Congresso di Medici senza frontiere: la crisi economica non spenga la solidarietà
L’azione umanitaria è al centro del Congresso internazionale organizzato a Roma da
Medici Senza Frontiere, in occasione dei quarant’anni dell’organizzazione che opera
in decine di Paesi al mondo portando assistenza alle vittime di guerre, catastrofi
ed epidemie. L’evento, concluso ieri, ha riguardato diversi aspetti degli interventi
di soccorso sul territorio. Eugenio Bonanata ha intervistato Kostas Moschochoritis,
direttore generale della sezione italiana di Medici senza frontiere:
R. – La
sfida eterna per una organizzazione umanitaria è l’accesso alle popolazioni più bisognose:
questo è difficile che possa essere garantito. In questi giorni abbiamo l’esempio
della Somalia, dove l’accesso alla popolazione è compromesso. Un’altra sfida è quella
di essere sempre innovativi, sempre pronti a intervenire e, con la crescita dell’organizzazione,
a evitare di diventare “pesanti”, evitando quindi la troppa burocrazia e puntando
sempre a migliorare la qualità dei nostri interventi, anche in considerazione del
fatto che i contesti cambiano in continuazione.
D. - L’importanza di
coordinarsi sul terreno, quindi, chiama in causa anche i rapporti con l’esercito,
con i governi?
R. – Sì. Su questo fronte ci deve essere una chiarezza
di ruoli. Un intervento militare è un intervento militare e non può essere un intervento
umanitario, mentre l’intervento umanitario deve essere tale e cioè: indipendente,
imparziale, neutrale. Ciò posto, è ovvio che le organizzazioni umanitarie vanno in
posti dove comunque c’è un’autorità che può essere un governo legittimo o un gruppo
armato. Noi dobbiamo negoziare l’accesso alla popolazione con chi ha il potere sul
posto e questa è un’altra sfida difficile.
D. – Come guardate in queste
ore alla Siria?
R. – Non siamo presenti in Siria, abbiamo degli appoggi
all’esterno, ma in questo momento non ci sono le condizioni per essere operativi sul
posto.
D – Vi state muovendo?
R. – Sì, stiamo negoziando
il nostro accesso.
D. – In quali altri contesti siete presenti o pensate
di intervenire?
R. – In Libia, continua la nostra presenza dove stiamo
focalizzando il nostro intervento sui migranti che vivono in condizioni molto difficili.
Un altro contesto che rimane sempre di massima importanza è l’Afghanistan. Ci sono
poi tre malattie che per noi sono prioritarie. Una è la malnutrizione infantile per
la quale, insieme con altri partner, stiamo facendo una grande campagna per diffondere
l’utilizzo dei cibi terapeutici pronti all’uso, specifici per questa malattia. Le
altre due sono l’Hiv e la tubercolosi multiresistente. Nel caso di queste due malattie,
abbiamo un grande problema perché il “Global Fund” ha tagliato l’undicesimo giro di
finanziamenti e questo comporterà molti problemi per i Paesi poveri.
D.
- Quanto pesano la riduzione e i tagli nell’azione umanitaria?
R. –
Noi siamo un’organizzazione privata. I nostri fondi provengono al 90 per cento da
privati. La crisi, nel nostro caso, non è ancora evidente. Tuttavia, ci sono i primi
segnali di riduzione di generosità della gente a causa della crisi finanziaria, che
noi prendiamo in seria considerazione.(bf)