2011-12-03 14:57:32

Ex Jugoslavia: elezioni in Croazia e Slovenia


Si vota in due Paesi dell’area Balcani: Croazia e Slovenia, che confinano tra loro e che hanno fatto parte della Jugoslavia ma che, dopo la dissoluzione della repubblica socialista, hanno seguito strade diverse. In Croazia, il grande favorito è Zoran Milanovic, capo del Partito socialdemocratico croato (Sdp) e candidato premier del centro-sinistra. In Slovenia, invece, secondo i sondaggi dovrebbe essere favorito, ma senza un pieno di voti, il Partito democratico sloveno conservatore di Janez Jansa. Per riflettere sulla situazione e le prospettive di questi Paesi, Fausta Speranza ha intervistato Paolo Quercia, analista di questioni internazionali, che innanzitutto guarda al voto in Croazia:RealAudioMP3

R. - E’ un voto che penalizzerà la coalizione di Jadranka Kosor, che poi, paradossalmente, sarà la premier uscente che il 9 dicembre andrà a Bruxelles a firmare il Trattato di adesione all’Unione Europea. E’ un paradosso perché, nel frattempo, mentre la Croazia si stava avvicinando all’Unione Europea, abbiamo avuto un sostanziale peggioramento dell’economia: un tasso di disoccupazione che si avvicina al 18 per cento ed una serie di crisi che riguardano sia scandali sia corruzione, e che interessano perciò l’ambito politico, morale ed anche economico. Il processo di adesione all’Unione Europea non ha rappresentato finora, agli occhi di molti croati, un guadagno così netto, e questo ha prodotto anche un forte anti-europeismo e scetticismo. I sondaggi danno molto avanti la coalizione di centrosinistra, che ha una buona maggioranza e che, anche in funzione del meccanismo elettorale, garantirà a questi quattro partiti il governo del Paese senza ulteriori coalizioni. E’ un paradosso perché è l’uscita di scena di questo partito che ha fatto la storia della Croazia dal 1991 in poi.

D. - La Croazia firmerà solo in questo mese di dicembre il Trattato di adesione all’Unione Europea, mentre la Slovenia è in Europa dal 2004 ed è da tempo anche nell’area Euro.…

R. - La realtà è più imprevedibile, più incerta. Potrebbe vincere il partito attualmente all’opposizione, quello di centrodestra, ma in realtà sono nate nuove formazioni, come quella del sindaco indipendente di Lubiana, Jankovic, che in realtà è un liberale di sinistra, marginalizzando totalmente il Partito socialdemocratico, quello uscente. Abbiamo quindi una situazione di maggior destrutturazione del sistema politico: non crolla solo il partito di governo ma crolla il bipartitismo. Ricordiamo che questo è il primo voto anticipato per gli elettori dal 1991 ad oggi. Anche qui, la situazione è frutto del desolamento che c’è stato, dal 2008 in poi, della situazione economica. In particolare, c’è stato il raddoppio del debito pubblico, che in quattro anni è arrivato al 45 per cento, la disoccupazione che è arrivata all’11 per cento, mentre prima era a livelli strutturali. C’è stata inoltre una crisi di identità della Slovenia che, entrando nell’Unione Europea, pensava di arrivare ad essere un po’ “una Svizzera” dell’Ue ed invece si è ritrovata, anche dopo l’accesso all’Euro, con gravi problemi economico-finanziari.

D. - Parlando di Croazia e di Slovenia allarghiamo l’orizzonte per una riflessione sulla geopolitica dei Balcani…

R. - Slovenia e Croazia erano i candidati “buoni” dei Balcani, gli Stati più promettenti che erano usciti dalla “Jugo-sfera” per entrare nell’ “Euro-sfera”. Questo ingresso, però, si dimostra problematico. Non che fuori da quest’area, nei Balcani occidentali, ci sia una situazione migliore: in Bosnia la situazione potrei definirla pericolosa, in quanto da oltre un anno dalle elezioni non c’è un governo e le tensioni tra le due componenti statuali aumentano. La situazione in Kosovo non accenna a migliorare, l’Albania ha importanti problemi interni, legati anche alla democraticità del sistema politico ed elettorale, con il boicottaggio dell’opposizione. La Macedonia è bloccata anch’essa nel cammino europeo, non solo per il contenzioso sul nome con la Grecia ma anche per la situazione economica interna, nonostante avesse fatto una campagna di attrazione di investimenti esteri azzerando sostanzialmente le tasse sulle imprese che delocalizzavano lì. (vv)







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