, anzi, direi che è una componente che in questi ultimi anni si è anche rafforzata.
Gli Stati sono Stati sovrani, e questo è un fattore ineliminabile nella situazione
attuale dell’integrazione europea.
D. – In questo momento particolare
della vita dell’Unione Europea, il venire a mancare di un partner importante come
la Gran Bretagna, anche per gli agganci che ha oltre continente, che cosa provoca?
R.
– Direi che quello britannico è certamente un atteggiamento che pone tutta una serie
di problemi, ma non significa che per l’Unione Europea viene meno un partner importante.
La Gran Bretagna, il Regno Unito è parte dell’Unione Europea, è parte di tutte le
sue politiche: quello che sostanzialmente ha voluto ottenere è stato rimanere al di
fuori di certi sviluppi. Ma non è una cosa che sia capitata oggi per la prima volta:
la stessa moneta unica era stata concepita come una costruzione che consentiva ad
alcuni Stati di restarne al di fuori. Quindi, non c’è da preoccuparsi guardando all’Unione
Europea nel suo insieme, perché è un dato di fatto quasi ineliminabile che se si vuole
compiere alcuni progressi sulla strada dell’integrazione, in certe situazioni si deve
procedere con una "avanguardia" di Stati. Un’altra osservazione da fare è che forse
si può anche rovesciare un punto di vista e chiedersi se non sia piuttosto la Gran
Bretagna a isolarsi e a rischiare di rimanere in una condizione arretrata rispetto
agli altri Paesi dell’Unione.
D. – Proprio guardando al dibattito che
sta avvenendo all’interno della Gran Bretagna, sembrano prender voce coloro che hanno
fiducia nell’idea europea contro, invece, gli euroscettici che sono ancora la maggioranza,
anche se in misura minore…
R. – Sì. In effetti, è molto interessante
quello che sta succedendo, perché sebbene Cameron abbia sostanzialmente accontentato
le posizioni più euroscettiche all’interno del partito conservatore, questo ha generato
tensione all’interno della stessa coalizione governativa nel Regno Unito, con il partito
dei liberaldemocratici che non è in linea con questa posizione. Questo credo possa
giovare anche a una riflessione interna al Regno Unito che possa, eventualmente, portare
anche a ripensare l’atteggiamento all’interno dell’Unione Europea. (gf)