Il Papa all'Angelus: “Dio chiama ogni uomo alla vita e gli consegna dei talenti, affidandogli
nel contempo una missione da compiere”
Il Papa all'Angelus si è soffermato sulla celebre parabola dei talenti riportata dall'evangelista
Matteo. Di seguito le parole del Santo Padre:
Cari fratelli e sorelle! La
Parola di Dio di questa domenica – la penultima dell’anno liturgico – ci ammonisce
circa la provvisorietà dell’esistenza terrena e ci invita a viverla come un pellegrinaggio,
tenendo lo sguardo rivolto alla meta, a quel Dio che ci ha creato e, poiché ci ha
fatto per sé (cfr S. Agostino, Conf. 1,1), è il nostro destino ultimo e il senso del
nostro vivere. Passaggio obbligato per giungere a tale realtà definitiva è la morte,
seguita dal giudizio finale. L’apostolo Paolo ricorda che “il giorno del Signore verrà
come un ladro di notte” (1 Ts 5,2), cioè senza preavviso. La consapevolezza del ritorno
glorioso del Signore Gesù ci sprona a vivere in un atteggiamento di vigilanza, attendendo
la sua manifestazione nella costante memoria della sua prima venuta.
Nella
celebre parabola dei talenti – riportata dall’evangelista Matteo (cfr 25,14-30) –
Gesù racconta di tre servi ai quali il padrone, al momento di partire per un lungo
viaggio, affida le proprie sostanze. Due di loro si comportano bene, perché fanno
fruttare del doppio i beni ricevuti. Il terzo, invece, nasconde il denaro ricevuto
in una buca. Tornato a casa, il padrone chiede conto ai servitori di quanto aveva
loro affidato e, mentre si compiace dei primi due, rimane deluso del terzo. Quel servo,
infatti, che ha tenuto nascosto il talento senza valorizzarlo, ha fatto male i suoi
conti: si è comportato come se il suo padrone non dovesse più tornare, come se non
ci fosse un giorno in cui gli avrebbe chiesto conto del suo operato. Con questa parabola,
Gesù vuole insegnare ai discepoli ad usare bene i suoi doni: Dio chiama ogni uomo
alla vita e gli consegna dei talenti, affidandogli nel contempo una missione da compiere.
Sarebbe da stolti pensare che questi doni siano dovuti, così come rinunciare ad impiegarli
sarebbe un venir meno allo scopo della propria esistenza.
Commentando
questa pagina evangelica, san Gregorio Magno nota che a nessuno il Signore fa mancare
il dono della sua carità, dell’amore. Egli scrive: “È perciò necessario, fratelli
miei, che poniate ogni cura nella custodia della carità, in ogni azione che dovete
compiere” (Omelie sui Vangeli 9,6). E dopo aver precisato che la vera carità consiste
nell’amare tanto gli amici quanto i nemici, aggiunge: “se uno manca di questa virtù,
perde ogni bene che ha, è privato del talento ricevuto e viene buttato fuori, nelle
tenebre” (ibidem).
Cari fratelli, accogliamo l’invito alla vigilanza,
a cui più volte ci richiamano le Scritture! Essa è l’atteggiamento di chi sa che il
Signore ritornerà e vorrà vedere in noi i frutti del suo amore. La carità è il bene
fondamentale che nessuno può mancare di mettere a frutto e senza il quale ogni altro
dono è vano (cfr 1 Cor 13,3). Se Gesù ci ha amato al punto da dare la sua vita per
noi (cfr 1 Gv 3,16), come potremmo non amare Dio con tutto noi stessi e amarci di
vero cuore gli uni gli altri? (cfr 1 Gv 4,11) Solo praticando la carità, anche noi
potremo prendere parte alla gioia del nostro Signore. La Vergine Maria ci sia maestra
di operosa e gioiosa vigilanza nel cammino verso l’incontro con Dio.