2011-11-17 08:36:32

L'impegno della Chiesa in Benin per la giustizia e lo sviluppo del Paese


La visita del Papa in Benin coincide col ventesimo anniversario dell’arrivo in questa terra dei Francescani dell’Immacolata. Ad Allada, nel Sud del Paese, hanno dato origine al Centro Mariano dell’arcidiocesi di Cotonou, con la realizzazione di un santuario mariano dedicato alla “Madre della Divina Misericordia”, e creato il network radiofonico “Radio Immaculée Conception”. Nel Nord del Benin, a Bembereké, oltre alla casa di formazione, l’istituto sta anche avviando un’importante opera sociale di aiuto agli studenti più poveri. Il nostro inviato in Benin, Massimiliano Menichetti, ha intervistato padre Michele Maria Iorio, rettore del Santuario di Allada:RealAudioMP3

R. – Il Papa, venendo, parlerà in un linguaggio basato sui valori fondamentali, i diritti fondamentali, i temi che interessano tutti, specialmente lì dove si vive la sofferenza, la povertà, dove mancano tante cose. Senz’altro sarà un rilancio dei valori umani da vivere e da incarnare sempre più e sempre meglio, e sarà un rilancio, una spinta forte di evangelizzazione, una conferma nella fede, proprio come Gesù disse a San Pietro: “Confermali nella fede”. Quindi, è una grazia – veramente – per tutta l’Africa e in particolare per il Benin e anche per noi Francescani dell’Immacolata che celebriamo 20 anni della nostra presenza.

D. – Che cosa è cambiato in questi 20 anni?

R. – Il Benin è un Paese abbastanza povero; come molti Paesi dell’Africa, ma è un Paese che si sta sviluppando anche se lentamente per quanto riguarda le strade, le scuole, gli ospedali, internet … Direi, forse, che ha bisogno di svilupparsi nel modo giusto. Il Papa può aiutare proprio su questo versante del giusto sviluppo, nella coniugazione tra fede e ragione piuttosto che sotto l’influenza di altri operatori a livello mondiale.

D. – Quali sono, secondo la sua esperienza, i problemi più grandi che ha il Paese e come si possono risolvere?

R. – Il popolo, per esempio: il popolo povero paga la scuola, paga gli ospedali, le medicine quando sappiamo che non possono permetterselo. Quindi, da una parte si incoraggia ad andare a scuola, ma dall’altra parte non si dà nessun aiuto in concreto. Gli orfani sono tanti: chi li cura? E’ la Chiesa cattolica che spesso realizza queste opere. Quindi, noi ci auguriamo che veramente questa venuta del Papa possa essere come un campanello d’allarme, uno stimolo forte anche per lo Stato e per i suoi governanti, affinché si mettano concretamente a servizio del popolo favorendolo nelle primarie necessità. Confidiamo e accompagniamo ogni cosa con la preghiera perché, come ben sappiamo, la preghiera è come l’acqua e fa germogliare ogni seme. Il Papa viene a seminare, poi bisognerà innaffiare con la preghiera.

D. – I Francescani dell’Immacolata hanno realizzato e dedicato un Santuario alla Madre della Divina Misericordia. Che significato ha questa realtà nel Benin?

R. – In Benin, la Chiesa cattolica si divide in dieci diocesi sparse su tutto il territorio: il Benin è un terzo dell’Italia, più o meno. Quasi ogni diocesi ha un suo Santuario, in genere un Santuario mariano, che è anche come un centro di unità, per così dire. E poi, per tutto il Benin c’è un Santuario nazionale che si pone anche fisicamente, proprio, al centro del Paese. Il Paese è stato consacrato alla Vergine Maria in più occasioni, e quindi si avverte molto la presenza della Madonna: tramite Maria per arrivare alla pienezza della Verità, ossia a Gesù Cristo, il Figlio di Dio incarnato.

D. – Come sono i rapporti con le altre realtà religiose del Paese?

R. – Si vive gomito a gomito con le altre religioni; c’è la realtà dei musulmani e poi la religione tradizionale. C’è convivenza pacifica. Questa unità è un’unità anche per tutto il popolo beninese. La statua di Nostra Signora della Divina Misericordia, collocata e venerata nel nostro Santuario, rappresenta la Madonna con il manto e sotto il suo manto ci sono i bambini di un po’ tutte le razze. E’ un’immagine che fa capire quale sia l’invito all’unità.

D. – Un particolare momento di incontro sarà a Ouidah, dove il Papa incontrerà i sacerdoti, i seminaristi, i religiosi ed i fedeli laici …

R. – Una grazia nella grazia! Il Papa viene per incoraggiarci, anche per correggerci lì dove sbagliamo, affinché il cattolicesimo sia veramente puro, integrale, profondo senza contaminazione, e la testimonianza sia vera, piena, forte…

D. – Cosa donerete al Papa?

R. – Soprattutto questa testimonianza di radicalità, di amore appassionato a Gesù Cristo e al Vangelo, di veri testimoni della Chiesa insieme al Papa. Per noi la venuta del Papa è una spinta, ci incoraggia ad essere veramente generosi verso la santità, come San Massimiliano Maria Kolbe e San Francesco d’Assisi, dei quali seguiamo le tracce.

D. – E qual è il consiglio per seguire il viaggio del Papa?

R. – Impegniamoci tutti per accompagnare il viaggio del Papa con la nostra preghiera. (gf)

Tra i missionari laici impegnati in Benin c’è anche Carla Baraldi da 37 anni in Africa. Oggi è responsabile della “Casa della Gioia” delle Suore Albertine a Pèrèrè, nel Nord del Paese, struttura che aiuta i bambini senza genitori. Il nostro inviato Massimiliano Menichetti l’ha intervistata:RealAudioMP3

R. – C’è un grande fermento per questa visita e penso che sia molto importante per il Benin, come per tanti altri Stati africani. La sua visita in Benin non è solo un avvenimento, è qualcosa che coinvolge tutta l’Africa. Il Papa è il successore di Pietro e incarna la fedeltà a Cristo, la pace, il servizio, la riconciliazione. Sicuramente darà un grande impulso. Si aspettano delle parole di incoraggiamento: tutti ci aspettiamo questo.

D. – Lei è responsabile di un istituto di orfani. Qual è la vostra realtà?

R. – Abbiamo attualmente una trentina di bambini orfani, orfani solo di mamma. Il papà viene a prendere il bambino di due anni e viene a visitarlo: lo sollecitiamo, ma qui la paternità è molto labile.

D. – Perché c’è un’incidenza così alta della mortalità femminile?

R. – Perché le donne qui, purtroppo, e soprattutto in un’etnia, la tribù dei fon, che sono nomadi - viaggiano e si spostano molto con le mucche - non vogliono essere viste e toccate da nessuno. Non facendo, quindi, visite prenatali, non si riesce nemmeno ad individuare casi curabili o per i quali si prevedono difficoltà al parto, emorragie o infezioni fulminanti. Quindi, muoiono in questi accampamenti, che sono capanne di fortuna.

D. – Il papà riprende il bambino dopo i due anni, ma chi si prende cura di loro?

R. – C’è sempre una nonna che si occupa del bambino. Adesso stiamo pensando con le suore di cambiare il volto dell’orfanotrofio: vorremmo che le nonne venissero qui – e infatti ne abbiamo una decina – con il loro bimbo, così si affezionano di più al bambino.

D. – Lei è stata sia nel Sud sia nel Nord del Benin, c’è differenza?

R. – Certo, c’è la differenza della religione. Al Sud sono molto cattolici e c’è una presenza musulmana, ma è piccola. Al Nord son tutti musulmani e nel nostro Paese di Pèrèrè, la domenica, la chiesa non si riempie: saremo un centinaio di persone. Al Sud i bambini vanno molto più a scuola, anche se noi, soprattutto con gli orfani, insistiamo e stiamo facendo un bel lavoro. Qui appena un bimbo compie cinque o sei anni, prende il bastone o una borraccia e va con quelli più grandi a pascolare le mucche. La scuola è vista come un intralcio.

D. – C’è differenza di povertà tra il Nord e il Sud?

R. – Abbastanza. Il Nord è più povero, perché ha anche meno risorse. Chi lavora forse guadagna mille franchi locali che equivalgono a nemmeno un euro al giorno.

D. – Cosa fa la Chiesa?

R. – La Chiesa qui sta facendo molto, aiuta in ogni modo. Porta la Parola di Cristo, è qui per evangelizzare – che è una cosa lunghissima – è qui per animare, per consentire di vivere meglio, per curare i bambini…

D. – Cosa significa la vostra presenza in un contesto del genere?

R. – La nostra presenza è ben vista, perché non facciamo nessuna distinzione, curiamo l’uomo e questo lo vedono: vedono che noi non lo facciamo per un interesse materiale. Dico sempre ai papà: “il bambino è una persona, ha un valore”. Loro spesso non danno valore al bambino, come non danno valore alla donna, che al Nord è meno di niente. A volte le mie infermiere, mi chiedono: “Chi te lo fa fare?” E io rispondo: “E’ il mio Gesù che mi fa fare queste scelte, che mi guida”. Allora capiscono che c’è qualcosa che è superiore al fatto umano.

D. – Il Papa incontrerà anche i bambini orfani e malati, aiutati dalle Missionarie della Carità presso la parrocchia di Santa Rita a Cotonou...

R. – Sicuramente l’attenzione del Santo Padre a questo gruppo di bambini, la sua sollecitudine è una sollecitudine che ha tutta la Chiesa verso questi piccoli, che Gesù ama. Ogni bimbo che nasce ci ricorda che Dio non è ancora stanco dell’uomo.

D. – Se lei potesse chiedere una cosa al Papa che cosa chiederebbe?

R. – Di esortare noi cristiani ad essere più fedeli, essere più testimoni della nostra fede e invitare l’Occidente ad essere più presente nell’aiuto del fratello debole; aiutarlo e non venire ad imporre, non venire a prendergli le materie prime, pagandole dieci, quando hanno il valore di cinquanta.

D. – Come accompagna questo viaggio del Papa?

R. – Io guardo sempre i miei bambini e dico che li porterei sull’altare, forse si divertirebbero là con il Papa. Il mio augurio è che riesca veramente a dare tutto quello che la gente si aspetta. Io lo accompagno con la preghiera.(ap)







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