I rifugiati e il problema dell'apolidia. L'Acnur: leggi uguali per tutta l'Europa
L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur) ospita in questi
giorni a Ginevra un importante incontro su protezione internazionale e apolidia, a
conclusione di un anno che ha visto una serie di migrazioni forzate su vasta scala.
Secondo l’Acnur, l’apolidia riguarda 12 milioni le persone nel mondo. Federico
Piana ne ha parlato con Michele Cercone, portavoce del Commissario per
gli Affari Interni dell’Unione Europea:
R. – La richiesta
di asilo, il fatto di dare asilo, dare protezione internazionale, non è una cortesia
che si fa nei confronti di chi ha bisogno di aiuto: è un obbligo che deriva non solo
dai trattati internazionali, che tutti gli Stati membri dell’Unione hanno ratificato,
ma anche e soprattutto dalla storia, dai principi di fondo dell'Europa comunitaria.
Quindi, è un elemento di base della costruzione stessa dell’Unione Europea. Abbiamo
verificato, nel corso degli ultimi anni, che purtroppo a volte manca un principio
di solidarietà di base tra gli Stati membri. E’ chiaro che i flussi di richiedenti
asilo sono diversi a seconda dell’area geografica, della posizione, e hanno un impatto
diverso a seconda della popolazione del Paese. E’ chiaro che, recentemente, vi sia
stata una pressione molto forte sull’area mediterranea e per questo abbiamo chiesto
di trovare delle misure, mettere in atto delle azioni che permettano di ripartire
meglio i flussi migratori, naturalmente su base volontaria. Ma l’abbiamo fatto anche
in maniera molto concreta, aumentando i fondi, i finanziamenti disponibili per la
gestione dell’immigrazione e dell’asilo, creando un Ufficio europeo di sostegno per
l’asilo, e l’abbiamo fatto naturalmente anche mettendo sul tavolo dei ministri degli
Interni dell’Unione Europea una serie di proposte legislative per armonizzare e creare
un quadro legislativo chiaro e certo, identico dappertutto in Europa, in maniera che
i richiedenti asilo abbiano le stesse possibilità di ottenere protezione ovunque essi
si trovino.
D. - Se puntate però sul volontariato, per quanto riguarda
le quote, alla fine molti Stati europei possono defilarsi…
R. – La questione
delle quote cui lei fa riferimento in pratica non è organizzabile né gestibile a livello
europeo. Ogni Paese è libero di scegliere e di decidere sulla base della propria legislazione
nazionale le procedure da seguire. Esiste solo un principio di base, regolato a livello
europeo, ossia che la domanda del richiedente asilo sia trattata nel Paese in cui
per la prima volta il richiedente è arrivato e ha fatto la domanda.
D.
– Come si può ragionare intorno a questo tema del coordinamento, facendo riferimento
a questi tre istituti: Frontex, Europol ed Agenzia per i diritti fondamentali?
R.
– Tutto passa dal ruolo di queste agenzie – agenzie dell’Unione Europea – che negli
anni hanno avuto un ruolo sempre maggiore. Ci si è resi conto che alcune delle attività
che venivano messe in atto, passano attraverso un potenziamento dei ruoli di queste
agenzie. A quelle che lei ha appena citato, ne aggiungerei un’altra: l’Ufficio europeo
per il sostegno all’asilo. In effetti, credo che abbiano un ruolo fondamentale innanzitutto
nel tracciare il quadro complessivo della situazione. Frontex ha la capacità di fare
monitoraggio, anche a livello di frontiere, e quindi di capire quali siano gli spostamenti:
può inviare team e squadre di esperti per dare aiuto, come per esempio sta facendo
attualmente con la Grecia. Inoltre, altro elemento importante è la possibilità di
rendere operative delle squadre di intervento, per aiutare le autorità di frontiera
dei vari Stati membri, che hanno poi tra l’altro l’obbligo e il compito di fare in
modo che si vegli sul rispetto dei principi fondamentali, soprattutto il principio
di non respingimento, perché ogni persona che vuole richiedere asilo in Europa ha
diritto di farlo, anche se si trova ad affrontare una frontiera in maniera irregolare.
(ap)