Vigilia elettorale in Egitto, cova la tensione della piazza
Attesa una nuova giornata di manifestazioni in Egitto a meno di 24 ore dall’inizio
del lungo processo elettorale che dovrà ridisegnare l’assetto politico e istituzionale
del Paese. Il Consiglio supremo delle Forze armate ha fatto sapere di non voler accettare
alcuna pressione dalla piazza, che aveva reclamato la formazione di un governo affidato
all'ex direttore dell'Aiea, Mohamed El Baradei, e all'ex segretario generale della
lega Araba, Amr Mussa. Intanto, si susseguono gli appelli internazionali. La Francia
ha esortato i vertici militari a cedere il potere nelle mani dei civili, mentre la
responsabile della politica estera dell'Ue, Catherine Ashton ha chiesto di fermare
ogni violenza e il mantenimento dello Stato di diritto. In questo clima sarà possibile
domani andare alle urne? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Luciano Ardesi,
esperto di Nord Africa:
R. - Le elezioni
si svolgeranno sicuramente, perché così ha deciso il Consiglio supremo delle forze
armate. Bisogna vedere se non ci saranno reazioni di piazza o altre manifestazioni
che potranno in qualche modo disturbare lo svolgimento di questa tornata che, peraltro,
si prolunga per tre mesi. Quindi, l’intero processo elettorale dovrà essere tenuto
sotto sorveglianza.
D. - In questo quadro, la posizione mutata dei Fratelli
musulmani: come inquadrare il ruolo di quello che sarà forse il partito maggioranza
relativa?
R. - L’alleanza democratica, dominata dai militanti della
Fratellanza musulmana, si sta preparando al dopo elezioni. Chiaramente, cerca di posizionarsi
in un sistema in cui c’è ancora grande incertezza. Da una parte, quindi, l’alleanza
con i militari, dall’altra invece il fatto che non si siano presentati al tradizionale
appuntamento del venerdì in piazza Tahrir significa una presa di distanza anche da
eventuali manovre dei giovani che, in questi mesi, hanno tenuto viva la protesta e
la tensione politica nel Paese. È peraltro ancora troppo presto per conoscere il vero
peso di questa alleanza, perché il processo elettorale sarà molto lungo e solo alla
sua conclusione sapremo quali sono gli equilibri.
D. – Hai la sensazione
che la “primavera araba” in Egitto sia ancora estremamente viva, che non ci sia quella
stabilizzazione, quella pacatezza d’animo per voltare pagina sull’Egitto di Mubarak?
R.
– Sicuramente, la piazza ha tenuto viva la competizione politica, il dibattito politico,
ed è stata un punto di riferimento costante, soprattutto un contraltare rispetto al
Consiglio supremo delle forze armate che – con le ultime repressioni in ottobre contro
i copti, e da una decina di giorni anche nella piazza – sembra voler prolungare il
proprio potere anche oltre il desiderio della popolazione. Ci sarà però un passaggio
fondamentale: quello, cioè, dell’elezione del parlamento. A questo punto, dovranno
cercare in qualche modo di governare. E quello sarà il momento cruciale per la piazza:
trovare, cioè, una propria collocazione nella costruzione del futuro del Paese. (bi)