A dicembre, il Papa chiede di pregare per la salvaguardia della dignità dei bambini,
veri annunciatori del Vangelo
“Perché i bambini e i giovani siano messaggeri del Vangelo e perché la loro dignità
sia sempre rispettata e preservata da ogni violenza e sfruttamento”. E’ questa l’intenzione
missionaria di preghiera di Benedetto XVI per il mese di dicembre. Nel tempo forte
che ci avvicina al Natale del Signore, il Papa rinnova dunque l’esortazione a pregare
per i bambini, la cui dignità è purtroppo spesso violata dagli adulti. Su questa intenzione,
Alessandro Gisotti ha raccolto la riflessione di padre Giulio Albanese,
direttore delle riviste delle Pontificie Opere Missionarie, tra cui “Il Ponte d’oro”,
mensile dell’Opera Infanzia Missionaria:
R. – Annuncio
e testimonianza del Vangelo, in fondo, a pensarci bene, è stato il tema della Giornata
missionaria mondiale che abbiamo celebrato ad ottobre: “Testimoni di Dio”. Ai ragazzi
questa proposta viene formulata nuovamente dal Santo Padre, non foss’altro perché
in ogni caso loro rappresentano il futuro. E' inutile nascondercelo: se vogliamo un
mondo migliore, un mondo decisamente diverso da quello attuale, bisogna investire
energia su di loro, ed è per questo che soprattutto la loro dignità va rispettata
innanzitutto attraverso un impegno da parte delle agenzie educative. Quando parliamo
di agenzie educative, inevitabilmente facciamo riferimento alla famiglia, alla scuola,
ma anche alla comunità cristiana nelle sue molteplici articolazioni.
D.
– A sostegno di quanto chiede il Papa in questa intenzione di preghiera, c’è in particolare
la Pontificia Opera dell’Infanzia missionaria. In qualche modo, questa realtà dimostra
che non è mai troppo presto per essere testimoni dell’amore cristiano…
R.
– La Pontificia Opera dell'Infanzia è nata proprio con un intento di tipo educativo:
aiutare i ragazzi a sperimentare la passione per la missione, per l’impegno. Questo
significa anche prendere coscienza del fatto che hanno bisogno di stimoli, bisogno
di modelli di riferimento a cui guardare, hanno bisogno di essere accompagnati. In
fondo, chi si propone come educatore nei loro confronti non deve guardarli come "oggetti",
quanto piuttosto come "soggetti", veri e propri protagonisti.
D. – Cosa
le hanno insegnato i bambini dell’Africa?
R. – Il sorriso è quello che
colpisce maggiormente. Si tratta di ragazzi che spesso nascono in contesti davvero
difficili e non sono certamente ragazzi viziati, non sono ragazzi che hanno sperimentato
la contaminazione del consumismo... In questo senso, io credo che la loro testimonianza
di vita, e soprattutto l’affiatamento che hanno nel contesto familiare, sia davvero
motivo di edificazione quando si guarda al cosiddetto “primo mondo”, mondo industrializzato
che sappiamo bene, in questo frangente della storia, sembra in crisi sistemica, sembra
davvero in grande difficoltà. Credo che, in fondo, la testimonianza che ci viene da
questi ragazzi sia l’affermazione della semplicità. (gf)