Il primo luglio 2013 la Croazia sarà il 28.mo Stato dell'Ue
Dal primo luglio del 2013 la Croazia diventerà il 28.mo Stato membro dell’Unione Europea.
Il trattato di adesione del Paese balcanico è stato firmato questa mattina dai capi
di Stato e di Governo, riuniti a Bruxelles. “Un giorno storico”, lo ha definito il
presidente europeo Herman Van Rompuy, pur consapevole che questo ulteriore allargamento
giunge in un momento particolarmente delicato non solo per l’economia europea, ma
anche per le sue Istituzioni. Quanto peserà Zagabria sull’Europa unita e quanto, invece,
la aiuterà a superare questo periodi di “impasse”? Salvatore Sabatino lo ha
chiesto a Francesco Gui, docente di Storia dell’Europa presso l’Università
La Sapienza di Roma:
R. – La Croazia
è sicuramente un Paese con un suo dinamismo, con una sua importanza e quindi non è
una cosa trascurabile l’ingresso della Croazia, assolutamente. Naturalmente siamo
in un contesto di 27 che diventano 28, con un sistema istituzionale ancora abbastanza
in formazione e quindi – come sapete – in certe circostanze, anche eventualmente per
sottoscrivere nuovi trattati, basta il veto di un singolo Paese per bloccare i processi.
Quindi più si aggiungono Paesi con un contesto di questo tipo, più ovviamente l’Unione
mostra delle debolezze intrinseche, di cui stiamo sperimentando anche in questi giorni
la realtà. Crescere vuol dire anche mostrare che l’Europa diventa sempre più importante,
che c’è l’attenzione e la volontà di aderire. Dobbiamo, però, farci una cultura della
integrazione europea che ancora ci manca.
D. – Alcuni osservatori credono,
inoltre, che questo complichi un po’ le cose anche sul fronte diplomatico, in una
situazione in cui l’Ue non riesce ancora a parlare a una sola voce…
R.
– Fare un discorso sull’assetto istituzionale dell’Unione Europea è un po’ complicato,
ma sicuramente non c’è stata ancora una scelta chiara fra modello – chiamiamolo –
di tipo federale, che comporta la creazione di istituzioni democratiche, con poteri
reali a livello sovranazionale; oppure mantenere un livello intergovernativo prevalente.
Nel caso del modello prevalente, c’è da chiedersi se questa moltiplicazione di Stati
nazionali sovrani sia utile: avevamo, ad esempio, una Jugoslavia e ora ne abbiamo
5-6-7; ognuna di queste trasformata in Stato nazionale sovrano. Questo comporta delle
deformazioni proprio all’interno delle istituzioni dell’Unione Europea a favore di
questa pluralità di Stati piccoli, che rende più difficile i processi decisionali.
D. – Che cosa ci vorrebbe, in pratica, per risolvere questa situazione?
R.
- Naturalmente in un sistema federale ci sono due sedi della rappresentanza: una del
popolo in quanto tale, nella sua “uti singuli”, come singoli individui, e una rappresentanza
degli Stati. Nel Parlamento europeo, c’è stata – ad esempio – una risoluzione tedesca,
della Cdu tedesca di qualche giorno fa, in cui si diceva: “da una parte possiamo eleggere
il presidente della Commissione a suffragio universale – sarebbe una cosa molto importante
avere un vero presidente sostenuto dal consenso di tutto il popolo europeo – e dall’altra,
però, riequilibrare i seggi almeno nel Parlamento europeo: attualmente i Paesi più
grandi sotto rappresentati e i Paesi piccoli hanno molti più seggi di quelli che a
loro spetterebbero. Anche questo è un problema che, secondo me, gli stessi tedeschi
hanno difficoltà ad accettare. (mg)