Mauritius: la Chiesa pronta a partecipare al processo nazionale di perdono per la
schiavitù
La Chiesa di Mauritius, è pronta a partecipare al processo nazionale di perdono per
la schiavitù ed ha aperto i propri archivi alla Commissione “Giustizia e verità”,
incaricata di valutare le conseguenze della schiavitù e dello sfruttamento dei lavoratori
a partire dall’epoca coloniale fino ai nostri giorni. È quanto si legge in una nota
diffusa da mons. Maurice Piat, vescovo di Port-Louis. “È importante – si legge nel
documento – sapere la verità per ristabilire la giustizia, poiché, in passato, gruppi
di uomini sono stati offesi in modo grave e ripetuto e le conseguenze di tali offese
si avvertono ancora oggi”. Se, quindi, in passato “si è creduto che l’oblio ed il
silenzio potessero guarire – scrive mons. Piat – ora, invece, è attraverso la libera
parola che la verità si palesa e porta alla guarigione”. In questo modo, il presule
risponde a quanto richiesto dalla Commissione “Giustizia e verità”, che ha lanciato
un appello: “Alla luce delle ingiustizie subite dai discendenti degli schiavi e dei
lavoratori in condizione di semi-schiavitù, la Repubblica di Mauritius e le altre
istituzioni, come la Chiesa cattolica, presentino le loro scuse ufficiali”. In particolare,
si ritiene che la Chiesa locale, tra il 1722 ed il 1835, non abbia protestato contro
il così detto “Codice Nero” che rientrava nella legislazione in vigore in quegli anni.
Tale Codice considerava gli schiavi come oggetti e li obbligava a convertirsi al cattolicesimo,
religione di Stato. Ma, scrive mons. Piat, “è nella tradizione della Chiesa riconoscere
gli errori che essa può aver commesso nel corso della storia, domandare perdono e
cercare un cammino di riparazione”. Il presule, quindi, ricorda le scuse presentate
da Giovanni Paolo II nel Giubileo del 2000, così come il discorso pronunciato nel
1992 da Papa Wojtyla in visita in Senegal, in cui il Pontefice riconosceva le terribili
sofferenze inflitte dalla schiavitù e chiedeva che venisse confessato, “con verità
ed umiltà, questo peccato dell’uomo contro l’uomo, dell’uomo contro Dio”. Lo stesso
mons. Piat, d’altronde, si è più volte pronunciato su questo tema: basti citare il
discorso del 2006 a Vieux Grand-Port in cui il presule ha definito la schiavitù come
“un’offesa terribile fatta ai nostri fratelli e sorelle, un’offesa che è anche un
peccato contro Dio”. Per contro, nella sua lunga nota, l’arcivescovo di Port-Louis
ricorda l’operato portato avanti da Padre Laval, detto “l’apostolo dei neri” per aver
aperto le porte della Chiesa ai creoli ed ai discendenti degli schiavi. Numerose anche
le iniziative che la Chiesa ha intrapreso attraverso le sue istituzioni (la Caritas,
le scuole, le parrocchie) per “compiere un cammino di riparazione nei confronti dei
creoli discendenti degli schiavi”. Mons. Piat cita soprattutto la svolta degli anni
’90, quando fu avviata la traduzione della Bibbia e della liturgia in creolo e la
lotta contro l’emarginazione e la povertà di tale parte della popolazione. Ribadendo,
infine, che “un cammino di liberazione e di speranza è stato aperto”, ma che “la via
della riparazione è ancora lunga”, il vescovo di Port-Louis invita i fedeli a “definire
un nuovo contratto sociale, affinché ogni cittadino della Repubblica di Mauritius
sia riconosciuto e rispettato nella sua dignità e nei suoi diritti”. (I.P.)