Benedetto XVI all'udienza generale: per essere felici abbiamo bisogno di incontrare
Dio, solo i piccoli lo capiscono
Un cuore senza presunzione e capace di una gioiosa confidenza con Dio: da questo può
scaturire una preghiera davvero cristiana. Lo ha affermato Benedetto XVI all’udienza
generale di questa mattina in Aula Paolo VI, presentando alle migliaia di persone
presenti il cosiddetto “Inno di giubilo” di Cristo contenuto nei Vangeli, in cui il
Signore benedice il Padre perché ha tenuto nascosto il suo messaggio ai sapienti e
agli intelligenti e lo ha rivelato ai piccoli. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Come ci si
rivolge a Dio con una preghiera? Imitando Gesù. Benedetto XVI lo ha detto con chiarezza
presentando quello che ha definito “un gioiello della preghiera di Gesù”, presente
nei Vangeli di Matteo e Luca e solitamente chiamato “Inno di giubilo” o “Inno di giubilo
messianico”. C’è un verbo rivelatore che Gesù usa all’inizio della sua preghiera e
che vuol dire, ha spiegato il Papa, “riconoscere fino in fondo”, ma anche “trovarsi
d’accordo”. Con ciò, ha indicato, Cristo riconosce “fino in fondo, pienamente, l’agire
di Dio Padre, e, insieme, il suo essere in totale, consapevole e gioioso accordo con
questo modo di agire, con il progetto del Padre”:
“Ogni conoscenza
tra le persone - lo sperimentiamo tutti nelle nostre relazioni umane – comporta un
coinvolgimento, un qualche legame interiore tra chi conosce e chi è conosciuto, a
livello più o meno profondo. Non si può conoscere senza la comunione dell’essere.Nell’Inno di giubilo, come in tutta la sua preghiera, Gesù mostra che
la vera conoscenza di Dio presuppone la comunione con Lui”.
Ecco
il primo passo. Solo attraverso Gesù – che con Dio è in perfetta comunione – l’uomo
può “accedere a Dio” e sperimentare la gioia di sentirsi figlio. Ma accostarsi a Dio,
ha continuato Benedetto XVI, significa conoscere i suoi “misteri”, che Dio preferisce
rivelare non a tutti gli uomini indistintamente, ma a una categoria prediletta:
“La
rivelazione divina non avviene secondo la logica terrena, per la quale sono gli uomini
colti e potenti che possiedono le conoscenze importanti e le trasmettono alla gente
più semplice, ai piccoli. Dio ha usato tutt’altro stile: i destinatari della sua comunicazione
sono stati proprio i ‘piccoli’. Questa è la volontà del Padre, e il Figlio la condivide
con gioia”.
E questa gioia, condivisa tra Padre e Figlio, si propaga
anche a chi, come Gesù, è “in sintonia con la volontà del Padre”:
“Gesù,
pertanto, in questo Inno di giubilo esprime la volontà di coinvolgere nella sua conoscenza
filiale di Dio tutti coloro che il Padre vuole renderne partecipi; e coloro che accolgono
questo dono sono i ‘piccoli’. Ma che cosa significa ‘essere piccoli’, semplici? (...)
E’ la purezza del cuore quella che permette di riconoscere il volto di Dio in Gesù
Cristo; è avere il cuore semplice come quello dei bambini, senza la presunzione di
chi si chiude in se stesso, pensando di non avere bisogno di nessuno, neppure di Dio”.
C’è
ancora un passo da compiere. “La strada della sapienza del Vangelo”, ha affermato
il Papa, “non è una dottrina da imparare o una proposta etica, ma una Persona da seguire”,
Gesù. E Gesù, ha osservato, “gioisce partendo dall’intimo di se stesso, in ciò che
ha di più profondo: la comunione unica di conoscenza e di amore con il Padre, la pienezza
dello Spirito Santo”:
“Anche noi, con il dono del suo Spirito, possiamo
rivolgerci a Dio, nella preghiera, con confidenza di figli, invocandolo con il nome
di Padre, ‘Abbà’. Ma dobbiamo avere il cuore dei piccoli, dei ‘poveri in spirito’,
per riconoscere che non siamo autosufficienti, che non possiamo costruire la nostra
vita da soli, ma abbiamo bisogno di Dio, abbiamo bisogno di incontrarlo, di ascoltarlo,
di parlargli.
Dopo la sintesi della catechesi nelle altre lingue,
Benedetto XVI ha rivolto come di consueto alcuni saluti ai gruppi in Aula Paolo VI.
Diversi anche gli “stacchi” musicali offerti al Papa, come quello dell’Orchestra Filarmonica
di Casarano, alla quale il Papa ha augurato “che l’imminenza del Natale del Signore
sia occasione propizia di un incontro profondo e di rinnovata adesione di fede in
Gesù”. Quindi, il Pontefice ha terminato l’udienza generale ricordando la solennità
dell’Immacolata di domani e affidando alla sua intercessione i giovani, invitati a
“imitarla con cuore puro e limpido”, gli ammalati e i nuovi sposi:
“Voi
(…) che volete edificare la vostra dimora sulla grazia di Dio, rendete la vostra casa,
ad imitazione di quella di Nazareth, un focolare di amore e di pietà”.