Con la proiezione in anteprima di "Miracolo a Le Havre" del regista finlandese Aki
Kaurismäki, si è aperto ieri sera il Torino Film Festival che, da oggi al 3 dicembre,
porterà nel capoluogo piemontese titoli di registi impegnati e affermati, ma anche
molte novità, con alcune sezioni di grande rigore e interesse. Una kermesse che si
indirizza soprattutto ai giovani e al pubblico di appassionati. Da segnalare, una
retrospettiva dedicata a Robert Altman e tanti film e documentari capaci di declinare
diversamente la storia, la memoria, la malattia e la vita. Il servizio di Luca
Pellegrini:
Al mondo
ci sono festival di cinema d'ogni genere e tipo. Torino vive da 29 anni il suo. La
nuova edizione comprende ben 217 titoli, molte anteprime mondiali, ospiti di riguardo
come il regista finlandese Aki Kaurismäki insignito del Gran Premio Torino, sezioni
in cui è possibile scoprire talenti innovativi capaci di esprimere le migliori tendenze
contemporanee del cinema indipendente. Ogni festival, dunque, ha la sua anima. Quella
di Torino, il direttore Gianni Amelio la descrive con due parole:
"Metropolitana e giovane". Spiega così il perché:
R. - Il Festival
di Torino è un festival che vive all’interno di una città. Ed è una città molto colta
e curiosa di conoscere le novità, di informarsi e di sapere. Ci sono molti festival
che vivono magari in un ghetto. Questo vive su una via principale di una città e fa
parte integrante di tutto quello che è l’anima di questa città. E’ un’anima molto
aperta, soprattutto al “nuovo”. Il Festival di Torino si caratterizza, quindi, come
festival fatto di opere giovani. Noi non abbiamo il tappeto rosso, quindi non diamo
la caccia alla star, al glamour e a tutte quelle cose che pare siano obbligatorie
in un festival. Il nostro è un festival fatto a misura di spettatore normale.
D.
- A Torino i protagonisti sono prima di tutto i registi…
R. - Invitiamo
registi - soprattutto italiani - a raccontarci come hanno iniziato a fare il loro
mestiere. Questo lo faccio perché una parte del pubblico di Torino è fatta di persone
giovani che vorrebbero fare il cinema e quindi, venendo da noi, in qualche modo cercano
anche uno spiraglio di luce, una piccola via per poter entrare in questo mondo.
D.
- Dice di sè: "sono un direttore rabdomante". In che senso?
R. - Perché
noi andiamo a cercare il “nuovo” e non andiamo invece sul già conosciuto. Devi andare
dove il cinema sta nascendo, ma dove, probabilmente, è quasi bizzarro che nasca. In
provincia ci sono tanti giovani che fanno del cinema con i mezzi leggeri, spendendo
anche molto poco. E magari sono anche molto belli i loro film. Un altro festival non
li prenderebbe. Noi li vediamo, li valutiamo e se valgono, sono i benvenuti. (vv)