Mons. Crociata: la conoscenza è il primo passo per affrontare la sfida europea
“La conoscenza è il primo passo per affrontare in modo adeguato la grande sfida europea”.
Per questo, come vescovi “abbiamo bisogno di entrare sempre più nel significato e
nel funzionamento dell’Ue”. E’ quanto ha detto mons. Mariano Crociata, segretario
generale della Conferenza episcopale italiana, inaugurando lunedì scorso il seminario
di studio e aggiornamento per i vescovi italiani incentrato sul tema “Chiesa e confessioni
religiose nel sistema dell’Unione europea”. L’incontro, che si conclude oggi, è promosso
dal Consiglio episcopale permanente. Secondo mons. Crociata, le istituzioni europee
sviluppano “un’azione di organizzazione e di indirizzo” con effetti che “toccano tutti
i livelli della nostra vita istituzionale e sociale”. “Nel dialogo con l'Europa –
ha detto mons. Roland Minnerath, arcivescovo di Dijon – l’orizzonte per la Chiesa
cattolica è l’antropologia cristiana della legge naturale e i principi di diritto
naturale che ne conseguono. Il contributo della Chiesa – ha aggiunto il presule le
cui parole sono state riprese dall'agenzia Sir - si situa a monte delle soluzioni
specifiche, di natura politica o economica, programmate per la costruzione dell’Europa”.
Soffermandosi sul dialogo Chiese-Ue, mons. Minnerath ha osservato che esso “comprende
tutto lo spettro dei temi di etica sociale”. E’ “crescente” la distanza “tra discorso
europeo e antropologia cristiana”, visibile in particolare con riferimento alla “nozione
di vita umana non protetta fin dal suo concepimento” o al tema della famiglia, “circondato
da imprecisione”. Tuttavia, rileva mons. Minnerath, questo dialogo porta anche “frutti
inattesi”, come la risoluzione di condanna degli attentati contro le comunità cristiane
nel Medio Oriente (25 novembre 2010), seguita da “un'altra risoluzione del 20 gennaio
2011 in difesa del diritto dei cristiani perseguitati alla libertà di religione”.
Sono due, secondo mons. Minnerath, le priorità in questo momento: anzitutto “aiutare
la società europea secolarizzata a ricuperare i fondamenti antropologici sui quali
è stata edificata”. Quindi bisogna “far riconoscere la specificità della Chiesa cattolica”,
chiamata ad operare nella società temporale “come un segno della trascendenza dell'ordine
escatologico”. Mentre diventa evidente che il discorso postmoderno non è in grado
di offrire un’alternativa durevole, la Chiesa – ha concluso l’arcivescovo – “rimane
convinta che, come in tempi precedenti, il progetto europeo è capace di risorgere
a partire dalle sue radici cristiane”. (A.L.)