Seggi aperti oggi nella Repubblica Democratica del Congo per le elezioni legislative
e presidenziali. 32 milioni gli aventi diritto chiamati al voto, in circa 64 mila
centri elettorali sparsi su tutto il territorio nazionale. La campagna elettorale
si è chiusa in un crescendo di violenze e tensione. Nei giorni scorsi, i sostenitori
del presidente uscente Kabila, dato per favorito, e di Tshisekedi, principale esponente
dell’esposizione, si sono affrontati nelle piazze a colpi di pietre e armi da fuoco,
provocando almeno 3 morti. Si teme che l’annuncio dei risultati possa portare ad una
recrudescenza delle violenze come conferma, al microfono di Eugenio Bonanata,
il giornalista Michele Luppi, esperto di Africa:
R. - Da questo
punto di vista, è importante notare come la commissione elettorale centrale abbia
vietato anche in una maniera abbastanza dura, ai giornali e ai media, di pubblicare
indiscrezioni e possibili risultati dell’esito delle elezioni prima delle comunicazioni
ufficiali. Questa è una presa di posizione molto forte che, da parte dei partiti di
opposizione, fa gridare un po’ alla volontà di poter coprire quelli che loro identificano
come dei possibili brogli che potrebbero esserci. Ma, dall’altra parte, dà un po’
anche il senso di quello che è un clima di tensione che realmente c’è nel Paese.
D.
– Quali sono le priorità per il Paese?
R. - Non si può negare che siano
stati fatti alcuni passi in avanti in questi anni. E’ però un Paese che ancora ha
bisogno da un lato di essere, di strutturarsi, ha bisogno di infrastrutture ma c’è
anche un bisogno di crescita di responsabilità della classe politica. Diciamo che
in Congo, negli ultimi anni, è cresciuta molto una società civile che è viva, che
è ricca, ma ci sono problemi economici e sociali molto forti; c’è una disparità tra
pochi ricchi e il resto della popolazione e da questo punto di vista la politica in
questi anni non è riuscita a dare le risposte che il popolo congolese si aspettava.
(bf)
Ma quali sono stati i grandi temi della campagna elettorale e qual
è l’offerta politica proposta dai candidati? Marco Guerra lo ha chiesto a Gianpaolo
Musumeci, giornalista freelance che sta seguendo le operazioni di voto da Kinshasa:
R. - I programmi
dei candidati sono tutti piuttosto evanescenti e molto fumosi. Quando scendono nei
dettagli si parla di grandi infrastrutture, fondamentalmente quello che era il programma
di Kabila, cioè le strade, la sanità pubblica, l’acqua, la sicurezza… Più che altro
si va per slogan, c’è una forte demagogia. L’elettorato congolese non ha una forte
coscienza politica e nemmeno civica. Questo sta un po’ svuotando la campagna elettorale
di quelli che dovrebbero essere invece i contenuti forti. Sia i candidati alla presidenza,
ma anche i 19.000 candidati all’assemblea nazionale per 500 posti, lavorano su una
promozione emotiva più che di contenuto reale politico.
D. - Queste
elezioni potranno dare una risposta all’annosa instabilità delle regioni orientali
fra cui il Nord Kivu?
R. - È difficile dire se la rielezione di Kabila
o di chi sarà al potere potrà risolvere il problema del Kivu. È un problema che va
avanti da tantissimo tempo, da decenni: è il vero centro nevralgico della zona dei
Grandi Laghi; è la vera polveriera. Sicuramente si può dire una cosa: senza una riforma
dell’apparato burocratico, senza eliminare la corruzione, senza una riforma dell’esercito
congolese e quindi un controllo reale serio e democratico del territorio, il Kivu
rimarrà ancora una polveriera.(bi)