2011-11-12 14:44:24

“Incomprensioni, Chiesa Cattolica e media”: la riflessione del cardinale Ravasi


“Incomprensioni, Chiesa Cattolica e media” è stato il tema dell'incontro svoltosi nei giorni scorsi in Vaticano su iniziativa dell'Osservatore Romano, in occasione del suo centocinquantesimo anniversario. Dopo un'introduzione, affidata al direttore del quotidiano della Santa Sede, Giovanni Maria Vian, docenti universitari e giornalisti di diverse testate internazionali, hanno tenuto relazioni dedicate ai temi che nella storia del Pontificato hanno generato problemi di comprensione tra la Chiesa e il mondo della comunicazione. A trarre le conclusioni è stato il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Fabio Colagrande lo ha intervistato:RealAudioMP3

R. – Io ho dovuto trarre le conclusioni di questo incontro, che è stato molto articolato, molto ampio e soprattutto affidato a giornalisti – tra virgolette – laici: a persone cioè che non avevano una funzione di loro natura apologetica, di autodifesa. C’erano rappresentanti di “Le Figaro”, “The Guardian”, e “Die Welt”, giornali spagnoli e la televisione spagnola. Quindi eravamo di fronte ad un ambito, ad un orizzonte molto variegato, ma anche molto attento, che ha fatto delle analisi, alcune volte molto rigorose, anche con tutta una serie di critiche ben puntuali e puntute anche. Io ho voluto anche raccogliere, dando una sorta di pentagramma, le leggi generali da tenere sempre presenti, tenendo conto della grande rivoluzione che è avvenuta nella comunicazione ai nostri giorni, che non è più quella che – per esempio – si aveva al tempo dell’Humanae Vitae o al tempo del Concilio, in cui dominava ancora la cosiddetta stampa. Ora noi abbiamo la virtualità, l’informazione accelerata all’estremo, la televisione e l’immagine. Ho dato alcune indicazioni che potrei riassumere in due volti, in due traiettorie fondamentali. Da una parte, ricordare sempre che è indispensabile che il messaggio cristiano dialoghi col mondo e quindi deve tener conto che può anche andare incontro ad equivoci e deve soprattutto tener conto anche della difficoltà di comprensione tante volte del nostro linguaggio, alcune volte autoreferenziale; ma deve anche essere pronto ormai ad avere i canali di comunicazione ben precisi. Dall’altra parte, deve essere però anche consapevole che questo dialogo non vuol dire scolorire e annullare la dimensione del messaggio cristiano che di sua natura ha una forza anche di scandalo, di provocazione. E’ un movimento, quasi, a due facce su due orizzonti: da un lato ha grande apertura, sensibilità e attenzione; e, dall’altra parte, non deve scolorire il proprio messaggio. Devo dire che anche in conclusione ha voluto evocare che questo problema non è un problema soltanto nostro. Ho fatto riferimento alle Lettere Paoline che sarebbero passibili di una lettura tutta riguardante i problemi critici che Paolo ha dovuto affrontare nella comunicazione del suo messaggio. In tutte le Lettere ci sono veramente delle questioni che sono quasi analoghe, anche se i temi sono diversi, alle difficoltà che noi abbiamo dovuto attraversare. Tutte le volte – come ha fatto Paolo – che si tenta di entrare nell’interno di un mondo in ebollizione, in mutamento – com’era allora il mondo greco, com’è il mondo informatico attualmente – è inesorabile che si debbano avere questi problemi. Fanno parte del movimento, della vita stessa, ma devono essere accuratamente seguiti e vissuti. (mg)







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