Sempre più isolato il regime di Damasco. La Commissione internazionale di inchiesta
indipendente istituita dal Consiglio diritti umani dell'Onu il 23 agosto scorso, in
un dettagliato rapporto presentato oggi a Ginevra, ha denunciato il fatto che ''crimini
contro l'umanità'' sono stati commessi in Siria dal marzo scorso nella repressione
delle proteste. Intanto, il ministro degli Esteri francese, Alain Juppè, ha affermato
che il regime siriano ha “i giorni contati”. La Lega Araba, da parte sua, ha varato
una serie di severe sanzioni nei confronti del regime siriano, accusato della durissima
repressione di piazza contro gli oppositori, una repressione che continua ogni giorno
a lasciare nuove vittime sul terreno. Il presidente Assad ed il suo entourage sono
totalmente isolati – afferma ancora Juppè – e c’è bisogno di organizzare corridoi
umanitari per alleviare le sofferenze della popolazione. Ma quale efficacia avranno
sulla Siria le sanzioni della Lega Araba? Giancarlo La Vella ne ha parlato
con Maria Grazia Enardu, docente di Storia delle Relazioni Internazionali all’Università
di Firenze:
R. – Dipende
non solo da quanto le sanzioni incideranno ma soprattutto dalla cornice politica nella
regione del Medio Oriente che queste sanzioni forniranno perché oltre a limitare alcune
cose come i viaggi di alti funzionari, i trasferimenti bancari che colpiranno le élite
della Siria, che finora è rimasta molto a guardare, soprattutto potranno fornire alla
Turchia, Paese importantissimo, la base per azioni molto forti tra cui il taglio delle
forniture elettriche che colpirebbe molto la popolazione civile ma sarebbe anche la
fine di un regime che rimarrebbe al buio.
D. - C’è il rischio per Damasco
che venga meno in maniera ufficiale l’appoggio di partner storici come ad esempio
la Russia?
R. – No, anzi, la Russia e anche l’Iran pare si apprestino
a continuare ad aiutare Assad: se la limitazione agli scambi commerciali, che alcuni
Paesi arabi vogliono porre in atto, inciderà sull’economia del Paese, cercheranno
di aiutarlo e questo naturalmente prolungherebbe ancora di più una sorta di agonia.
D.
– Alcuni osservatori, facendo una sorta di parallelo con la Libia, evidenziano come
il regime di Assad invece abbia una capacità di resistere molto più alta rispetto
a Gheddafi…
R. – Questo perché in Siria non è accaduto quello che è
accaduto in Libia, cioè i reparti corazzati, quei reparti dell’esercito forniti di
grosse armi, non hanno disertato, non si sono opposti contro il regime. Ci sono disertori
ma armati di armi leggere e finché il regime può contare sui reparti dell’esercito
più pesanti, da ogni punto di vista, manterrà un controllo della situazione.
D.
– Perché in Siria è mancato l’intervento sul terreno della comunità internazionale
e nonostante le gravi ricadute umanitarie di questa crisi?
R. – Sì,
manca certamente un intervento che sarebbe in Siria più esplosivo perché la Siria
è veramente incastrata in Paesi la cui importanza è vitale ma soprattutto manca un
chiaro appoggio sul terreno di ribelli in qualche modo riconoscibili, di organismi
in qualche modo ricevuti dal contesto internazionale. Se qualcuno in Siria, o con
chiarissimi riferimenti alla Siria, oppure operando all’esterno - come pare stia avvenendo
anche in Turchia -, non prende una sorta di controllo politico, militare, di un nucleo
di ribelli, non si sa neanche bene a chi rivolgersi. (bf)