I vescovi della Nuova Zelanda in visita "ad Limina". Intervista all’arcivescovo di
Wellington, mons. John A. Dew
E’ iniziata, in questi giorni, la visita "ad Limina" dei vescovi della Nuova Zelanda,
Paese dell’Oceania che conta 4.4 milioni di abitanti di cui circa il 15 per cento
di fede cattolica. Ieri, il Papa ha ricevuto un primo gruppo di presuli neozelandesi
guidati dall’arcivescovo di Wellington, mons.John Atcherley Dew, presidente
dell’episcopato della Nuova Zelanda. Proprio mons. Dew si sofferma sulle sfide della
Chiesa locale, nell’intervista di Emer McCarthy:
R. - "Our
main challanges, I suppose ..." Per quanto riguarda le principali sfide,
direi che forse la più importante è quella di come essere presenti in una società
sempre più secolarizzata. Siamo spesso descritti come un Paese molto secolarizzato
e questo è un problema che cerchiamo di affrontare con una presenza più incisiva nella
società. Ad esempio, abbiamo un Centro nazionale di bioetica impegnato su diverse
questioni morali. Poi, abbiamo recentemente creato un Istituto nazionale di formazione
con l’obiettivo di coordinare il nostro personale docente, ma anche per fare sentire
la voce della Chiesa su questioni morali e politiche ed essere presenti nelle sedi
dove si prendono le decisioni. C’è poi la sfida dell’accoglienza e dell’integrazione
degli immigrati nelle nostre parrocchie attraverso l’inculturazione. Queste, in sintesi,
sono le sfide della nostra Chiesa.
D. - Uno dei temi del Sinodo dei
Vescovi per l’Oceania del 1998 è stata l’inculturazione. Ci sono stati progressi in
questo campo?
R. - "I think we've made some good progress ..." Ritengo
che ci siano stati progressi positivi in questo senso. C’è sempre stato un grande
dialogo con i Maori, i popoli indigeni della Nuova Zelanda: i primi missionari sono
venuti qui proprio per dedicarsi a loro. Una parte del nuovo Messale è stato tradotto
anche in maori, una cosa che noi vescovi neozelandesi abbiamo molto voluto, perché
la riteniamo un segnale importante per la nostra Chiesa “bi-culturale”. Per noi è
importante l’inculturazione nella liturgia, ma anche nella teologia e nella spiritualità.
I Maori hanno un ricco patrimonio di valori, come il rispetto della dignità e del
valore della persona umana, che stiamo cercando di trasmettere a tutta la nostra società.
(…) Un altro aspetto dell’inculturazione è l’integrazione delle altre minoranze etniche
giunte da poco in Nuova Zelanda: siamo impegnati a cercare il modo per valorizzare
e promuovere il patrimonio di valori culturali e religiosi che portano dai loro Paesi
di origine e che possono arricchire le nostre parrocchie, diocesi e comunità.
D.
- Per quanto riguarda i giovani che impatto hanno avuto le Giornate Mondiali della
Gioventù, in particolare quella di Sydney?
R. - "I think that Sydney
was a wonderful ..." Penso che Sydney sia stata un’esperienza straordinaria
per noi: dalla Nuova Zelanda sono partiti 4 mila pellegrini, un numero signifcativo
per un piccolo Paese come il nostro (…) Le nostre diocesi hanno anche ospitato tremila
giovani stranieri durante le giornate preparatorie, un’esperienza che ha avuto un
enorme impatto sulla vita delle nostre comunità e dei nostri giovani. Sono convinto
che oggi i ragazzi sono molto più coinvolti nella vita della Chiesa. Io ho accompagnato
gruppi di giovani anche ad altre Gmg (…) e posso dire che quello che colpisce ogni
volta è di vedere così tante persone entusiaste della propria fede: questo è per loro
un incoraggiamento ad essere orgogliosi di essere cattolici. Le Gmg hanno davvero
avuto un impatto positivo sulla vita della Chiesa del Paese.