Rifugiati e apolidi. Mons. Tomasi: proteggere chi fugge, questione etica
La Santa Sede è tra i 26 Stati che nel 1951 prese parte ai lavori che condussero all’emanazione
della Convenzione sullo status di rifugiati. Lo ha ricordato l’Osservatore permanente
vaticano presso l’Onu di Ginevra, mons. Silvano Tomasi, nel suo intervento in occasione
delle celebrazioni del 60.mo anniversario di questo provvedimento e del Cinquantenario
della Convenzione sulla riduzione dei casi di apolidia. Roberta Barbi:
Un approccio
etico alla questione rifugiati, che comprenda anche un rinnovato sforzo verso l’eliminazione
alla radice delle cause dello sfollamento forzato e una più completa protezione degli
spostamenti umani. Guarda al futuro, mons. Tomasi, nel suo intervento a Ginevra in
cui, per indicare la via, richiama le parole con cui Benedetto XVI nella Caritas in
Veritate esprime la speranza che il concetto di “famiglia di nazioni” possa finalmente
acquisire forza. Il Santo Padre nell’Enciclica manifesta la necessità urgente di coinvolgere
anche le nazioni più povere nei processi decisionali, così da giungere a una vera
cooperazione internazionale finalizzata allo sviluppo di tutti i popoli della Terra
all’insegna della solidarietà. “I rifugiati sono sempre stati parte della storia”,
ha insistito il presule, sottolineando come il loro numero attuale, 33 milioni di
persone sono quelli di cui l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite attualmente si
occupa, e le loro sofferenze continuino a sfidare quotidianamente le coscienze di
tutti. L’Osservatore della Santa Sede si è poi soffermato sul diritto a fuggire per
salvaguardare la propria vita: un argomento ancora aperto che richiede lo sviluppo
di una cultura maggiormente orientata alla tutela e comporterebbe anche il diritto
di entrare in un territorio straniero e al tempo stesso di tenere conto sia del bene
della società di accoglienza, sia delle necessità dei richiedenti asilo. Inoltre,
mons. Tomasi ha parlato del diritto universale alla libertà di religione e del diritto
alla libertà di movimento e al lavoro per sostenere la propria famiglia. A questo
proposito ha ricordato come la sistemazione in accampamenti dovrebbe essere una condizione
soltanto temporanea, in quanto rende impossibile l’accesso a un lavoro legale. Infine,
il diritto all’istruzione primaria in condizioni di parità con i cittadini, con un
occhio di riguardo per le donne: anche andare a scuola, infatti, è una forma di protezione
e per le ragazze, in particolare, una forma di protezione dalla violenza.