Incontro al Consiglio d'Europa sull'importanza della dimensione religiosa nella storia
dei popoli
“La dimensione religiosa del dialogo interculturale”: è questo il tema del dibattito
voluto dal Consiglio d'Europa che ha riunito oggi e domani a Lussemburgo esponenti
di diverse religioni insieme con esperti di scambi culturali e rappresentanti di media.
Partecipano, mons. Aldo Giordano, osservatore permanente della Santa Sede preso il
Consiglio d'Europa, padre Laurent Mazas, delegato del Pontificio Consiglio per la
Cultura, padre Duarte da Cunha del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa
(Ccee). Ci sono poi ortodossi, ebrei, musulmani ed esponenti di movimenti atei. L'incontro
si tiene nell'Abbazia di Neumunster di Lussemburgo, dove si trova per noi Fausta
Speranza.
Nei locali
dell'austera Abbazia di Neumunster, il Consiglio d'Europa, organismo a 47 Paesi nato
per occuparsi di diritti umani, lancia un messaggio forte: per parlare di dialogo
interculturale e per promuovere pacifica convivenza delle diversità, in particolare
di fronte al crescere di estremismi, c'è bisogno delle religioni:
"The
problem of Europe is so much extremism..." E' stato lo stesso segretario
generale, Thorbjorn Jagland, ad aprire la conferenza con questo messaggio e a sottolinearne
dunque l'importanza con la sua presenza.
C'è poi Gabriella
Battaini Dragoni che è la direttrice generale dei Programmi del Consiglio
d'Europa e dunque la persona che segue da vicino l'impegno per la promozione del dialogo:
“Noi vediamo la religione come un elemento della nostra identità culturale
fondamentale. Questo sta ad indicare come sia necessario e indispensabile un dialogo
costruttivo e costante tra le autorità pubbliche, siano esse internazionali, nazionali
o locali e i rappresentanti delle diverse espressioni religiose in presenza, però,
anche della società civile e in presenza, oggi in particolare di rappresentanti del
mondo dei media. Il tema focale sarà proprio il ruolo dei media nel pacificare le
nostre società oppure nel rischio che una attività dei media inappropriata possa condurre
a creare ulteriori pregiudizi”.
Si tratta di un cammino fatto e di una
riscoperta, come sottolinea mons. Aldo Giordano osservatore permanente
della Santa Sede presso il Consiglio d'Europa:
“C’è una nuova coscienza
oggi di questa dimensione. In questi anni anche presso le istituzioni internazionali
si è diventati coscienti dell’importanza del ruolo della religione per i popoli e
per le culture. Questo tema era in qualche maniera un po’ obliato qualche anno fa,
invece adesso c’è la coscienza che non si può parlare della storia di un popolo, della
cultura di un popolo, dell’identità di un popolo, senza fare riferimento alla religione.
La prospettiva di questo incontro è anche interessante per noi per la dimensione religiosa
del dialogo interculturale. Qui non c’è la pretesa di fare un discorso strettamente
interreligioso - spetta alle religioni fare il discorso interreligioso - e nemmeno
di fare un discorso teologico; non c’è la competenza di pronunciarci su questioni
teologiche ma trovo che la prospettiva sia interessante perché coglie che la religione
ha un ruolo determinante per le identità dei popoli, per le culture. Per l’Europa
in particolare, noi ci riferiamo naturalmente al cristianesimo, perché nessuna pagina
degli ultimi due anni della storia europea è comprensibile senza riferimento alla
religione cristiana”.
Anche con mons. Giordano parliamo del ruolo dei
media:
“I media, oggi, sono certamente essenziali. Sono essenziali da
una parte per far comprendere la religioni e per favorire il dialogo fra le religioni
- infatti sono lo strumento migliore che abbiamo a disposizione per conoscerci, per
trasmettere le idee e per entrare in dialogo tra di noi - e dall’altra hanno una responsabilità
enorme, perché possono essere anche il luogo in cui vengono a crearsi i problemi più
grandi. Quando i media non rispettano la realtà e, in qualche modo, sono loro stessi
a presentare e creare una realtà, quando diventano unilaterali nel presentare delle
realtà così complesse come sono appunto le esperienze religiose, essi possono favorire
i grandi contrasti. Bisogna trattare la questione dei media sia per le religioni,
sia per conoscerci in maniera reciproca in un modo più profondo e sia per aiutarci
ad andare oltre certi stereotipi e certe unilateralità che oggi possono essere molto
pericolose. Tutti conosciamo i fatti e gli eventi pericolosi che, a volte, i media
hanno creato”.
A mons. Giordano chiediamo di ricordare il contributo
di sempre del Cristianesimo al dialogo:
“Il cristianesimo credo abbia
nel suo dna la dimensione dell’incontro con l’altro, del rispetto dell’altro ed ancor
più dell’amore per l’altro. Il cristianesimo ha nel suo cuore un evento: la Pasqua,
che è l’evento di un Dio, del Figlio di Dio che dà la propria vita per l’umanità,
e questo amore per l’umanità è confermato dalla Resurrezione. Per cui, più siamo coscienti
di questa nostra identità, più siamo capaci di approfondire quest’identità e più siamo
capaci di offrire uno spazio dove l’altro, l’altra cultura e l’altra religione possono
trovare in qualche modo una casa”.
Rappresentanti dei media sono presenti
anche per discutere sull'equilibrio da ricercare tra libertà di espressione dei mezzi
di comunicazione e rispetto della diversità culturale e religiosa.