Iraq: una scuola per i giovani cristiani in fuga dalle violenze
È entrata nel vivo delle sue funzioni la scuola cristiana di Mar Qardakh, inaugurata
lo scorso 12 novembre a Erbil, città del nord Iraq divenuta una delle mete obbligate
per i cristiani in fuga dalle violenze negli altri centri del Paese. Al momento, l’Istituto
prevede classi che vanno dalla prima elementare alla fine della scuola secondaria
e conta 174 iscritti. Il corpo docente è formato da 27 giovani laureati iracheni,
coordinati da due coppie cristiane specializzate nel campo educativo. “Non è facile
essere cristiani in Iraq. Ci vuole molta fede e molto coraggio. La cultura è certamente
un mezzo valido per affermare il nostro ruolo di cittadini a pieno titolo nel Paese”,
dice all’agenzia Sir l’arcivescovo caldeo di Erbil, Bashar M. Warda, spiegando i motivi
che lo hanno spinto a fondare la scuola. “L’insegnamento – prosegue mons. Warda –
verrà impartito in inglese. La seconda lingua obbligatoria è il francese e gli studenti
seguiranno anche corsi a scelta tra arabo e curdo”. “Il progetto per la scuola primaria
e secondaria è nato circa dieci mesi fa – aggiunge ancora il presule – l’edificio
è sorto su un terreno di proprietà dell’arcidiocesi e con un investimento di tre milioni
e 400 mila dollari, dei quali un milione e 600 mila donati dal governo americano attraverso
l’Ufficio per la tutela delle minoranze dell’ambasciata Usa in Iraq e il resto messo
a disposizione dall’arcidiocesi”. Oltre a formare i cittadini iracheni del domani,
la scuola, con il futuro ospedale e l'università, si propone, nelle intenzioni dell’arcivescovo
caldeo, “di dare lavoro a tanti cristiani che in molti casi hanno dovuto lasciare
le proprie case senza portarsi dietro nulla, ma che hanno delle professionalità che
sarebbe un peccato sprecare”. “Il fenomeno della migrazione degli iracheni cristiani
verso l’estero ha purtroppo decimato la comunità, un problema spesso denunciato come
segno di una possibile completa sparizione della comunità dal Paese”, ammette mons.
Warda, per il quale “denunciare non basta”. “Chi è rimasto – sottolinea convinto –
ha bisogno sì di incoraggiamento ma anche di lavorare, costruirsi un futuro dignitoso
senza dover dipendere dagli altri, Chiesa o governo che sia”. All’inaugurazione erano
presenti anche il nunzio apostolico in Giordania ed Iraq, l'arcivescovo Giorgio Lingua,
il governatore di Erbil, Nauzad Hadi, e il console generale americano in Kurdistan,
Alexander Laskaris. (M.G.)