Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
In questa seconda Domenica di Avvento la Liturgia ci propone l’inizio del Vangelo
secondo Marco in cui Giovanni proclama, nel deserto, un battesimo di conversione per
il perdono dei peccati, secondo la profezia di Isaia:
«Ecco, dinanzi a te
io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri».
Su questo brano
del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente
di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
Due temi
fondamentali intrecciati fra loro nell’incipit del Vangelo di Marco. Il primo versetto
fa da titolo di tutto il testo del Vangelo, ma anche imposta il contenuto sotto un
profilo specifico: tutto quello che è scritto è inizio del Vangelo. Parole e gesti,
passione e risurrezione, tutto è “buona novella” che viene seminata, è storia umana
di Gesù che si fa bella notizia, è avventura di trasformazione ancora aperta e feconda.
Per prima cosa allora capire che non ci troviamo solo davanti all’apertura di un libro,
ma all’affermazione di una presenza trasformante (vangelo appunto) che tutto agita.
La seconda cosa che appare evidente: la corrente vitale della buona novella recupera
antiche immagini e dà loro senso pieno e nuovo. Così è per la famosa frase di Isaia
sulla voce che grida nel deserto: non ha cessato di interpellare, e non ha cessato
di prendere concretezza nei messaggeri che la servono. E il messaggero per antonomasia
ora è Giovanni il Battezzatore, che si è auto-emarginato nel deserto. Eppure anche
da là sa scuotere la città e smuovere le coscienze con parole rudi e severe. Uomo
di austera vita che sa segnalare a tutti la novità imminente, ed esige conversione.
Ma bisogna riconoscere le colpe e implorare un rinnovamento radicale: col fuoco dello
Spirito bisogna essere battezzati per vivere in novità.