2011-12-03 18:33:33

Premio volontariato Focsiv 2011 a Riccardo Giavarini: una vita in difesa dei diritti umani in America latina


In vista della Giornata Mondiale del Volontariato del 5 diecmbre si è svolta questa mattina a Roma la cerimonia di assegnazione del Premio del volontariato internazionale FOCSIV 2011. Presente anche il cardinale Peter Turkson presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace.
Il volontario premiato quest’anno è Riccardo Giavarini, impegnato con la Focsiv da 35 anni in America Latina, nel Progetto Mondo-Mlal. Cinquantaseienne bergamasco, Riccardo ha promosso nella città di La Paz in Bolivia la costruzione e l’avvio delle attività del primo carcere minorile boliviano, un Centro rieducativo per minori che prevede percorsi di reintegro dei giovani detenuti e un loro reale percorso di cambiamento. Gabriella Ceraso gli ha chiesto cosa lo ha spinto a iniziare l’avventura del volontariato:RealAudioMP3

R. – La famiglia, il seminario e la comunità Nazareth – un gruppo di amici che hanno sul serio fatto comunità nell’accogliere gruppi di persone con difficoltà -, mi hanno spinto alla scelta di partire. C’è poi un contesto un po’ più ampio – ossia il Concilio Vaticano II – che mi ha motivato a fare delle scelte radicali a livello di impegno nel mondo, soprattutto per quanto riguarda i poveri. Un impegno che non può essere solo assistenzialismo ma deve tradursi in politiche, in gesti che vadano a scalfire le strutture non funzionanti.

D. – E per te quest’impegno sociale è sempre stato un impegno a difesa dei diritti umani. Quali sono i contesti nei quali hai operato da quando sei in America Latina?

R. – Quando sono arrivato in Bolivia i tempi erano quelli della dittatura. Cerchiamo di far maturare il senso del diritto, della giustizia e della pace, che si traduce poi in gesti di solidarietà verso chi soffre le conseguenze della dittatura. In Perù l’esperienza è stata quella di un recupero di terre, di lotta per i gruppi di contadini: per i loro diritti economici, di partecipazione e di organizzazione. Si vede come la persona venga continuamente messa al margine e a prevalere siano gli interessi economici e politici o anche di gruppi.

D. – Dal 2005 ti occupi invece del reintegro di ragazzi giovani ed adolescenti che delinquono e che spesso sono in carcere insieme agli adulti. Perché, in Bolivia, tanti minori si trovano in carcere?

R. – Sono loro ad essere del tutto responsabili di questa delinquenza, ma è comunque tutto il sistema a non funzionare. Non è un sistema organizzato per la protezione e la difesa dei diritti di questi gruppi così vulnerabili. La società non permette di accedere ai servizi di base, come ad esempio vivere in una casa. Se poi aggiungiamo il fatto che la mamma è separata, non ci sono i riferimenti genitoriali, che per poter sopravvivere si è obbligati a lasciare la scuola e ad andare a cercare qualsiasi tipo di lavoro, è evidente che c’è tutta una serie di cause che inducono questi giovani ed adolescenti a sopravvivere con i propri mezzi.

D. – Ma voi, come Progetto Mondo Mlal, quanto riuscite a fare e cosa cambia nella vita di questi ragazzi che aiutate?

R. – Da dieci anni abbiamo assunto questa sfida di accompagnare questi ragazzi secondo tre linee. La prima è quella di essere presenti nelle carceri, la seconda è lavorare in rete con altre istituzioni pubbliche e private. Infine, in questo Centro di Qalauma abbiamo messo in piedi un modello educativo affinché attraverso lo studio, il lavoro ed il trattar bene queste persone che hanno avuto un passato così pieno di conflitti, si possa costruire un progetto educativo individuale. L’equipe di educatori ed educatrici che abbiamo, pone al centro la persona - al di là del delitto commesso o di qualsiasi sia il suo passato - per poter tornare sui binari di una convivenza pacifica e giusta.

D. – Abbiamo parlato della tua opera. Questo contesto, che è poi il contesto del Paese boliviano, in che cosa può cambiare?

R. – Direi piuttosto che cos’é che sta cambiando. Nel senso che certamente ci sono segnali che preparano un contesto migliore rispetto al passato. La partecipazione della gente, l’esercizio della democrazia a partire dal basso, l’inclusione di gruppi sociali molte volte esclusi e dimenticati, adesso, invece, sono maggiormente protagonisti, presi in considerazione ed appoggiati. Questo, lo ripeto, non vuol dire che i problemi siano risolti, anzi: sono ancora molto presenti e ci vorranno ancora processi da costruire e da appoggiare poco e poco. (vv)









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