I politici africani superino gli egoismi, il Benin esempio di pacifica convivenza
religiosa: così il Papa durante il volo verso Cotonou
Un Paese dove la democrazia è un esempio e la pacifica convivenza fra le varie religioni
un fatto. È questo il positivo “ritratto” che Benedetto XVI ha fatto del Benin, meta
del suo 22.mo viaggio apostolico. Parlando con i giornalisti presenti sul volo papale,
durante la lunga trasferta verso il piccolo Stato africano, Benedetto XVI ha anche
rivolto un appello ai politici del continente a superare gli egoismi. E sulla capacità
del cristianesimo di radicarsi nella realtà africana, il Papa ha auspicato che più
che di inculturazione, si possa parlare di “incontro fra le culture”. Il servizio
di Alessandro De Carolis:
L’Africa
è un continente tuttora pervaso di freschezza religiosa e di “vitalità”. Il Benin
– con lo stabile dialogo che caratterizza i rapporti tra le religioni – costituisce
un “fattore di pace e libertà”. Da parte sua, il cristianesimo in Africa deve saper
esprimere con autenticità la presenza di Cristo, senza per questo apparire “difficile”,
e favorire quindi l’incontro fra le culture e la fraternità. E ancora, un affettuoso
ritratto del cardinale Bernardin Gantin, padre della patria del Benin e indimenticato
amico del Pontefice. Innumerevoli spunti concentrati in un quarto d’ora di domande
e risposte ad “alta densità”. Benedetto XVI ha subito spiegato le ragioni della sua
visita in Benin. La prima, ha detto, “è che il Benin è un Paese in pace”, dentro e
fuori. “Funzionano” le istituzioni democratiche e si respira uno “spirito di libertà
e responsabilità”, di giustizia e di senso del “lavoro per il bene comune”. Poi, ha
osservato, pur in presenza di una “grande diversità di religioni”…
“…queste
diverse religioni convivono nel rispetto reciproco e nella responsabilità comune per
la pace, per la riconciliazione interna ed esterna. Mi sembra che questa convivenza
tra le religioni e il dialogo interreligioso come fattore di pace e di libertà siano
un aspetto importante”.
Alla domanda su come il cristianesimo viva
il confronto con il crescente affermarsi delle Chiese evangeliche o pentecostali –
che propongono una fede attraente e, per certi versi, “semplificata” – il Papa ha
detto con chiarezza: “Non dobbiamo imitare queste comunità, ma chiederci cosa possiamo
fare noi per dare nuova vitalità alla fede cattolica”. A partire, ha indicato, dall’annuncio
di un “messaggio semplice, profondo, comprensibile”:
“Importante
è che il cristianesimo non appaia come un sistema difficile, europeo, che un altro
non possa comprendere e realizzare, ma come un messaggio universale che affermi che
c’è Dio, (…) che Dio ci conosce e ci ama e che la religione vissuta fa nascere la
collaborazione e la fraternità (…) Inoltre, che l’istituzione non sia troppo pesante:
è sempre molto importante che sia prevalente l’iniziativa della comunità e della persona.
E infine, direi anche una liturgia partecipativa ma non sentimentale: non deve essere
basata solo sull’espressione dei sentimenti, ma caratterizzata dalla presenza del
mistero nella quale noi entriamo, dalla quale ci lasciamo formare”.
Importante,
ha affermato subito dopo il Pontefice, è pure “non perdere l’universalità” nell’inculturazione.
Anzi, ha detto, “preferirei parlare di interculturalità, non tanto di inculturazione,
cioè di un incontro delle culture” e “così crescere anche nella fraternità universale”,
aiutati da quel grande valore che è la cattolicità. La terza domanda ha riguardato
l’aspetto più politico dell’Africa, terra – è stato rilevato – di molte operazioni
di peacekeeping, di conferenze di riconciliazione e verità nazionali. Benedetto XVI
ha riconosciuto che ciò che conta per il progresso civile è superare la barriera dell’“egoismo”.
Tuttavia, per meglio comprendere quale messaggio sul punto intenda indirizzare al
continente, il Pontefice ha rimandato all’Esortazione postsinodale che consegnerà
alla Chiesa africana. E alla domanda successiva, la quarta, che chiedeva al Papa se
ritenesse l’Africa protagonista dell’evangelizzazione nel resto del mondo, specie
in quello occidentale in defcit di speranza, Benedetto XVI ha replicato che, certamente
il continente patisce “grandi difficoltà”...
“… tuttavia questa freschezza
della vita che c’è in Africa, la gioventù così piena di entusiasmo e di speranza,
ma anche di umorismo e di allegria, ci mostra che c’è qui una riserva di umanità:
c’è ancora la freschezza del senso religioso e della speranza, c’è ancora una percezione
della realtà metafisica, della realtà nella sua totalità con Dio. Non la riduzione
al positivismo, che restringe la nostra vita, la fa un po’ arida e spegne anche la
speranza“.
L’ultima domanda ha riguardato la figura del cardinale
Bernardin Gantin. Il Papa ha detto di averlo incontrato per la prima volta a Monaco,
nel 1977, in occasione dell’ordinazione ad arcivescovo. “Era venuto – ha spiegato
– perché uno dei suoi alunni era mio allievo”. Poi, ha raccontato, la successiva,
lunga collaborazione condivisa in Vaticano alla testa dei rispettivi dicasteri ha
cementato una bella e solida amicizia:
“Ne ho sempre ammirato la
sua intelligenza pratica e profonda e il suo senso di discernimento, il suo non cadere
su certe fraseologie bensì comprendere che cosa fosse l’essenziale e cosa non avesse
senso. E poi quel suo senso dell’umorismo, davvero molto bello… Ma soprattutto era
un uomo di profonda fede e di preghiera. Tutto questo ha fatto del cardinale Gantin
non solo un amico ma anche un esempio da seguire, quello di un grande vescovo africano
cattolico“.
Ora sono veramente lieto, ha concluso Benedetto XVI,
di poter “pregare sulla sua tomba e sentire la sua vicinanza e la sua grande fede”.
Subito dopo la conslusione del discorso del Papa, il direttore della Sala Stampa Vaticana,
padre Federico Lombardi, ha rivelato l’identità dell’“allievo” di un tempo, grazie
al quale i cardinali Ratzinger e Gantin fecero la loro conoscenza: si tratta del vescovo
beninese Barthélemy Adoukonou, oggi segretario del Pontificio Consiglio della Cultura,
tra i membri del seguito papale in questo viaggio apostolico.