Yemen: Saleh lascia il potere al suo vice ma le proteste continuano
È salito a cinque il numero di manifestanti dell'opposizione yemenita uccisi oggi
a Sanaa da colpi d'arma da fuoco. Ne dà notizia la televisione Al Arabiya citando
fonti mediche. Ieri c’è stato l’accordo per l’uscita di scena del presidente Saleh.
Il servizio di Fausta Speranza:
Il corrispondente
di Al Jazira sul posto afferma che miliziani in borghese del presidente Saleh hanno
sparato contro i manifestanti che protestavano perché l'accordo per l’uscita di scena
del presidente gli garantisce l'immunità. Il presidente Saleh si è piegato alle pressioni
del popolo dopo 33 anni di potere firmando ieri l’accordo di transizione. Le migliaia
di manifestanti anti-regime che da mesi sono accampati nel centro di Sanaa esultano
ma sono decisi a chiedere che Saleh venga processato per le centinaia di vittime
provocate dalla repressione. L'accordo, sponsorizzato dai sei Paesi del Consiglio
di cooperazione del Golfo (Arabia Saudita, Kuwait, Emirati Arabi Uniti, Oman, Qatar
e Bahrein) è stato firmato da Saleh alla presenza del re saudita Abdullah nel corso
di una cerimonia trasmessa in diretta televisiva. Il piano, che a partire dallo scorso
aprile era stato rifiutato per tre volte da Saleh, prevede che egli mantenga la carica
onorifica di presidente per tre mesi, trasferendo i poteri reali al suo vice, Abd
Rabbo Mansour Hadi. Questi dovrà costituire un governo di unità con le opposizioni
e indire nuove elezioni presidenziali. Se tutto procede come previsto, Saleh sarà
il quarto leader a lasciare il potere dall'inizio della 'primavera araba', dopo quelli
di Tunisia, Egitto e Libia. Ma in questo caso si tratterà di un'uscita concordata,
tra l'altro ancora soggetta ad una serie di incognite, legate ad esempio alla composizione
del governo e le cariche ai vertici delle forze armate.
La Siria apre
le porte agli osservatori della Lega araba La Siria ha accettato di sottoscrivere
il protocollo sulla missione di osservatori della Lega araba. Il segretario generale
della Lega, Nabil el Araby, ha ricevuto la risposta in un messaggio del ministero
degli Esteri di Damasco. Il protocollo sarà firmato dal vice ministro degli Esteri,
Faissal al Mikdad. Proprio questa mattina, la riunione del comitato ministeriale della
Lega araba avrebbe affrontato la questione delle sanzioni alla Siria, che aveva rifiutato
di porre fine alle violenze.
In Egitto l’esercito ammette violazioni dei
diritti umani e promette un'inchiesta Ancora migliaia le persone che hanno
passato la notte a piazza Tahrir, al Cairo, dove sembra scesa la tensione nelle ultime
ore. L'esercito si scusa per le vittime dei giorni scorsi e promette un'inchiesta.
“Non nego che ci siano state molte violazioni, ma dobbiamo considerare anche il quadro
complessivo e che i diritti umani vanno rispettati da entrambe le parti”. È quanto
ha affermato il generale Mokhtar el Molla, del consiglio militare egiziano, durante
una conferenza stampa. Sembra intanto reggere la tregua firmata per mettere fine alle
violenze che da sabato hanno provocato oltre 35 morti, ma i manifestanti hanno fatto
sapere che si preparano ad una mega-manifestazione per domani, ultimo venerdì prima
delle elezioni legislative, che restano confermate per lunedì 28.
Proteste
anche in Arabia Saudita Le proteste arrivano anche in Arabia Saudita: gli scontri
si sono verificati a Qatif, nell'est del Paese, durante una cerimonia funebre sciita.
Quattro persone sono rimaste uccise dalle forze sicurezza saudite. Non è la prima
volta che la comunità sciita manifesta contro le autorità di Riad.
Incidente
al confine tra Israele ed Egitto, due morti e un ferito Torna la tensione lungo
il confine fra Israele ed Egitto. La scorsa notte si sono verificati due scontri a
fuoco a distanza ravvicinata. Nel primo incidente sono rimasti uccisi due militari
egiziani, probabilmente da parte di contrabbandieri. Due ore dopo, un contrabbandiere
è stato ferito dal fuoco di una pattuglia israeliana, ma è riuscito a fuggire. Gli
incidenti si sono verificati nella zona settentrionale del confine, nei pressi delle
dune di Halutza. Israele ha dichiarato di non essere responsabile della morte dei
militari egiziani. La scorsa estate, a ridosso del confine, l’esercito israeliano
aveva ucciso alcuni militari egiziani in modo accidentale.
Oggi al Cairo
incontro tra Abu Mazen e il leader di Hamas È cominciato oggi al Cairo l’incontro
tra il presidente dell'Anp Abu Mazen e il leader politico di Hamas, Khaled Meshaal.
Durante il colloquio dovrebbero essere discussi numerosi aspetti della riconciliazione
palestinese. L'ultimo incontro tra i due risale al 3 maggio scorso, sempre al Cairo.
Nell’occasione fu firmato un accordo, tra Fatah e Hamas, che prevedeva la formazione
di un governo indipendente con il compito di organizzare elezioni entro maggio del
2012.
I dissidenti iraniani nel campo iracheno di Ashraf rischiano la deportazione Ieri
l’Unione Europea è tornata a fare pressione sull’Iraq affinché il governo consenta
alle Nazioni Unite di verificare lo status dei residenti nel campo di Ashraf. Il tempo
stringe: Baghdad minaccia di espellere i dissidenti iraniani entro la fine dell’anno.
L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) si sta organizzando
per determinare chi dei 3400 residenti nel campo può ottenere lo status di rifugiato.
Questo permetterebbe loro di essere reinsediati, ma il governo iracheno si oppone
fermamente. Ashraf, a 65 km da Baghdad, è la base dell’Organizzazione dei Mujaheddin
del popolo iraniano. Prima che gli Usa deponessero Saddam Hussein, pianificavano attentati
contro l’Iran. Il loro futuro è diventato incerto dopo l’insediamento del governo
iracheno, che li considera una minaccia per la sicurezza. Da allora, denuncia Amnesty
International, i dissidenti subiscono minacce da parte delle autorità e non hanno
accesso a medicinali. In aprile, più di 30 residenti sono stati uccisi in uno scontro
con le forze di sicurezza irachene. Baghdad ha fatto sapere al parlamento europeo
che smantellerà il campo e trasferirà i suoi residenti in altri luoghi dell’Iraq per
poi espellerli fuori dal Paese. Il capo della delegazione in Iraq dell’Ue ha detto
che l’unico posto in cui i residenti potrebbero essere confinati è l’Iran. E, ha aggiunto,
in quel caso andrebbero sicuramente incontro a torture ed esecuzioni.
Elezioni
presidenziali in Gambia Si svolgono oggi le elezioni presidenziali in Gambia,
Paese dell'Africa occidentale e uno dei più piccoli Stati del Continente. Il servizio
di Giulio Albanese:
Sono circa
ottocentomila gli elettori aventi diritto in Gambia chiamati oggi a votare per le
presidenziali nelle quali due candidati sfidano l’uscente Yahya Jammeh. Conquistato
il potere nel 1994 con un colpo di Stato senza spargimenti di sangue Yahya Jammeh
è poi stato rieletto per ben tre volte. Da rilevare che le opposizioni sono convinte
che il presidente uscente farà di tutto per rimanere al potere. Non a caso la CEDEAO,
l’organismo comunitario che riunisce 15 Paesi dell’Africa occidentale, in un comunicato
diffuso alla vigilia, ha denunciato le intimidazioni del governo ai danni di gruppi
dell’opposizione; una premessa che inquina una elezione che - si afferma - non potrà
essere in alcun modo libera e trasparente. Per questo la CEDEAO - conclude il comunicato
- ha deciso di non inviare i propri osservatori in Gambia. 1.302 i seggi allestiti
nelle sette aree amministrative in cui è divisa l’ex colonia britannica per un voto
che non lascia molti spazi al cambiamento, considerando peraltro che le opposizioni
si presentano alla competizione elettorale divise.
Scontri fra serbi
e militari Kfor nel nord del Kosovo Ventuno militari della Kfor sono rimasti
feriti negli scontri avvenuti la notte scorsa nei pressi di una barricata eretta dai
serbi nel nord del Kosovo. I disordini sono cominciati quando i soldati della Nato
hanno cercato di abbattere, senza successo, un blocco stradale dei manifestanti vicino
a Zvecan, alla frontiera con la Serbia. Sempre nella notte, due bombe sono esplose
nella parte serba di Kosovska Mitrovica, la città del nord del Kosovo divisa in due
settori, uno serbo e uno albanese.
Bielorussia: quattro anni e mezzo di
reclusione a difensore dei diritti umani In Bielorussia, un tribunale di Minsk
ha condannato a quattro anni e mezzo di reclusione per evasione fiscale il difensore
dei diritti umani Ales Bialiatski. L’attivista è presidente del Centro di difesa per
i diritti umani Viesna, storico gruppo di oppositori del presidente bielorusso Lukashenko.
Per la Ue si tratta di un verdetto “politico” e ne chiede il rilascio immediato. Bialiatski
era stato arrestato a Minsk il 4 agosto per i suoi conti bancari privati in Lituania
e Polonia. Secondo l’imputato si tratta di denaro pagato da Ong straniere per sostenere
le attività di Viesna. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Giovanni
Cossu)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV
no. 328