L'Angelus del Papa: l'uomo metta a frutto i doni di Dio attraverso l'amore
Nel Vangelo di oggi, la parabola dei talenti, Gesù ci invita a riflettere sui doni
che abbiamo ricevuto e a come usarli per la crescita del Regno di Dio. E’ quanto ha
sottolineato stamani Benedetto XVI all’Angelus aggiungendo che la Parola di Dio ci
esorta alla sobrietà, alla vigilanza e ad una vita cristiana attiva e diligente. Il
servizio di Amedeo Lomonaco:
Nella celebre
parabola dei talenti - ricorda il Papa - Gesù racconta di tre servi ai quali il padrone,
prima di partire per un lungo viaggio, affida le proprie sostanze. Due di loro fanno
fruttare i beni ricevuti. Il terzo servo, invece, nasconde il denaro in una buca.
Tornato a casa, il padrone si compiace dei primi due servitori e rimane deluso del
terzo:
“Quel servo, infatti, che ha tenuto nascosto il talento senza
valorizzarlo, ha fatto male i suoi conti: si è comportato come se il suo padrone non
dovesse più tornare, come se non ci fosse un giorno in cui gli avrebbe chiesto conto
del suo operato”.
Il talento – aggiunge il Papa - non può essere
disgiunto dalla missione da compiere affidata dal Signore ad ogni persona:
“Con
questa parabola, Gesù vuole insegnare ai discepoli ad usare bene i suoi doni: Dio
chiama ogni uomo alla vita e gli consegna dei talenti, affidandogli nel contempo una
missione da compiere. Sarebbe da stolti pensare che questi doni siano dovuti, così
come rinunciare ad impiegarli sarebbe un venir meno allo scopo della propria esistenza”.
Il
Santo Padre ricorda il commento alla pagina evangelica dei talenti da parte di San
Gregorio Magno:
“Egli scrive: È perciò necessario, fratelli miei,
che poniate ogni cura nella custodia della carità, in ogni azione che dovete compiere”
(Omelie sui Vangeli 9,6). E dopo aver precisato che la vera carità consiste nell’amare
tanto gli amici quanto i nemici, aggiunge: se uno manca di questa virtù, perde ogni
bene che ha, è privato del talento ricevuto e viene buttato fuori, nelle tenebre”.
“La
carità – osserva il Papa - è il bene fondamentale che nessuno può mancare di mettere
a frutto e senza il quale ogni altro dono è vano”. “Solo praticando la carità, anche
noi potremo prendere parte alla gioia del nostro Signore”. La Parola di Dio di questa
domenica – afferma il Santo Padre - “ci ammonisce circa la provvisorietà dell’esistenza
terrena e ci invita a viverla come un pellegrinaggio”, tenendo lo sguardo rivolto
alla meta, “a quel Dio che ci ha creato e, poiché ci ha fatto per sé (cfr S. Agostino,
Conf. 1,1), è il nostro destino ultimo e il senso del nostro vivere”.
“Passaggio
obbligato per giungere a tale realtà definitiva è la morte, seguita dal giudizio finale.
L’apostolo Paolo ricorda che 'il giorno del Signore verrà come un ladro di notte'
(1 Ts 5,2), cioè senza preavviso. La consapevolezza del ritorno glorioso del Signore
Gesù ci sprona a vivere in un atteggiamento di vigilanza, attendendo la sua manifestazione
nella costante memoria della sua prima venuta”.
Dopo la recita
dell'Angelus, salutando i pellegrini di lingua francese, Benedetto XVI ha affidato
alla preghiera dei fedeli il viaggio che da venerdì a domenica prossimi lo porterà
in Benin, in Africa, e anche gli sforzi di chi, in quel Continente, opera per la sicurezza
delle popolazioni, la riconciliazione e la pace. Il Santo Padre ha anche ricordato
che oggi ricorre la Giornata Mondiale del Diabete, malattia cronica che affligge molte
persone. “Prego per tutti questi fratelli e sorelle – ha detto il Papa - e per quanti
condividono ogni giorno la loro fatica”. Il Pontefice ha infine rammentato che oggi
la Chiesa italiana celebra la Giornata del Ringraziamento:
“Guardando
ai frutti della terra che anche quest’anno il Signore ci ha donato, riconosciamo che
il lavoro dell’uomo sarebbe vano se Lui non lo rendesse fecondo. ‘Solo con Dio c’è
futuro nelle nostre campagne’. Mentre rendiamo grazie, impegniamoci a rispettare la
terra, che Dio ci ha affidato”.