Polemiche sull'Ici. Cardìa: nessun privilegio per la Chiesa, ma agevolazioni per il
ruolo sociale di realtà religiose e laiche
“La Chiesa cattolica paga quello che c’è da pagare, paga quello che è previsto, come
tutti, e non gode di nessun privilegio”: è quanto afferma oggi una nota del Sir, l’Agenzia
della Conferenza episcopale italiana, commentando la campagna sui presunti privilegi
della Chiesa in merito all’Ici. Ma cosa c’è dietro questa campagna che, tra l'altro,
fa confusione tra Vaticano, diocesi italiane ed enti religiosi? Sergio Centofanti
lo ha chiesto al prof. Carlo Cardìa, docente di diritto ecclesiastico presso
l’Università di Roma Tre:
D. - Io vedo
innanzitutto una volontà di portare a livello mediatico una cosa che viene stravolta
nella sostanza. Questo è il primo punto, cioè dare notizie non vere. Il secondo aspetto
è il riproporsi di un filone, di un certo astio, di un atteggiamento pregiudizialmente
contrario alla Chiesa.
D. – Si dice che la Chiesa non paghi l’Ici…
R.
– La legge ordinaria dice che l’esenzione da questa famosa Ici riguarda le attività
- attenzione, non si riferisce soltanto agli enti cattolici ma a tutti gli enti, cattolici,
di altre confessioni religiose, laici, le Onlus ... -, quindi è una norma generale.
Allora esiste un regime che riguarda tutti e che dice: quando le attività sono di
interesse sociale non si applica l’Ici. Onestamente, la Chiesa che cosa c’entra? Certamente
si può dare l’ipotesi di qualcuno che può camuffare un immobile e questo lo può fare
anche una persona che non ha nulla a che vedere con la Chiesa ma stiamo nella patologia:
queste persone, se esistono, devono essere colpite.
D. - Quindi queste
esenzioni riguardano tante realtà, non sono un privilegio della Chiesa …
R.
- Riguardano tutte le realtà che svolgono attività di interesse sociale, perché poi
c’è l’atro aspetto: perché lo Stato prevede questa esenzione? Perché queste attività
sono assistenziali, questo è il primo punto, sociali in senso stretto, culturali,
e svolgono una funzione che dovrebbe svolgere lo Stato. In questa maniera questi enti
- di qualsiasi tipo, cattolici, ebraici, valdesi, le Onlus, quindi anche i laici …
- liberano lo Stato da un onere che sarebbe molto più forte per lui. Qui sta la logica:
cioè, non solo perché l’attività sociale è apprezzabile ma perché lo Stato si sente
sgravato dal fare quello che in questo caso fanno i privati. Pensiamo soltanto a ciò
che fa la Chiesa, e non solo la Chiesa cattolica, a favore dell’immigrazione. L’immigrazione
in Italia non è andata incontro a momenti drammatici per quell’opera, io la chiamo
“di ammortizzatore sociale”, che gli enti di volontariato hanno fatto, cattolici e
non. Quindi lo stravolgimento della realtà è ancora più forte perché si nasconde la
logica di un’esenzione che, ripeto, riguarda tutti ma in funzione di un’attività -
perché sostanzialmente è di volontariato - che lo Stato non sarebbe in grado di svolgere
nei confronti dei più deboli.
D. - Tra le varie accuse ricorrenti c’è
però quella che dice: basta una cappellina per avere l’esenzione…
R.
– Allora, in questo caso, colui che facesse questa operazione pecca due volte: primo,
commette un peccato nei confronti del nostro Padre Eterno perché dice una bugia; secondo,
commette una irregolarità grave, va individuato e va punito ai sensi delle leggi civili.
(bf)