Cambogia: a processo gli ultimi leader del regime dei Khmer Rossi
In Cambogia si è aperto ieri il processo contro tre alti dirigenti del regime comunista
dei Khmer Rossi, che dovranno rispondere di genocidio e crimini contro l'umanità.
Fra gli imputati, il fratello del dittatore Pol Pot, Nuon Chea, considerato il numero
due del regime, nonché l'allora ministro degli Esteri, Ieng Sary, insieme con il leader
del partito marxista "Kampucea democratica", Khieu Samphan. Centinaia di persone hanno
assistito all’udienza, ma molti sopravvissuti criticano la lentezza del processo,
dopo 15 anni di fase istruttoria. Gli imputati sono ultraottantenni e respingono le
accuse. Tra il 1975 e il 1979, la dittatura dei Khmer provocò oltre due milioni di
morti, quasi un quarto della popolazione del Paese asiatico. Milioni di persone furono
trasferite forzatamente in campi di lavoro disumani dove morirono di stenti tra violenze
e crudeltà. “Il partito comunista di Kampuchea trasformò la Cambogia in un immenso
campo di schiavi, imponendo a un'intera popolazione un sistema che ancora oggi è difficile
da comprendere”, ha sottolineato il procuratore nazionale, Chea Leang. “Crimini tra
i peggiori inflitti a una nazione nella storia moderna. La loro colpevolezza – ha
aggiunto il procuratore internazionale, Adrew Cayley, riferendosi ai tre imputati
– può essere provata senza che siano forniti ulteriori elementi”. Il processo, nel
quale si sono costituite circa quattromila parti civili, è il secondo davanti a un
Tribunale internazionale. Nel luglio 2010, Kaing Guek Eav, conosciuto come il compagno
Duch, responsabile del famigerato Centro di tortura "S-21", fu condannato a 30 anni
di prigione per la morte di 15 mila persone. (M.G.)