Trovare "La porta della felicità": il cardinale Rodriguez Maradiaga sul libro di don
Eugenio Fizzotti
Essere aperto alle domande della vita. Era questa, secondo il celebre psichiatra,
Viktor Frankl, una delle caratteristiche principali dell’essere umano: la solidarietà.
Ed è questo anche il senso della felicità, raccontato da don Eugenio Fizzotti, allievo
e successore dello psichiatra austriaco, nel suo libro “La porta della felicità”,
presentato due giorni fa a Roma. Del significato di questo testo, Irene Pugliese
ne ha parlato con il cardinale Oscar Andrés Rodriguez Maradiaga, presidente
di Caritas Internationalis, intervenuto alla presentazione:
R. – Di recente,
il Santo Padre Benedetto XVI ci ha inviato un Motu proprio, che si chiama Porta
Fidei, la Porta della fede. “Porta” è una parola molto utilizzata nella Sacra Scrittura.
Nel pensiero di Frankl – ben studiato da don Eugenio Fizzotti – vuol dire: “Come facciamo?
Qual è la soglia che dobbiamo percorrere per trovare la felicità?” Tutti la cercano,
tutti la vogliono, forse, però, si sta cercando in posti sbagliati e non si ha il
coraggio di cercare la vera porta in sincerità. Lo stesso Signore Gesù ha detto: “Io
sono la porta delle pecore”. Che il Signore, dunque, si definisca come tale vuol dire
che attraverso quella porta, quello che troviamo è veramente amore, misericordia,
perdono e felicità.
D. – Nel libro si dice che la motivazione centrale
dell’agire umano è la ricerca di un significato nella propria esistenza...
R.
– Questo è un tema centrale attualissimo, perché c’è tanta gente che parla dicendo:
“Mi sento vuoto; non so perché vivere”. Il libro cerca di dare queste risposte, soprattutto
con l’esempio di questo grande psichiatra, che ha sofferto praticamente il peggio
che un essere umano possa soffrire – dentro un campo di concentramento – e che ha
un’attualità straordinaria nel mondo di oggi.
D. – Infatti, nel terzo
capitolo si affronta il tema del vuoto esistenziale nella nostra società...
R.
– Certamente. Io, per esempio, soffro molto nel vedere ragazzi e ragazze riunirsi
nel fine settimana in una piazza per ubriacarsi. Questo, dunque, è un vuoto esistenziale
che non può essere riempito dall’alcol. Ci vuole altro. Bisogna trovare se stessi
e trovare poi il Signore e il senso della vita. (ap)