2011-11-24 15:05:26

Yemen: Saleh lascia il potere al suo vice ma le proteste continuano


È salito a cinque il numero di manifestanti dell'opposizione yemenita uccisi oggi a Sanaa da colpi d'arma da fuoco. Ne dà notizia la televisione Al Arabiya citando fonti mediche. Ieri c’è stato l’accordo per l’uscita di scena del presidente Saleh. Il servizio di Fausta Speranza:RealAudioMP3

Il corrispondente di Al Jazira sul posto afferma che miliziani in borghese del presidente Saleh hanno sparato contro i manifestanti che protestavano perché l'accordo per l’uscita di scena del presidente gli garantisce l'immunità. Il presidente Saleh si è piegato alle pressioni del popolo dopo 33 anni di potere firmando ieri l’accordo di transizione. Le migliaia di manifestanti anti-regime che da mesi sono accampati nel centro di Sanaa esultano ma sono decisi a chiedere che Saleh venga processato per le centinaia di vittime provocate dalla repressione. L'accordo, sponsorizzato dai sei Paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo (Arabia Saudita, Kuwait, Emirati Arabi Uniti, Oman, Qatar e Bahrein) è stato firmato da Saleh alla presenza del re saudita Abdullah nel corso di una cerimonia trasmessa in diretta televisiva. Il piano, che a partire dallo scorso aprile era stato rifiutato per tre volte da Saleh, prevede che egli mantenga la carica onorifica di presidente per tre mesi, trasferendo i poteri reali al suo vice, Abd Rabbo Mansour Hadi. Questi dovrà costituire un governo di unità con le opposizioni e indire nuove elezioni presidenziali. Se tutto procede come previsto, Saleh sarà il quarto leader a lasciare il potere dall'inizio della 'primavera araba', dopo quelli di Tunisia, Egitto e Libia. Ma in questo caso si tratterà di un'uscita concordata, tra l'altro ancora soggetta ad una serie di incognite, legate ad esempio alla composizione del governo e le cariche ai vertici delle forze armate.

La Siria apre le porte agli osservatori della Lega araba
La Siria ha accettato di sottoscrivere il protocollo sulla missione di osservatori della Lega araba. Il segretario generale della Lega, Nabil el Araby, ha ricevuto la risposta in un messaggio del ministero degli Esteri di Damasco. Il protocollo sarà firmato dal vice ministro degli Esteri, Faissal al Mikdad. Proprio questa mattina, la riunione del comitato ministeriale della Lega araba avrebbe affrontato la questione delle sanzioni alla Siria, che aveva rifiutato di porre fine alle violenze.

In Egitto l’esercito ammette violazioni dei diritti umani e promette un'inchiesta
Ancora migliaia le persone che hanno passato la notte a piazza Tahrir, al Cairo, dove sembra scesa la tensione nelle ultime ore. L'esercito si scusa per le vittime dei giorni scorsi e promette un'inchiesta. “Non nego che ci siano state molte violazioni, ma dobbiamo considerare anche il quadro complessivo e che i diritti umani vanno rispettati da entrambe le parti”. È quanto ha affermato il generale Mokhtar el Molla, del consiglio militare egiziano, durante una conferenza stampa. Sembra intanto reggere la tregua firmata per mettere fine alle violenze che da sabato hanno provocato oltre 35 morti, ma i manifestanti hanno fatto sapere che si preparano ad una mega-manifestazione per domani, ultimo venerdì prima delle elezioni legislative, che restano confermate per lunedì 28.

Proteste anche in Arabia Saudita
Le proteste arrivano anche in Arabia Saudita: gli scontri si sono verificati a Qatif, nell'est del Paese, durante una cerimonia funebre sciita. Quattro persone sono rimaste uccise dalle forze sicurezza saudite. Non è la prima volta che la comunità sciita manifesta contro le autorità di Riad.

Incidente al confine tra Israele ed Egitto, due morti e un ferito
Torna la tensione lungo il confine fra Israele ed Egitto. La scorsa notte si sono verificati due scontri a fuoco a distanza ravvicinata. Nel primo incidente sono rimasti uccisi due militari egiziani, probabilmente da parte di contrabbandieri. Due ore dopo, un contrabbandiere è stato ferito dal fuoco di una pattuglia israeliana, ma è riuscito a fuggire. Gli incidenti si sono verificati nella zona settentrionale del confine, nei pressi delle dune di Halutza. Israele ha dichiarato di non essere responsabile della morte dei militari egiziani. La scorsa estate, a ridosso del confine, l’esercito israeliano aveva ucciso alcuni militari egiziani in modo accidentale.

Oggi al Cairo incontro tra Abu Mazen e il leader di Hamas
È cominciato oggi al Cairo l’incontro tra il presidente dell'Anp Abu Mazen e il leader politico di Hamas, Khaled Meshaal. Durante il colloquio dovrebbero essere discussi numerosi aspetti della riconciliazione palestinese. L'ultimo incontro tra i due risale al 3 maggio scorso, sempre al Cairo. Nell’occasione fu firmato un accordo, tra Fatah e Hamas, che prevedeva la formazione di un governo indipendente con il compito di organizzare elezioni entro maggio del 2012.

I dissidenti iraniani nel campo iracheno di Ashraf rischiano la deportazione
Ieri l’Unione Europea è tornata a fare pressione sull’Iraq affinché il governo consenta alle Nazioni Unite di verificare lo status dei residenti nel campo di Ashraf. Il tempo stringe: Baghdad minaccia di espellere i dissidenti iraniani entro la fine dell’anno. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) si sta organizzando per determinare chi dei 3400 residenti nel campo può ottenere lo status di rifugiato. Questo permetterebbe loro di essere reinsediati, ma il governo iracheno si oppone fermamente. Ashraf, a 65 km da Baghdad, è la base dell’Organizzazione dei Mujaheddin del popolo iraniano. Prima che gli Usa deponessero Saddam Hussein, pianificavano attentati contro l’Iran. Il loro futuro è diventato incerto dopo l’insediamento del governo iracheno, che li considera una minaccia per la sicurezza. Da allora, denuncia Amnesty International, i dissidenti subiscono minacce da parte delle autorità e non hanno accesso a medicinali. In aprile, più di 30 residenti sono stati uccisi in uno scontro con le forze di sicurezza irachene. Baghdad ha fatto sapere al parlamento europeo che smantellerà il campo e trasferirà i suoi residenti in altri luoghi dell’Iraq per poi espellerli fuori dal Paese. Il capo della delegazione in Iraq dell’Ue ha detto che l’unico posto in cui i residenti potrebbero essere confinati è l’Iran. E, ha aggiunto, in quel caso andrebbero sicuramente incontro a torture ed esecuzioni.

Elezioni presidenziali in Gambia
Si svolgono oggi le elezioni presidenziali in Gambia, Paese dell'Africa occidentale e uno dei più piccoli Stati del Continente. Il servizio di Giulio Albanese:RealAudioMP3

Sono circa ottocentomila gli elettori aventi diritto in Gambia chiamati oggi a votare per le presidenziali nelle quali due candidati sfidano l’uscente Yahya Jammeh. Conquistato il potere nel 1994 con un colpo di Stato senza spargimenti di sangue Yahya Jammeh è poi stato rieletto per ben tre volte. Da rilevare che le opposizioni sono convinte che il presidente uscente farà di tutto per rimanere al potere. Non a caso la CEDEAO, l’organismo comunitario che riunisce 15 Paesi dell’Africa occidentale, in un comunicato diffuso alla vigilia, ha denunciato le intimidazioni del governo ai danni di gruppi dell’opposizione; una premessa che inquina una elezione che - si afferma - non potrà essere in alcun modo libera e trasparente. Per questo la CEDEAO - conclude il comunicato - ha deciso di non inviare i propri osservatori in Gambia. 1.302 i seggi allestiti nelle sette aree amministrative in cui è divisa l’ex colonia britannica per un voto che non lascia molti spazi al cambiamento, considerando peraltro che le opposizioni si presentano alla competizione elettorale divise.

Scontri fra serbi e militari Kfor nel nord del Kosovo
Ventuno militari della Kfor sono rimasti feriti negli scontri avvenuti la notte scorsa nei pressi di una barricata eretta dai serbi nel nord del Kosovo. I disordini sono cominciati quando i soldati della Nato hanno cercato di abbattere, senza successo, un blocco stradale dei manifestanti vicino a Zvecan, alla frontiera con la Serbia. Sempre nella notte, due bombe sono esplose nella parte serba di Kosovska Mitrovica, la città del nord del Kosovo divisa in due settori, uno serbo e uno albanese.

Bielorussia: quattro anni e mezzo di reclusione a difensore dei diritti umani
In Bielorussia, un tribunale di Minsk ha condannato a quattro anni e mezzo di reclusione per evasione fiscale il difensore dei diritti umani Ales Bialiatski. L’attivista è presidente del Centro di difesa per i diritti umani Viesna, storico gruppo di oppositori del presidente bielorusso Lukashenko. Per la Ue si tratta di un verdetto “politico” e ne chiede il rilascio immediato. Bialiatski era stato arrestato a Minsk il 4 agosto per i suoi conti bancari privati in Lituania e Polonia. Secondo l’imputato si tratta di denaro pagato da Ong straniere per sostenere le attività di Viesna. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Giovanni Cossu)

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 328







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