Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
In questa Prima Domenica di Avvento la Liturgia ci propone il passo del Vangelo in
cui Gesù invita i discepoli a vegliare perché non sanno quando è il momento: “È come
un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi
servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare”. Quindi ribadisce:
“Vegliate
dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte
o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non
vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!”.
Su
questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin,
docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
Con un tono
martellante, per tre volte si ripete in pochi versetti: Vegliate! Così si apre il
nuovo anno liturgico e inizia l’Avvento. Anche le ultime domeniche avevano questa
sottolineatura, ma sullo sfondo c’era il ritorno ultimo e glorioso del Signore, re
dell’universo. La fine e l’inizio si tendono così la mano, si passano il testimone
del richiamo ad una attesa, scrutando i segni dell’arrivo del Veniente. Ma l’orizzonte
di senso proclamato dalle altre due letture della Messa della prima domenica di Avvento,
dà una tonalità diversa alla pagina evangelica: più che sull’identità del Veniente,
l’enfasi è sull’atteggiamento vigile di noi che attendiamo. È come se il Veniente
fosse appena accennato, di cui però ha sete il cuore, mentre prima esso dominava la
scena, come re e giudice, sposo e pastore. Ora l’attesa è sentita come bisogno che
brucia dentro e fa sanguinare : ce ne parlano soprattutto Isaia e il Salmo 79. Ma
lo stesso Vangelo ci chiede di fare attenzione, di aspettarci la venuta a qualsiasi
ora. È proprio questo stile di attesa, questo non addormentarsi, lo stare all’erta
per coglierne la presenza, per gioire, per fare comunione, che orienta subito passi
e pensieri. È l’Avvento che si apre: tempo in cui si riprende il cammino, ma non tanto
come ritorno da capo, quanto come nuova stagione di fedeltà più matura e generosa.
Con occhi aperti e scrutatori, con cuore fiducioso che Dio sempre sorprende, con mani
operose e solidali per dare forma e vita alla novità donata.