Al via a Tunisi la plenaria della Conferenza episcopale regionale del Nord dell’Africa
Al via oggi a Tunisi la plenaria della Conferenza episcopale regionale del Nord dell’Africa.
Al centro dei lavori la situazione in questi Paesi in cui soffia la cosiddetta “primavera
araba” e il ruolo della Chiesa. Presente all’incontro l’arcivescovo di Tunisi, mons.
Maroun Lahham, che al microfono di Marie-Leila Coussa si sofferma sulla
situazione nel suo Paese a partire dalla recente vittoria elettorale del partito islamico
moderato Ennahada:
R. - La victoire
de Ennahada… La vittoria di Ennahada era prevista, ma non certo a
questo livello. Loro stessi sono rimasti sorpresi di aver guadagno 91 seggi. Ma essendo
state elezioni trasparenti e democratiche, accettiamo il risultato. Confidiamo nel
programma politico che è stato presentato prima delle elezioni, tuttavia rimaniamo
con gli occhi aperti per vedere se, una volta alla guida del Paese, queste promesse
saranno mantenute. Sono in corso negoziati tra altri due partiti per arrivare ad un
governo di unità nazionale; ora aspettiamo che tra una decina di giorni il nuovo governo
sia costituito. Abbiamo fiducia, ma anche un po’ di apprensione perché è la prima
volta che un partito islamico, anche se moderato, assume le redini del Paese.
D.
- Che conseguenze si potrebbero avere sulla condizione dei cristiani in Tunisia?
R.
- Aucune. La présence des chrétiens en Tunisie n’a rien à voir… Nessuna.
La presenza dei cristiani in Tunisia non ha nulla a che vedere con la rivoluzione:
né prima, né durante, né dopo. Noi siamo una minuscola minoranza religiosa e non rappresentiamo
alcuna minaccia. La rivoluzione in Tunisia è avvenuta su una base sociale, politica,
democratica e di richiesta di libertà. Al contrario, visto che ora c’è un regime democratico,
speriamo di avere un po’ più di margine e maggiori possibilità di movimento: quindi
– in realtà – la situazione è certamente migliorata.
D. - Come la Chiesa
locale si inserisce in questa nuova situazione?
R. - Elle continuera
son travail comme avant. … Continuerà a lavorare come prima, seguendo i
due binari, quello della pastorale e quello del lavoro sociale, educativo, associativo.
In questo i cristiani dimostrano di lavorare nella gratuità e nell’amore di questo
Paese. E visto che la maggior parte dei nostri fedeli sono stranieri e vengono da
Paesi democratici, potranno aiutare a far comprendere in cosa consiste la vita democratica.
Infatti, passare da un regime dittatoriale ad un regime democratico non è come cambiarsi
la camicia. Avremo quindi bisogno di diversi anni per acquisire una certa mentalità
democratica. Penso che in questo cambiamento noi cristiani, soprattutto quanti provengono
da Paesi democratici, potremo dare il nostro contributo.
D. - Quindi
lei è piuttosto ottimista riguardo al futuro della Tunisia?
R. - Je
suis toujours optimiste et pour l’avenir de la Tunisie… Io sono sempre ottimista,
e lo sono anche per il futuro della Tunisia. Non sono un ingenuo, conservo un certa
prudenza; seguo tutto, leggo quello che accade, noto i piccoli dettagli. Ma nell’insieme
sono ottimista. (mg)