2011-12-08 15:43:27

Bruxelles, clima teso alla vigilia del vertice Ue: "L'euro può esplodere"


Gli occhi di tutto il mondo puntati su Bruxelles, dove questa sera si apre il vertice Ue cruciale per la tenuta della moneta unica e per l’intero progetto d'integrazione europea. Forte il pressing degli Stat Uniti, con il segretario al Tesoro, Timothy Geithner, che già da due giorni è in Europa per spronare i suoi leader a fare tutto il necessario. Il servizio di Marco Guerra:RealAudioMP3

Un accordo per la sopravvivenza dell’euro e la riforma dei Trattati per arrivare a una più stretta unione fiscale. Questi sono gli obiettivi dichiarati del vertice dei 27 Paesi dell’Unione Europa e invocati dalle istituzioni finanziare di mezzo mondo. Ma sulla reale possibilità che, nel corso della due giorni, si possa raggiungere una soluzione efficace per la difesa della moneta unica, sono in pochi a scommettere. I primi a mostrare scetticismo sono il presidente francese, Nicola Sarkozy, e il cancelliere tedesco, Angela Merkel, nonostante l'intesa annunciata lunedì dai due capi di Stato. Alla vigilia del summit, il ministro francese degli Affari europei, Jean Leonetti, non ha usato mezzi termini per descrivere la situazione: “L'euro può esplodere” e “l'Europa disfarsi” e questo sarebbe una catastrofe “per tutto il mondo”. Sul tavolo restano, infatti, molte questioni irrisolte: la Germania continua a bocciare ogni ipotesi di aumento del fondo salva-Stati europeo e chiede una linea più rigida per i Paesi con conti pubblici fuori controllo. Paesi solidi come Austria, Olanda e Finlandia condividono con Berlino di non dover sborsare altri soldi. Bisogna poi fare i conti con la Gran Bretagna, che potrebbe trovare un’alleanza con i membri Ue esterni alla zona euro per fermare la riforma dei Trattati. In questo caso, sarebbe pronto un accordo per un trattato tra i 17 Stati della moneta unica. Fortemente preoccupato per le conseguenze Obama che ieri sera ha chiamato il cancelliere tedesco Merkel, mentre il segretario al tesoro Geithner ha visto stamane il premier italiano Monti, garantendo il sostegno degli Usa agli “sforzi dell'Italia e dell'Unione Europea”.

In Italia, è iniziato l’iter parlamentare della manovra economica del governo Monti. La Commissione Lavoro della Camera ha dato parere favorevole alla legge finanziaria, ma chiede di garantire l’indicizzazione automatica sulle pensioni fino a tre volte il minimo, ossia 1.400 euro. Tra le coperture suggerite all’esecutivo per far fronte a questa modifica, un contributo di solidarietà sulle pensioni d'oro, sulle cosiddette "baby-pensioni", oppure l'incremento della percentuale del prelievo sui capitali che hanno beneficiato dello scudo fiscale. Intanto, i sindacati Cgil, Cisl e Uil hanno proclamato uno sciopero unitario di tre ore per lunedì 12 dicembre. I sindacati si dicono "preoccupati per le conseguenze" sui lavoratori. Per un’analisi complessiva della manovra, Luca Collodi ha intervistato il prof. Stefano Zamagni:RealAudioMP3

R. - E' una manovra attesa, legata allo stato di necessità nel quale stava versando il nostro Paese: già abbiamo visto il rimbalzo dei mercati, che hanno percepito e recepito il senso finale di questa manovra, che è quello di rimettere il nostro Paese nell’alveo dello sviluppo. Quindi, direi che va dato atto ai membri di questo governo di aver accolto una sfida con coraggio e anche con determinazione.

D. - Una seconda riflessione da fare riguarda alcune tematiche care alla Dottrina sociale della Chiesa. Sembra, ad esempio, che la manovra sia un po’ carente sul fronte della famiglia, dei giovani e del volontariato, il cosiddetto terzo settore. Lei è d’accordo su questa riflessione?

R. - Quello che ho detto è riferito alla manovra così com’è stata formalizzata ed esposta. Il problema successivo è: avrebbe potuto l’attuale governo, usando la stessa manovra, inserire al proprio interno alcuni elementi che non modificando affatto i saldi finali - perché questo è un punto fermo - avrebbe tuttavia inviato messaggi in diverse direzioni? La mia risposta è sì. Ho motivo di ritenere che nella conversione in legge al parlamento qualcosa di questo possa essere fatto. Ad esempio il cinque per mille: bisogna indicare nella manovra che la legge sul cinque per mille deve diventare una legge ordinaria. Questo non significa affatto aumentare le uscite perché i tetti sono già stati prestabiliti: basta soltanto trasformare una norma - che ogni anno è transitoria e che getta nel panico il mondo del terzo settore - in una legge ordinaria, in modo tale che tutti possano sapere in anticipo come poter impostare i propri bilanci. Secondo, il fattore famiglia: sulla famiglia questa manovra non spende una sola parola. Si parla di membri della famiglia, ma la famiglia è un soggetto, che ha una sua soggettività civile, economica e sociale. Perché allora non utilizzare la manovra per scrivere che in un arco di tempo ragionevole - sei-otto mesi - il governo si impegna a rivedere la normativa fiscale sulla famiglia per allinearla a quanto fanno gli altri Paesi europei, prima fra tutti la Francia con il cosiddetto “fattore famiglia”, che il Forum delle famiglie ha da tempo proposto e sul quale c’è quasi, quasi unanimità di consenso? Questa è una riforma a costo nullo o meglio che ha dei costi in prospettiva, ma nell’attuale manovra non si dice “non la introduciamo ora, ma ci impegniamo ad introdurla, con le dovute mediazioni, nei prossimi mesi.” Bisogna notare che sono state fatte le cosiddette audizioni di tipo concertativo e il Forum delle famiglie non è stato ascoltato... Eppure, il Forum delle famiglie nel nostro Paese raggruppa alcuni milioni di cittadini: non è, dunque, inferiore a quello delle altre parti sociali. Terzo, la tassazione sui cosiddetti redditi "scudati": noi sappiamo che il precedente governo, per mano del ministro Tremonti, aveva introdotto una tassa - quasi ridicola - del 5 per cento. Quindi, i grandi evasori per riportare in Italia i capitali evasi hanno pagato sugli stessi una tassa del 5 per cento. Questa manovra la aumenta ora dell’1,5 per cento: questo non può essere - come dire - accettato, perché stiamo parlando di persone che hanno già evaso e hanno ammesso di aver evaso nella misura in cui hanno riportato questi capitali nel Paese. Perché allora non sfruttare l’occasione per aumentare almeno del tre per cento? Io avrei preferito un altro cinque per cento… In fondo, a questi grossi capitali cosa gliene viene di pagare anziché il 5, il 10 per cento? Rimarrebbero ricchi egualmente. Avremmo così rastrellato quelle risorse che potrebbero andare agli altri capitoli di cui ho fatto parola. In conclusione, i saldi come ho detto devono rimanere immutati - questo è un vincolo - ma all’interno di questo vincolo si può agire. Questo, comunque, è il mio augurio.

La crisi finanziaria che ha messo in ginocchio molti degli Stati più ricchi del mondo e che ha acceso il dibattito sulla solidità stessa dell’economia europea, ha anche segnato il destino degli Obiettivi del Millennio individuati dalla comunità internazionale. L’assenza di risorse ha, infatti, drasticamente ridotto e in alcuni casi annullato i progetti della cooperazione allo sviluppo in favore dei Paesi più poveri. Una situazione che rischia di innescare in molti casi un circolo vizioso che non mancherà di avere forti ripercussioni anche sui paesi donatori. Il nuovo governo Monti sembra sul punto di inaugurare una nuova stagione anche in questo specifico settore, affidato alla guida del ministro Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio. Sulle speranze e le attese del mondo delle organizzazioni non governative impegnate nella cooperazione internazionale, Stefano Leszczynski ha intervistato Sergio Marelli, presidente della Focsiv, la Federazione che riunisce gli organismi cristiani di servizio internazionale volontario:RealAudioMP3

R. - La situazione dalla quale dovrà partire il neoministro Andrea Riccardi è una situazione che si può definire senza enfasi “disperata”: mai così poche risorse come con la finanziaria approvata dal governo Berlusconi, mai un’Italia così assente negli scenari internazionali. E quindi ora bisognerà vedere nei prossimi giorni, anche a seguito di questa manovra, con quante risorse e con quale autonomia egli potrà operare.

D. – Di cosa ha bisogno il mondo della cooperazione internazionale: qual è il bilancio e soprattutto qual è l’impegno?

R. – Sicuramente, oggi il mondo della cooperazione ha anche bisogno di risorse. Ha bisogno di finanziamenti pubblici, non perché questi siano essenziali per la sua sopravvivenza, come spesso erroneamente si pensa, ma perché sarebbe un po’ strano che l’Italia - al contrario di tutti gli altri Paesi europei che stanno contemporaneamente vivendo la stessa crisi finanziaria economica globale - non stanziasse delle risorse per la cooperazione internazionale. Quindi, io mi aspetto che il nuovo governo Monti, volendosi riallineare con l’Europa, lo faccia anche in materia di cooperazione e di volontariato internazionale, stanziando una somma congrua per poter ridare almeno un po’ di ossigeno per il prossimo anno a queste attività di solidarietà con i Paesi poveri del Sud del mondo.

D. – Anche perché, quando parliamo di cooperazione internazionale, ovviamente non si parla solamente di opere caritative o di assistenza: sono progetti che poi hanno una ricaduta positiva anche sul sistema del Paese che le produce...

R. – Tutt’altro che assistenza, tutt’altro che filantropia. Questi anni hanno dimostrato come un’attività intensa ed efficace di cooperazione internazionale sia stata un biglietto da visita anche per il sistema-Paese Italia. In molti casi addirittura, la presenza dell’Italia in alcuni Paesi è determinata fondamentalmente solo dalla cooperazione internazionale e dalla cooperazione delle Ong in modo particolare.

D. – Per quanto riguarda la cooperazione internazionale, da parecchi anni c’era un preciso impegno a stanziare una quota del prodotto interno lordo in favore di questi progetti: una cosa che non è mai avvenuta...

R. – C’era l’impegno assunto anche dall’Italia, come da tutti gli altri Paesi donatori nei confronti della comunità internazionale, di stanziare lo 0,7 per cento del prodotto interno lordo per la cooperazione internazionale. Quello che c’è in ballo è la vita di miliardi di persone: un abitante su sette del nostro pianeta oggi ancora lotta con il bisogno, con l’obiettivo di trovare il cibo necessario per se stesso e per la propria famiglia. (bi)







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