Vertice dei Paesi dell’Asia-Pacifico: si discute sul valore del dollaro sullo yuan
Ci sarà soprattutto l’economia al centro del vertice dei Paesi dell’Asia-Pacifico,
che si apre oggi ad Honolulu, nelle Hawaii. In queste ore l’arrivo del presidente
Usa Obama, che avrà colloqui con il suo omologo russo Medvedev e con quello cinese
Hu Jintao. Uno dei temi chiave verte sulle monete e in particolare sulla difesa del
dollaro nei confronti dello yuan. Sulle difficoltà di questo processo Eugenio Bonanata
ha intervistato Nico Perrone, docente di Storia americana all'Università di
Bari:
R. – E’ una
battuta difficilissima, con un fatto nuovo però: gli Stati Uniti si rendono conto
– credo per la prima volta – che è necessario avere un rapporto continuo con una potenza
come la Cina e anche naturalmente con la Russia. Questo credo che sia il vero fatto
nuovo e che Obama coglie: coglie lui ma con un congresso che non è tutto in linea
sulle sue posizioni e quindi la posizione di Obama è molto difficile. E’ la posizione
di un uomo intelligente, che sa capire i mutamenti della storia, ma che deve lavorare
molto politicamente per farlo capire agli altri.
D. – Il Congresso
chiede azioni decise nei confronti della Cina e dello yuan a difesa del dollaro. Un’impresa
difficile…
R. – E’ un’impresa disperata. Si preme su Obama perché realizzi
quello che Obama politicamente non può realizzare, perché la potenza dell’America
non è più assoluta come è stato. Obama ne è consapevole; il congresso in parte ne
è consapevole e in parte no; l’opinione pubblica americana ne è forse ancor meno consapevole…
D. – Che chance ci sono per portare a casa dei risultati che possano
poi essere utili per l’intera economia globale?
R. – Le possibilità
sono soltanto quelle di una negoziazione su posizioni diverse da quelle che gli Stati
Uniti tradizionalmente avevano. C’è, per esempio, la necessità di una seria negoziazione
con l’Europa: gli Stati Uniti – e diciamolo francamente – avevano anche un pochino
cercato di minare l’euro e hanno dovuto prendere atto che l’euro certamente è ugualmente
debole in questo momento. Gli Stati Uniti hanno anche dovuto prendere atto che si
trattava di un’operazione – quella dello smantellamento dell’euro – che non si potevano
permettere, perché non avevano alle spalle un dollaro forte come fu un tempo - e io
insisto sul passato remoto - come fu un tempo perchè adesso non lo è più assolutamente!
Quindi c’è la necessità di un'azione politica in un’operazione faticosissima, che
non è detto che riesca, però…
D. – Altro fronte importante per Obama
sarà l’incontro con la Russia, nel quale si discuterà – tra le altre cose – anche
del programma Start, lo scudo antimissile voluto dal Pentagono in Europa…
R.
– Il potere di una grande potenza come gli Stati Uniti non si difende più con le armi,
come si poteva fare prima; si difende con la diplomazia e quindi tutte le spinte che
ci sono negli Stati Uniti - perché gli Stati Uniti sul piano dell’armamento non cedano
un millimetro – sono spinte che non tengono conto di realtà mutate.
D.
– Siria e Iran rappresentano altri due fronti caldi del confronto col Cremlino, dove
le posizioni con la Casa Bianca sono un po’ differenti…
R. – L’America
non vuol sentire di negoziati su questo terreno, ma Obama lo avverte al di là delle
minacce, che non sono più le truci minacce che si facevano una volta, perché anche
le minacce sono molte attenuate. Obama sembra averla realmente questa consapevolezza.
Anche quella di portare avanti, se non proprio delle trattative, ma una politica non
di attacco in fronti che sono rischiosi, che sono molto pericolosi. E questo non solo
perché non si capisce che reazioni potrebbero avere, ma anche perché la Russia ha
una posizione che non agevola una forte resistenza americana su quei fronti.