Dopo il raid anti zingari, una svolta contro il razzismo
'E' normale
dare fuoco a un luogo dove vivono degli esseri umani?'. La domanda provocatoria è
di Paolo Ciani, tra i responsabili della Comunità di Sant'Egidio, a pochi giorni dal
raid di alcuni cittadini contro un accampamento di Rom e Sinti nella periferia nord
di Torino. 'Il dramma di fondo è che quando parliamo degli zingari - spiega Ciani
- non li consideriamo persone come noi. Non abbiamo ancora fatto i conti con l'anti-gitanismo
che ha portato allo sterminio di una parte di loro durante la seconda guerra mondiale.
Con gravi responsabilità di un mondo politico e culturale che ha diffuso il concetto
dell'asocialità di Rom e Sinti restano tra di noi pericolosi luoghi comuni razzisti'.
'La generalizzazione che facciamo di fronte ai reati commessi da un singolo zingaro
prova che si tratta di un problema innanzitutto nostro' aggiunge Ciani che per la
comunità trasteverina si occupa da tempo proprio dei servizi per Rom e Sinti. 'Le
reazioni delle istituzioni al raid di Torino - aggiunge - , come quelle del sindaco,
del vescovo e di alcuni ministri, dimostrano che è il tempo opportuno per una svolta.
E' tempo di iniziare a invertire le politiche nei confronti delle popolazioni Rom,
ma anche l'atteggiamento umano che la nostra popolazione maggioritaria deve avere
nei confronti di queste persone'. 'L'Unione Europea - ricorda Ciani - stanzia
da tempo dei fondi per l'integrazione dei Rom ma gli Stati non li spendono per paura
di attuare politiche impopolari. L'Italia ne ha utilizzati solo il 10%. Eppure è noto
che solo migliorando la situazione della parte più debole della società si migliora
la qualità di vita di tutti'. (a cura di Fabio Colagrande)